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Liberalismo dell'obbligo


Questo articolo è disponibile anche in lingua slovena (qui).

I tempi di crisi sono tempi di contraddizioni. Non fa eccezione il tempo presente, incatenato a un modello antropologico proiettato verso l'inesistente - il «progresso», il futuro - e perciò condannato a fissare sempre più in alto l'asticella delle sue promesse per giustificare la distruzione che semina nell'esistente. La contraddizione più macroscopica, quella logica, è nello scarto ormai osceno tra gli scopi dichiarati e gli esiti conseguenti. Lì si annida l'arsenale apologetico della colpevolizzazione delle vittime, della coazione a ripetere, dello scadimento di parola e pensiero nel bar-bar degli slogan, delle emozioni a comando, degli appelli all'irrazionalismo onirico delle «visioni» e dei «sogni» e di altri numeri già descritti altrove.

Chi viola la logica viola la realtà. Il principio di non contraddizione non si dimostra né si contesta perché il suo postulato è il dato - ciò che è dato, non ciò che è prodotto o interpretato - dell'esperienza di tutti (sensus communis). E chi viola la realtà, violando tutto ciò che è reale, non può che trovare asilo in un'immaginazione malata perché inconsapevole, nella credenza che le cose, come nella cosmogonia biblica, si creino e si avverino perché ripetute dai giornali, dai manifestanti, dagli hashtag, dai pappagalli dell'accademia e delle istituzioni.

Se il risultato è alienato e contraddittorio, non può non esserlo la teoria a monte, quella in cui si celebra la «libertà» dei tempi moderni e venturi già nell'etimo dei suoi miti corollari: il liberalismo politico, il liberismo economico, le liberalizzazioni dei servizi, la libera circolazione di merci, capitali e persone, la libertà dei costumi e del sesso che deve scardinare ogni cosa, anche i vincoli della biologia, l'Occidente libero, la crociata contro un passato corrotto, provinciale e bigotto dai cui pesi bisogna liberarsi. Per realizzare tutto ciò, detta teoria si traduce nella prassi palingenetica e spavalda delle «riforme» i cui frutti ricadono tutti e senza margini di deroga nel novero... delle limitazioni delle libertà, in ogni variante possibile.

La libertà è schiavitù, scriveva George Orwell immaginando la società del futuro. E oggi sembra non esistere problema, piccolo o grande, vero o presunto, che non si possa risolvere introducendo nuove costrizioni e divieti. Non accade mai, neanche per sbaglio, che il sogno libero dei liberal-liberisti si traduca in una maggiore libertà per i cittadini. Nella gragnola di obblighi mai uditi prima che si abbattono o si abbatteranno sulle loro teste non ci sono solo i più clamorosi, come quello di utilizzare strumenti elettronici per pagare e fatturare, di esibire i documenti per usare un social network, di sottoporsi a trattamenti sanitari invasivi per godere dei diritti più basilari, di consegnare i figli ai precettori di Stato, possibilmente fin dalla nascita, di ripetere a pappagallo i dogmi meteorologici e sanitari del momento o, più semplicemente, di «amare». Più sotto si riproduce una selva di adempimenti, limiti, condizioni, procedure, cavilli, comunicazioni obbligatorie, requisiti, balzelli, scadenze che, messi l'uno sull'altro, formano un muro invalicabile per chi non ha le forze, economiche o criminali, per aggirarlo senza conseguenze. In passato mi sono divertito (si fa per dire) a illustrare come la liberalizzazione di un servizio energetico in monopolio naturale abbia comportato non solo l'introduzione di una pletora di obblighi e di vincoli che prima non esistevano, ma addirittura la nascita di un nuovo soggetto legiferante non previsto dalla Costituzione, elevando così a potenza il peso dell'intervento statale. Ma molti altri esempi sono sotto gli occhi e nella vita di tutti, sicché non mi dilungo.

Dopo avere formato i consulenti economici di Augusto Pinochet ed essersi egli stesso rivolto al dittatore per raccomandargli come riformare lo Stato in senso più liberale, Milton Friedman ebbe spesso a deplorare il regime oppressivo del dittatore cileno, pur apprezzandone i provvedimenti. Non ho motivo di credere che l'economista americano non fosse sincero, ma la sua illusione, che libertà e liberismo possano convivere e coltivarsi a vicenda, è la stessa che stiamo rivivendo oggi quando, come allora, non abbiamo altra via per tenere insieme il baraccone di un sistema contronatura che non serve ai bisogni degli uomini, se non quella di rendere gli uomini servi.

***

L'aumento degli obblighi, come l'aumento delle tasse, è una mossa da disperati, di chi non sapendo come cambiare la realtà si illude di incarcerarla nelle proprie fantasie. E a sentire con quanto pathos si promuovono le nuove catene, sempre sotto la scure di piaghe «epocali» e di «emergenze» che incombono, vien da chiedersi come abbia mai fatto la civiltà a resistere e anzi a svilupparsi fino all'altro ieri, immersa com'era in un disordine anarcoide dove le persone - pensate! - potevano scegliere.

L'aumento degli obblighi è anche un aumento della sfiducia, di chi si rinchiude nella gabbia rancorosa della propria eccezione e da lì scruta i suoi simili e si convince, in un crescendo paranoico di paura, che utilizzerebbero ogni briciola di libertà loro concessa per darsi alla superstizione, alla crapula e alla scelleratezza. Se la comunità è degli uomini, chi disprezza gli uomini disprezza la comunità, che infatti si incrina nella morsa delle nuove costrizioni. Le crepe del patto sociale si incrociano, da un lato tra chi non sa governare le conseguenze dei propri fallimenti e chi, disgustato e sfuggente, li deve subire, dall'altro tra i governati stessi addestrati a cercare il «colpevole» tra le proprie fila: lo statale, il vecchio, lo straniero, l'odiatore, l'analfabeta-funzionale, la mamma pancina, l'idraulico mascherato.

Come nelle coppie scoppiate, il coniuge diffidente si illude di riprendere il controllo sorvegliando l'altro fino all'asfissia, nel nostro caso con la collegata idea, insieme disumana e puerile, di trasformare la società in un enorme calcolatore dove tutto è connesso e nulla sfugge a chi amministra il sistema. Dove tutto si può misurare, modificare e sopprimere con la magia sadico-anale di un «click». Ma siccome gli esseri umani non sono macchine, bisogna appunto obbligarli a farsi tali, a riversare nei circuiti elettronici di qualcun altro i loro desideri, segreti, patrimoni, affetti, pensieri, fantasie, dati sanitari e professionali, anche e soprattutto quando non serve o non è raccomandabile farlo, come ad esempio nel caso del voto. Ma non basta avere gettato la rete (in senso ittico) della rete (in senso telematico) sulle menti, ecco allora la pretesa di estenderla all'universalità dei corpi, per ora con la foga altrimenti incomprensibile di spalancarli per legge a un numero arbitrario di iniezioni di Stato, domani con gli impianti biotecnologici di cui si incomincia cautamente a parlare mentre si perfezionano i pretesti: la «comodità», la salute, la sicurezza.

Ma anche questo non basta. Perché un servo incatenato è pur sempre un servo che cova rivolta e la propaganda, anche la più anestetica e raffinata, non può cancellare l'alea di ciò che era ieri il destinatario della scintilla divina, oggi un accrocco inaffidabile di dubbi, remore e sentimenti. La difficoltà di obbligare tutti a tutto chiudendo ogni via di scampo produce allora un'ambizione ancora più delirante, quella di una società che non ha più bisogno di obblighi perché pronta a eseguire gli ordini con la solerzia demente delle macchine. Come? Nell'unico modo possibile: mettendo le macchine al posto degli uomini. L'integrazione - ovviamente forzata - di una «intelligenza artificiale» in ogni settore sta a questa ambizione come la polluzione notturna sta al sogno e chiude degnamente la carnevalata degli «onesti», di una comunità politica che deve solo rispettare sicut ac cadaver le regole, non discuterle né, figuriamoci, interrogarsi su chi ne siano i beneficiari e gli autori.

***

Acclarato che i nuovi obblighi non sono mai utili agli scopi per cui li si introduce (qui spiego come e perché), il fine ultimo di queste manovre non può che essere quello antico e direi anzi archetipale di governare senza consenso, qui declinato in un vero e proprio culto di morte dove ai sudditi perfetti e inanimati - le macchine - spetterebbe il compito di disciplinare i sudditi imperfetti perché dotati di un'anima. Nel frattempo occorre però piatire quel consenso e assicurarsi la collaborazione dei carcerandi nell'alzare i muri delle loro prigioni. In ciò soccorre una lunga serie di artifici retorici, alcuni già accennati, altri più specifici, come ad esempio la menzogna pelosa dell'inevitabilità e inarrestabilità di questi processi e, quindi, della necessità di anticiparli per poterli «governare».

Ma più di tutto penso che agiscano i già citati conflitti sezionali, l'avere messo tutti contro tutti - figli contro padri, dipendenti contro autonomi, autoctoni contro alloctoni, destri contro sinistri, borghesi medio-piccoli contro piccolo-medi borghesi ecc. trasformando in scontro qualsiasi pur minima differenza di condizione o di opinione - per far sì che, bramando ciascuno le catene, la censura o la gogna per i propri nemici, e nell'accecamento di un «fate presto» disposto ad avallare la sospensione delle garanzie giuridiche più elementari, finiscano tutti in catene, senza distinzioni. Che poi non è che l'esito di una lotta già latente e strutturale nelle esortazioni alla competitività, al «merito» e al primato del singolo sul mucchio dove l'altro, quando non è un nemico, è comunque sempre un avversario.

Questo ultimo aspetto porta alla luce un'altra contraddizione ancora più spericolata, quella in cui il pretesto di rendere la comunità più coesa assoggettandola a regole condivise trae invece origine dalla disgregazione della comunità e anzi la alimenta, facendo dell'obbligo e dalla sanzione una ripicca, un'arma che ciascuno si illude di puntare contro i propri fantasmi subendone invece il rinculo. È una contraddizione che si assapora vieppiù considerando le apologie dell'obbligo che serpeggiano tra gli obbligati, dove è diventato costume negare l'arbitrio e il pericolo dei nuovi vincoli in quanto, in fondo, non farebbero che istituzionalizzare una scelta, un'inclinazione o un'opinione che si crede di avere sempre coltivato. Ecco allora quelli che tanto loro (loro) pagavano già il cappuccino con la carta gold, loro (loro) facevano già tutte le vaccinazioni, anche quelle raccomandate, loro (loro) già non credevano nell'omeopatia, loro (loro) già non seguivano gli estremisti (?) censurati dal web o dal costituendo Ministero dell'Amore, loro (loro) usavano già nome e cognome su Facebook, loro (loro) registravano già le fatture sul gestionale della Buffetti. Si assiste così a un prodigio, quello in cui la libertà dei singoli serve a negare la libertà di tutti, con un'inversione logica e morale che fino a ieri era davvero difficile immaginare e in cui invece muore oggi l'idea stessa di comunità, pervertitasi alla miseria di una proiezione narcisistica del proprio sé, al fottersene della singolarità altrui come sistema. In breve, al suo contrario.

Anche in questo paradosso, l'ultimo solo in ordine di tempo, si misura la radice ontologicamente corrotta del processo e il suo fondarsi sulla negazione di una realtà e di una volontà la cui mancata presa d'atto non può che partorire l'illusione prometeica dei disperati, di avere sempre desiderato il proprio giogo. Già molti, troppi, si esercitano a ripetere le parole dell'orazione indirizzandole non più al Cielo ma al fango della dominazione terrena (che è poi la vera inversione, la più radicale): «Concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi».

Perché forse intuiscono che altro non sarà loro concesso.


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Commenti

Giuliano

Grazie.

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ws

Unito ad altre atrettanto "disperate" recenti letture questo ottimo articolo mi ha dato la riposta ad una domanda "storica" che mi ponevo da molto tempo: perché la chiesa sterminò gli albigesi? E perché di converso l'islam fece altrettanto con la setta degli hashashim ?
Le società cristiane ed islamiche pur essendo potenze secolari fondate su religioni "suprematiste" e per questo pur imponendo brutali " conversioni " non avevano alcuna logica di "sterminio"; ma non ci può essere nessuna reale "conversione" da chi segue una "religione di morte" e non c'è alcuna "convivenza" possibile con gli " adepti della dissoluzione".

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extraverbo

Il liberalismo si fonda su un fondamento di contraddizioni: si batte uguali diritti e promuove una disuguaglianza materiale incomparabile; la sua legittimità poggia sul consenso, ma scoraggia gli impegni condivisi a favore dell’autonomia individuale e ha dato origine al sistema economico a regime oligopolistico più ampio della storia umana. Si potrebbe tranquillamente affermare che il liberalismo contemporaneo vuole collocarsi nell’area cosiddetta progressista per quanto attiene a un’astratta concezione dei diritti delle minoranze, mentre abbraccia unilateralmente la micidiale legge dei mercati finanziari, che nell’azione economica è sempre appartenuta alla destra. Insomma un liberalismo che vende un’immagine rassicurante della propria collocazione politica, facendo finta di voler affrontare i problemi che esso stesso provoca e che continua inoltre ad aggravare.
«Autentica fallacia del liberalismo classico sta nell’idea che gli individui hanno un bagaglio innato e originario di diritti, capacità e voleri che sul piano delle istituzioni e delle leggi c’è soltanto bisogno di eliminare gli ostacoli che esse pongono al ‘libero’ gioco delle doti naturali degli individui.» John Dewey
Il mito secondo il quale l’individuo è il centro di ogni ordine sociale e storico, cioè che il vettore di ogni trasformazione sia l’agente individuale è una speculazione ideologica assai debole, che porta a ritenere fuori da ogni logica dimostrabile che la società umana debba essere concepita come la semplice sommatoria degli individui che la compongano. Non c’è necessità di ricorrere a molti esempi verificabili per ritenere concretamente che sono sempre state le forze collettive il motore principale del cambiamento sociale. In effetti come sostiene Dewey, la libertà di escludersi da vincoli sociali condivisi permette unicamente a coloro che sono già dotati di mezzi, intellettuali ed economici, di trarre vantaggio da un’incentivata gara sociale; lascia tuttavia tutti gli altri alla mercé delle condizioni generate dalle libere capacità di quelli posti in condizioni di partenza vantaggiose.
Codesta condizione (liberale) del mondo riprende l’essenzialità di una visione attualmente dominante secondo la quale si legittima l’opposizione tra abilità e difficoltà, tra forza e debolezza, tra virilità e docilità, tra potere e sottomissione. Un modo, come un altro, per giustificare la costante presenza delle discriminazioni sociali, la legittimazione della stabilità di una condizione ricchezza e del suo opposto – la povertà – accomunate alla fatalità esistenziale, così come l’inevitabilità dell’individuo escluso considerata tuttavia come sostanziale demerito.
Si sente parlare spesso quasi esclusivamente di «eccellenze» senza prendere coscienza che esistono individui e condizioni esistenziali modeste, oserei dire di normalità, che andrebbero prioritariamente considerate. La competitività estrema sarà pure affascinante ma contiene quegli aspetti contigui alla patologia i cui effetti non portano alcun beneficio a quella moltitudine di persone – che sono la maggioranza – che non vogliono per loro scelta o che non possono per loro natura condividere i principi sui quali si basa l’economia predatoria.
C’è una metafora che ben inquadra tale fenomeno. Immaginate un recinto dentro il quale devono convivere un leone e una gazzella. Ben presto il leone si mangerà la gazzella. La gazzella è probabilmente un animale meno vorace e meno rapace. Nessuno tuttavia ci potrà dimostrare che la gazzella sia più/meno efficace, raffinata, utile e necessaria del leone vincente.

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gianangelo

Egoismo primario, edonismo elementare, legge del minimo sforzo sono i fondamenti psichici del "totalitarismo". - Fondamenti psichici tanto più operanti nell'uomo-massa, come sempre abbindolato da tecniche di "panem et circenses" ( oggi incrementate di spectacula et informatica). Ci vede anzi il "progresso" che gli "semplifica" la vita!! Non riflette che la tecnologia gli ha invece iper-complicato la vita e fatto di lui un vigilato perenne. Con lo smart-phone e una paghetta di sussistenza potreste comprar l'anima del cosiddetto popolo a tempo indeterminato. Solo la mancanza di pane potrebbe spingerlo a una rivolta non folklorica. Ma siamo ancora lontani da questo orizzonte. Noi, che ci chiamiamo fuori, abbiamo ancora molto da digerire.

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↪ Medico di me stesso

Gentile @gianangelo,
tutto giusto.
Il problema però poi diventa la successiva tristezza che prende noi che "ci siamo tirati fuori". "La libertà" sarebbe stata data a tutti senza eccezioni, ma ritrovarsi da soli a difenderla... è dura, molto dura. Sapere di essere "in società" con gente che non gliene frega nulla di nulla... è durissima.
Quando sento in TV discorsi sulla "paura del fascismo" mi viene quasi da ridere.... altro che fascismo!!! La società è completamente e definitivamente apatica. Si potrebbe instaurare un regime stasera stessa. Non succederebbe niente.
Saluti e auguri

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Uno di passaggio

Ottimo articolo non c'è che dire, purtroppo però per le persone su cui dovrebbe aver riscontro equivale ad un trattato in aramaico antico.
Una persona tendente all'onesta intellettuale è portata a pensare che l'altro, seppur con direzione diversa o opposta, abbia comunque un'opinione proprietaria e compia una scelta consapevole.
Con quest'errore di partenza, provando a discutere soltanto dell'argomento, in certi ambiti si finisce per cadere inesorabilmente nella trappola di alimentare il pensiero dicotomico tanto caro ad alcuni.
Così nei miei saltuari esercizi spirituali per migliorare la pazienza e la pacatezza, che consistono nell'andare a cena con gruppi formati dai cosiddetti progressisti, ho scoperto un alternativo e forse più efficace modo di intavolare la comunicazione.
Questa nuova tecnica consiste nel presentarmi senza nessuna opinione e di limitarmi a far notare che la loro... non è proprio la loro.
E qui va aperta una parentesi.
Il progressista acculturato, quello che addirittura si arrischia a leggere Wired, è convinto che ciò che qui si potrà individuare come becchime sia un insieme di vantaggi nati dal basso, migliorie strutturate da lui e da quelli come lui, sentendosi così persino in opposizione a chi questo becchime in realtà lo distribuisce.
Essi hanno sviluppato una sorta di super potere che permette di essere globalista inveendo contemporaneamente contro la globalizzazione.
Per capire come ciò sia possibile bisogna comprendere l'idea di Regia che essi hanno.
Questa idea è limitata ad un manipolo di mascalzoni che evadono le tasse o al massimo praticano una qualche forma di sfruttamento isolata e potenzialmente estirpabile.
Con queste basi il voler portare avanti un dialogo costruttivo diventa impensabile e quindi alla persona dotata di maggior vista è richiesto un cambio di metodologia.
Da diverso tempo uso inserirmi nei vari discorsi con frasi del tipo: "ma sai che questa idea è stata organizzata da X?" - "a si, si, proprio come consiglia di fare Y..." - utilizzando contemporaneamente un tono, se non positivo, almeno incuriosito.
Attenzione X e Y vanno scelti con cura, molta cura.
Non devono esser pescati ne tra i loro eroi, ne tra i loro antagonisti, ma devono rappresentare quella Regia sconosciuta che credono non esistere.
Lo so, è una faticaccia, almeno all'inizio, ma come detto sopra c'è un duplice scopo; lavorare sulla propria indole non è cosa da poco.
Non bisogna aspettarsi chissà quali svolte intendiamoci, ma affinando il metodo a volte si riescono ad intravedere dei piccoli graffi che, con un po' di fortuna, magari potranno portare ad alcuni a subire una propria e vera grippata in quell'insieme di ingranaggi spacciato per cervello.

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guidino

Ringrazio dell'articolo veramente "elevante". Con l'Alceste siete il meglio che si può sperare di leggere.
Mi è venuto in mente che anche sui pacchetti di sigarette scirvono "il fumo uccide", ma comunque se ne comprano a milioni e le donne sempre di più.
Con quello che scrivete, lei, l'Alceste, Blondet e altri, ci sarebbe da smettere subito il lavoro (o il non lavoro) e darsi alla macchia, tanto è evidente la follia che ci circonda.
O per lo meno c'è da rattristarsi alquanto per la terribile discesa agli inferi cui assistiamo.
Purtuttavia tutti proseguiamo imperterriti a sorbirci la dissoluzione. Anzi più ne siamo consci più soffriamo.
La dissoluzione è qualcosa di fisico o per lo meno visibile; vaccino, droga, festa reiv, ollivud, aifon, feisbuc, disoccupazione, povertà e tanto altro. Per me soprattutto è la non accettazione della salvezza in Cristo. Per questo sentiamo ovunque parlare di salvare qualcosa, salvare la terra, salvare il clima, salvare gli animali. Ora siamo diventati noi quelli che possono salvare; così speriamo di sottintendere che non abbiamo bisogno di salvezza dall'esterno e meno che mai dall'alto. Il giorno del pagamento del conto si avvicina, come ben sentiamo.
Bisognerebbe che voi scrittori e poeti, ci insegnaste una via che non sia solo osservazione dell'abisso di negatività che ci circonda. Siamo già non fumatori, quindi leggere di continuo del pericolo del fumo, ci consola un poco ma nulla di più.
Costituteci una specie di congrega, "i rifiutanti", che sia ben riconoscibile anche da chi non è avvezzo alla dialettica erudita ma soffe comunque e in silenzio, e vi può aderire.
E anche avremmo bisogno di stare in un monastero (digitale, ovviamente, oramai) dove siamo difesi, perchè ii capi della massa bue devono chiedere permesso per entrare.
Sapete che botta, ad esempio, togliere so quante migliaia di conti correnti dalle banche e metterli nel monastero.
Oppure che botta vedere un novizio del monastero che, vessato dagli untori del fisco o del vaccino, che si difende non in proprio ma è difeso dalla congrega.
Sogni.
lo so.

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Lorenzo

Caro Pedante, la seguo da qualche tempo e apprezzo enormemente la prosa e i contenuti.
Solo un Alceste regge il paragone… Il presente articolo non fa eccezione, in una parola: splendido.
Mi permetto solo una precisazione: quando si parla di liberalismo, oggi ormai lo si percepisce nel significato strumentale e stravolto della neolingua che ci hanno imposto. La realtà che Lei descrive appartiene al più distopico socialismo statalista della Storia! Il connubio più perverso ed esteso che stati, banche centrali e big company mai siano riuscite ad architettare e realizzare.
La libertà, anche, se non soprattutto, quella economica, è ben altra cosa,
"come sa chi per lei vita rifiuta".
Ma il discorso economico sarebbe lungo...

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↪ Il Pedante

La ringrazio delle belle parole. Non è il primo a muovermi questa critica di ordine lessicale. È vero, i principi del liberalismo sono altri, ma ritengo che i paradossi storici in cui si è risolta la sua applicazione (il nostro non è l'unico) dovrebbero servire a un ripensamento del suo ambito e dei suoi eccessi, di cui purtroppo ad oggi vedo pochi esempi (lo sforzo più organico a mia conoscenza è quello del sito zerohedge). In quanto all'economia, non dilunghiamoci, francamente non è il problema e penso che non lo sia mai stato.

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↪ Loris

Peccato che coloro che dispongono di larghe basi culturali snobbino il problema economico, la vera chiave della storia umana, guerre, sofferenze, sopraffazioni, furti e furberie. Ciò peraltro ha reso facile il gioco ai Padroni del Discorso, come li definiva Celine.
Comunque zerohedge non è male; mi pare che abbia capito la lezione della Scuola austriaca, da non confondersi col liberalismo classico, altra roba.
Sinistri e keynesiani vari la accusano di turbocapitalismo criminale…
Altri non distinguono il liberalismo dalla finanza…
Ma basta così.

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↪ Erik Babini

Gentile @Il Pedante, ho partecipato con sentimento e ragione al tuo sforzo di individuare la "radice del male" evidenziando i paradossi del "liberalismo", riconducendolo anche al concetto di "narcisismo", tanto discusso da me su goofynomics.
La rivoluzione della borghesia nel 1700 fu creare dall' intimità della famiglia borghese, una sfera pubblica di dibattito letterario, che verteva su scambi epistolari, pubblicazioni di corrispondenze private (nasce il romanzo epistolare). I luoghi di discussione erano i caffè, i salotti, e le monarchie ne furono molto impaurite. Gli scambi emotivi tra esseri umani uguali, divennero quell' "opinione pubblica" all' origine della critica al pubblico potere, che portarono allo Stato di diritto ed al parlamentarismo moderno.
Il paradosso stava nell' illusione che il dibattito raziocinante tra privati potesse farsi interesse generale, seppur fondato su due presupposti: essere proprietario, avere gli strumenti culturali per parteciparvi. L' obiettivo dichiarato non era il dominio, ma la dissoluzione del dominio, che si sarebbe concretizzato in un quadro normativo che garantisse le fondamentali libertà: libera espressione, del diritto di voto (censitario - utile, concederlo al volgo avrebbe comportato favorire la proprietà fondiaria, alla quale i contadini erano subalterni), del diritto di associazione, petizione, del diritto di proprietà. Le leggi immanenti della domanda e dell' offerta avrebbero consentito l' estensione sociale di disporre di propri mezzi di produzione. Dall' ideologia alla realtà: per gestire gli esclusi si sarebbe dovuto ricorrere alla forza, ma si sa, anche i protestanti erano per la tolleranza religiosa, una volta conquistata l' egemonia, ci si regola diversamente.
Le dinamiche economiche ben spiegate da Bagnai nel suo blog, illustrano che le merci prodotte devono pur essere vendute, che quindi salari e produttività debbano crescere proporzionalmente, pena "l' unico keynesismo che le élite tollerano, è quello militare", la guerra per creare domanda, a seguito di crisi di sovraproduzione, o crisi di domanda.
A Gaiani (analisiedifesa) chiesi se solo dopo il dramma di una guerra fosse possibile creare condizione di scambi intimi tra esseri umani, quella tensione di condivisione che resero possibile la nostra Costituente. Mi guardò addolorato, non rispose.
La sfera pubblica borghese, dopo i movimenti degli anni '60 e' 70, individuò il nemico: la coscienza critica borghese nata dal trentennio d' oro dell' economia, italiana ed europea.
Mai nella storia dell' umanità si raggiunse tale benessere diffuso. Non solo perseguì la distruzione del sistema scolastico, la sterilizzazione delle ricerche keynesiane, ma trovò la chiave per assoggettare l' intero corpo sociale: mediante i mezzi di comunicazione di massa, i loro modelli fantasiosi LaScienza, divennero strumento per soddisfare il bisogno narcisistico di superiorità: ho letto l' editoriale di Scalfari, l' ho capito, sono intelligente e sono buono.
Ricreare spazi di socializzazione politica, di critica diventa per noi una questione di vita o di morte. Grazie ai social siamo riusciti in Italia a fare un miracolo. Ogni categoria però si sveglia quando viene toccata dalla crisi economica. Non c' è stata alcuna solidarietà nazionale, tutti si sono mossi solo sulla base dei propri interessi immediati.
Ciò mi rattrista. Spero in una rinascita di partiti popolari di massa, che rendano più agevole la condivisione di esperienze.
Grazie per il tuo lavoro.

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laiutoepitomista

GG *,
piatire l'intendo + nel senso d'obbligare (minacciando ritorsioni legali) che nel più (questa volta per esteso) assonante pietire, convincere grazie ad un'emozione simpatica.
Sbaglio?
Grazie per scrivere ciò che pensiamo (sappiamo) ma non sapremmo mettere in riga. (Lo dicevano anche a Fëdor, mica cazzi)
p.s.
reitero Malaparte (checché se ne pensi, questa l'ha imbroccata [alla grande]):
cos'è uno stato totalitaro?
"E 1 Stato dove tutto ciò che non è proibito, è obbligatorio"
e stavolta l'1 è proprio nel testo (link Malaparte - La pelle_djvu.txt)
*Grande Guida (+ Gahndi che Mao, ma anche Mao, pò [inteso alla veneta bellunese, ma anche nell'alta emiliana e nel pavese {ed in un sacco di altri posti, credo}])

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Alessandro Cimamonte

Lei non immagina quanto vorrei essere in grado di scriverlo io, un articolo così.

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Medico di me stesso

Ciao Pedante,
articolo meraviglioso.
Avresti dovuto fare il consulente del Movimento 5 Stelle al governo, almeno forse avrebbero capito cosa voleva il popolo e si sarebbero evitati la solenne figuraccia!
La "democrazia" ha paura! E finisce per creare un ambiente sociale invivibile per poi distruggere tutto!
Saluti
Doc

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MAURELLO MAURO

DA QUANDO 1 ANNO FA HO ASSISTITO ALLA CONFERENZA DI PRESENTAZIONE DI " IMMUNITA' DI LEGGE" NON MI PERDO UN UN TUO ARTICOLO !!! SEMPRE DETTAGLIATO,CHIARIFICATORE, ESEMPLARE ! GRAZIE!!

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Furio DETTI

Splendido pezzo. Le racconto un episodio, e me ne sono stupito io stesso, pur abituato a prove non esaltanti di scarsità di attenzione e riflessione. Forse qualcosa di buono c'è per il futuro. Discutevamo sulle scelte pratiche e ideali del protagonista di un film in classe (una terza media in Toscana). All'inizio sono emerse due opinioni antitetiche, nettamente: c'era chi denigrava il portagonista e chi lo esaltava. Ho percepito un momento di silenzio, di attesa, i miei allievi stavano per reagire come di solito reagiscono, schierandosi in tifoserie contrapposte (e in modalità-mercato-ittico, lo dico con il massimo affetto possibile...). Invece questa volta, sarà stato per il tema o per altro, sono rimasti esitanti. Ho colto l'attimo e mi sono permesso di dire loro questo: siamo stati abituati dal web e dai social alla rissa e allo schieramento. Badate bene che chi vi parla è assolutamente e personalmente molto radicale nelle scelte e idee. Non mi definiirei un mediatore per natura. Eppure vorrei dirvi solo questo, perché possiate ricordarlo: le discussioni e argomentazioni più belle, cioé quelle da cui si impara di più e che si ricordano per tutta la vita, non sono quelle che hanno lo scopo di vincere una partita, ossia portare l'avversario nel nostro campo o che la vincono. No. Sono quelle che sbudellano un problema così tanto e così in profondità - come l'alce che avete visto nel film - da renderci estremamente chiara la natura del problema stesso, quindi, per conseguenza naturale, rendere estremamente chiare, specifiche, consapevoli volute e forti le nostre scelte riguardo al problema stesso. La discussione perfetta ci chiarisce cosa pensiamo e cosa vogliamo. Indipendentemente dallo scegliere un fronte o l'altro. Ho avuto la sensazione di essere stato ascoltato e in effetti è stata una mattina di gioia. Grazie per il Suo "discutere".

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Gio

Analisi lucidissima e perfetta del periodo che stiamo vivendo. Grazie

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Entropea

Mi permetto di dare un piccolo contributo, caso mai ce ne fosse bisogno, a supporto dell'accenno al dibattito sui microchip, segnalando la presenza dell'argomento fra i temi di riflessione dell'europarlamento:
link

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poggiopogiolini

CHIARIFICANZE, SUBLIMI ...
Da umanista post-moderno sottoscrivo intimamente l'analisi, da pragmatico verrebbe da rilevare l' "invadenza" degli istituti della "struttura/sovrastruttura" che renderebbe eccelso e immortale le significanze.
domani, giuro, smetto e comunque
"Voi guardate in alto, quando tendete verso l'elevazione. E io guardo giù nel profondo, perché sono già esaltato. Chi di voi può insieme ridere ed essere esaltato? Chi sale sugli alti monti, ride sopra tutte le tragedie e tutte le tristizie seriose"
(cit.)

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Paolo Bellavite

Geniale

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Erik Babini

Sono Erik, scrivo dal 2014 su goofynomics.
Al goofy8 ho discusso con Alberto Bagnai di un trattamento sanitario obbligatorio che viola la dignità umana, in barba alla Costituzione italiana (art. 32):
"La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.": i TSO psichiatrici.
Il Pedante l' anno scorso mi suggerì il testo di Peter Gotszche, Psichiatria letale - Negazione organizzata.
Commentando il DSM IV il Gotzsche rileva che il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali descrive la natura dell' essere umano, apponendo il suffisso "disturbo".
p. 21 "Dato che non possiamo dire in modo definitivo che cosa sia un disturbo mentale, potremmo provare sulle persone sane le procedure diagnostiche riconosciute per capire se anche loro ricevano delle diagnosi psichiatriche. Difatti le ricevono... (Gotzsche 2013)... eravamo otto persone normali e di successo che provavano i test per la depressione, l' ADHD e la mania, e nessuno di noi è sopravvissuto a tutti e tre i test... I miei risultati sono stati confermati da altri... dato che tutti i trattanenti sono dannosi, spesso il migliore interesse dei pazienti è non avere una diagnosi, dato che i medici hanno difficoltà a non fornire un trattamento a fronte di una diagnosi".
p. 20 "Il DSM, tuttavia, è un documento che gode di ampio consenso anche se le sue diagnosi sono ascientifiche e arbitrarie. Le vere scienze non decidono dell' esistenza o della natura dei fenomeni di cui si occupano per alzata di mano sulla base dell' interesse personale e della sponsorizzazione da parte dell' industria farmaceutica (Watts 2012)."
Credo, caro Pedante, che questo spazio di pensiero e di dibattito sia prezioso.

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disperato

Caro Pedante sono d'accordo su tutto (come non potrei?), tuttavia nei suoi scritti manca la pars construens, forse perché a Suo giudizio non esiste?
Personalmente ritengo che l'unica possibilità concreta di cambiamento (e quindi di sopravvivenza per noi e i nostri cari) passi dalle urne. E' però necessario rendersi conto che, come si suol dire, il meglio è nemico del bene. Fino a che le persone non voteranno la Lega perché Salvini non è abbastanza istruito, o Fratelli d'Italia perché troppo a destra, o il nuovo partito di Fusaro perché è comunista (e loro no)... nei parlamenti nazionali ed europei avremo sempre le peggio maggioranze possibili, e tutto continuerà per questa strada di declino.
Se invece ci si rende conto che non è così importante chi andrà al governo (intendiamoci un po di importanza c'è l'ha) purché si mandi a casa certa gente, allora potremo incominciare a risalire il burrone in cui siamo precipitati. Almeno questo è il mio parere.
P.S. George Orwell non immaginava la società del futuro, semplicemente (insieme al suo insegnante Aldous Huxley) descriveva il programma politico delle élites (più correttamente oligarchie) a cui apparteneva. Ed è per questo che le soluzioni finali che prospetta sono tutt'altro che inevitabili, sono solo degli obiettivi militari (le guerre si possono combattere, e vincere o perdere, anche senza carri armati).
Saluti.

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↪ ws

Gentile @disperato
il concetto che "votare serve" è fondato purché "il voto" lo si consideri come il "setto poroso" della separazione isotopica: per quanto esso sia poco efficace con un fattore di "arricchimento" piccolissimo , ripetendo il processo N volte si può alla fine raggiungere la " purezza" desiderata ( della classe politica nel nostro caso)
Con due problemi però: il costo ( il tempo nel nostro caso) e l'enorme scarto da smaltire ( una enorme massa di dannosi ed improduttivi politicastri, nel nostro caso) .
Su tutto il processo poi pesa anche l'azione dei veri "padroni del mondo" che nella infima classe politica (che "noi il popolo" si intenderebbe "scartare" ) invece loro poggiano i propri progetti ( e costoro non starebbero certo fermi a guardare "il filtraggio").
Quindi il processo "elettorale" è molto aleatorio, ma daltra parte "non votare" significa solo sottoscrivere tacitamente" l' opera della " cattiva politica".
Quindi come se ne esce? Se ne esce LOTTANDO senza disprezzare ne abbandonare alcun strumento di "lotta".
Tra i quali c'è anche "il voto" appunto, ma senza farsi illusione che questo solo possa bastare.

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↪ disperato

Gentile @ws, non mi sembra che le nostre idee siano in contrapposizione. Io mi limitavo a ribadire l'importanza del voto, che da un lato richiede davvero un minimo sforzo (ed essendo anonimo, per ora e finché non sarà digitale, non espone a rappresaglie) e dall'altro è tutt'altro che inutile (se utilizzato correttamente, cioè votando partiti e programmi che si oppongono all'ordoliberismo imperante).
Poi vi sono altre possibili vie di lotta (sempre senza voler fare i martiri o i kamikaze), ad esempio rifiutando l'agenda digitale, che nel concreto significa non utilizzare la carta di credito, le tessere dei supermercati, non andare nei social network a raccontare i fatti propri..., e cercare di fare in modo che i nostri pensieri siano inaccessibili ai padroni del sistema.
Quindi si può aiutare economicamente, con modeste donazioni (ma tante gocce fanno un mare), chi fa informazione o ricerca libera ed indipendente: penso a Di Bella, a Montanari, a Messora...
In quanto ai "padroni del mondo", io credo che non dobbiamo commettere l'errore di sottovalutarli, ma nemmeno quello più sottile di sopravvalutarli: sono pochi, dannatamente pochi, e seppure dotati di una certa istruzione e intelligenza sono esseri umani, non antropologicamente diversi da noi e non imbattibili.
Saluti.

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↪ disperato

Continuando a ragionare sugli (attuali) "padroni del mondo", bisogna convenire che, lungi dal rappresentare un'umanità superiore, sono intellettualmente difettosi. Infatti, oltre ad essere totalmente privi di empatia umana (a livello patologico), mancano completamente del senso del limite (il che li rende molto pericolosi ma ancor più limitati appunto). Si pensi anche solo a tutto il discorso del transumanesimo, che tanto va di moda dalle parti della Silicon Valley, in cui tra le altre cose, si pensa di trasferire la coscienza in un computer, quando manco sappiamo cosa sia la coscienza. E dove si ritiene di poter divenire immortali.
Ora, si può credere o no a una vita oltre la morte, ma pensare seriamente di poter non morire è da disturbati mentali che hanno perso ogni contatto con la realtà dell'universo. Tutto ciò che ha un inizio muore, le specie, la vita sui pianeti, le stelle, persino i buchi neri (se per evaporazione o esplosione è materia di dibattito, io propendo per la seconda).
Questi pensano di fondersi con un AI (che al momento tra l'altro non esiste e probabilmente non esisterà mai (per fortuna), per limiti pratici, se non teorici, data la complessità della mente umana e il fatto che un transistor non è una sinapsi) per divenire immortali. Significa aver perso il lume della ragione, oltre ad aver scopiazzato male dai libri di filosofia idealista.
Perciò, i "padroni" non vanno sopravvalutati (e neanche sottovalutati, ma non lo fa nessuno), certo hanno realizzato la prima parte del loro programma politico, ma ciò non significa che riusciranno anche nella seconda parte, sia perché sta nascendo una resistenza data la presa di coscienza di una fetta sempre più vasta della popolazione, sia soprattutto perché buona parte del loro programma è semplicemente impossibile in senso tecnico, fisico-matematico.
Io almeno la vedo così, saluti.

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Myollnir

Gentile Pedante,
per quanto riguarda i c.d. "diritti", io la vedo più semplice: la mia idea è che le le sinistre, credo in tutti il mondo, e certamente in Occidente, non siano più in grado di offrire più nulla di concreto alla gente, ed in particolare al loro popolo, essendo ormai (per sempre?) abbracciati al grande capitalismo senza scrupoli: quello finanziario, non quello industriale. Non un lavoro stabile, non stipendi migliori, non tasse meno asfissianti, non automobili che durano dieci anni (una di dieci anni fa non può più entrare nei centri storici), non diplomi di laurea che valgano la carta su cui sono scritti, parlo ovviamente dei corsi non STEM. Ecco perciò che cercano di differenziarsi, di abbindolare con questi diritti, che non costano nulla, almeno apparentemente (i costi economici del matrimonio omosessuale li cominceremo a percepire quando scatteranno le prime reversibilità, quelli morali sono incommensurabili, epperciò non esistono). E i partiti conservatori, in generale, non si oppongono, perché anche loro vogliono sentirsi "moderni", e vogliono essere accettati nei salotti che contano. E' degno di nota che Trump, prima di sbaragliare la Clinton, ha dovuto distruggere i candidati del Partito repubblicano, che non gli è affatto amico. Come Berlusconi non è amico di Salvini, del resto.
Per quanto riguarda il controllo digitale, rimando al magnifico libro di Dave Eggers, "The Circle", che ho letto qualche mese fa e che è veramente angosciante.
Bisogna proprio leggere il libro, perché il film, che ho cercato e visto dopo avere letto il libro, non vale nulla.

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DANILO FABBRONI

CONCORDO ASSOLUTAMENTE! FINE ANALISI!

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Dondiegodelavega

Vorrei poterla leggere anche su twitter .

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↪ Il Pedante

@euromasochismo

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Neuroperplesso3

La dissoluzione infrastrutturale delle norme comportamentali, la riprogrammazione delle coscienze individuali per fornirne una collettiva e degradata.
Una boccata d'aria in questi angusti vicoli della mediocrità, ringrazio.

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