È uscito il libro delle Arie Pedanti!
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Il Ministero dell'Amore


You hate him. Good. Then the time has come for you to take the last step. You must love Big Brother. It is not enough to obey him: you must love him.

— George Orwell, 1984 —

Sta destando scalpore la decisione dei gestori di Facebook e Instagram di cancellare centinaia di account riconducibili ai partiti di Casapound e Forza Nuova. Si tratta, in effetti, di una mossa senza precedenti che ridisegna il ruolo sociale dei colossi di internet, perché non sembra motivata dalle condotte dei singoli utenti ma li colpirebbe collettivamente in forza delle loro idee e della loro affiliazione a formazioni politiche riconosciute dallo Stato.

Mentre fervono i dibattiti (in cui non entro) sulla liceità o almeno sull'opportunità del provvedimento, e più a monte sui pericoli di avere lasciato che il dibattito politico nazionale si concentrasse nei server di pochi monopolisti privati d'oltreoceano, fa riflettere il plauso che incontra in una parte della popolazione e dei rappresentanti delle istituzioni. Questa ovazione alla censura mi sembra un ulteriore segnale d'allarme sullo stato di grave sofferenza in cui versa la nostra idea democratica. Da un lato perché tradisce la credenza - corollario della «credenza in un mondo giusto» di Lerner - che le grandi industrie multinazionali possano e vogliano porre rimedio alla eventuale inerzia degli Stati, con la mano invisibile e taumaturgica del mercato che si estenderebbe dall'economia al diritto, fino alla morale. Dall'altro, perché della democrazia mette in forse l'assunto forse più fondamentale: che la tutela della libertà propria esige che sia tutelata la libertà di tutti, anche dei propri avversari. Se la democrazia è un metodo e non un merito, il problema della censura è la censura, non a chi si rivolge.

In quanto ai motivi dichiarati di questa mattanza virtuale, secondo i gestori del social network quelle espulse sarebbero «organizzazioni che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono». Nello stesso giorno, la stessa accusa di «odiare» investiva i manifestanti radunati in piazza Montecitorio per chiedere di tornare al voto, mentre dall'interno del Palazzo un'esponente della costituenda maggioranza dichiarava «chiusa la stagione dell'odio».

L'ossessività di questa litania con cui si vorrebbe attaccare non già le ragioni di un sentimento, ma il sentimento in sé e quindi l'umanità che lo esprime, e insieme l'esclusività con cui la si indirizza a chi professa un ben identificato pensiero politico, ha fatto sorgere in qualcuno il sospetto che l'odio in questione non sia che il sostituto dialettico di quello stesso pensiero. E che in questa ridenominazione ci sia il tentativo di trasformarlo in un «peccato» per liquidare il confronto democratico e necessariamente polemico di visioni, opinioni e interessi divergenti per sostituirlo con il solipsismo teocratico di un «bene» che non si accontenta di più trionfare senza eccezioni, ma vuole essere amato.

Nel sottoscrivere a due mani questo sospetto, e nel leggervi in più l'ennesima sciagura di avere laicizzato le categorie morali, aggiungo che è invece proprio qui, in questa censura prerazionalizzata dell'odio-pensiero che finisce per incarnarsi l'odio sensu stricto, quello più autentico e cieco perché insubordinabile alla mediazione dialettica. Sul tema ripropongo una mia riflessione già apparsa ne La crisi narrata, con un'appendice letteraria per i più pedanti.

L'odio (dell'odio)

L’hate speech è un’istigazione all’hate crime, quest’ultimo definito dall’OSCE come «un atto criminale commesso sulla base di un pregiudizio» per identificare il quale «non è necessario stabilire se esso sia causato dall'odio, ma va accertato che il crimine sia stato commesso e che il suo movente sia una qualche forma di pregiudizio». Lascio i problemi giuridici sollevati dalla definizione ai più preparati e mi chiedo: se il movente è il pregiudizio e non l’odio, perché il reato è intitolato all'odio? E se nel caso dell’hate speech si pretende di censurare il pregiudizio anche quando non consegue un reato, come si applica la norma? E soprattutto, chi la applica?

Come si è già osservato scrivendo di meritocrazia, quando ai criteri si sostituiscono i giudizi, il diritto si fa strumento di chi ha la facoltà di imporre i propri giudizi: cioè del più forte. Che in questo caso è chi decide quali siano i gruppi meritevoli di tutela e se i giudizi ad essi riferiti siano potenzialmente criminali. La casistica che ne risulta restituisce una fotografia fedele dei particolarissimi obiettivi politici del momento, che però nella retorica dell’odio si fingono fondamenti giuridici e principi senza tempo. Prevedere quali siano i pregiudizi da censurare è quindi facile: sono quelli che confliggono con i giudizi di chi li censura. Seguono esempi:

Così non è hate speech Così sarebbe hate speech
Gli italiani non sono mai stati capaci di una normalità nobile, elevata, produttiva. (fonte) I Rom non sono mai stati capaci di una normalità nobile,elevata, produttiva.
[Anche senza euro] saremmo la merda che siamo sempre stati. (fonte) [Anche senza franco CFA] l'Africa Occidentale sarebbe la merda che è sempre stata.
La necessità di allentare il vincolo che impone che il voto di un ottantenne valga come quello di un ventenne su temi che condizionano soprattutto il futuro di quest'ultimo. (fonte) La necessità di allentare il vincolo che impone che il voto di una donna valga come quello di un uomo su temi che condizionano soprattutto il futuro di quest'ultimo.
Se [gli abitanti di Gorino] non vogliono vivere nello stesso posto dove diamo accoglienza ai profughi, andassero a vivere in Ungheria. (fonte) Se [gli abitanti di Gorino] non vogliono vivere nello stesso posto dove diamo accoglienza ai profughi, andassero a vivere in Israele
La Russia di Putin sempre più simile all’Urss di Brežnev. (fonte) La Germania della Merkel sempre più simile al Terzo Reich.
Gli italiani fanno sempre meno figli, meglio così visto come diventano da grandi. (fonte) I nigeriani fanno sempre meno figli, meglio così visto come diventano da grandi.

In quanto all'odio associato al pregiudizio, è una mera nota di colore mancandole accuratamente una caratterizzazione. Nulla orienta infatti a distinguerlo, a parità di fenomeni, da frustrazione, esasperazione, rabbia, (più o meno giusta) indignazione ecc. se non appunto l’interpretazione dell’osservatore. Sicché menzionarlo serve a procurare un allarme, a produrre nei destinatari una percezione di pericolo. Serve a «fare presto» in deroga alle cautele del diritto e assicurarsi così una serie di comfort dialettici. Perché l’attribuzione dell’odio:

  1. squalifica il presunto odiatore al rango di persona irrazionale, e quindi
  2. rende superflua la comprensione dei suoi moventi (che in ogni caso sarebbero inesistenti, pretestuosi, patologici o dettati dall'ignoranza), e quindi
  3. lo esclude giustificatamente dal diritto di manifestare il proprio pensiero.

La censura nel nome dell’odio è la più facile, massimizza il risultato con il minimo sforzo, giustifica se stessa ed è alla portata di tutti, anche e soprattutto dei più ingenui, perché nel dispensarli dalla faticosa indagine delle cause regala loro l’ebbrezza di lottare contro le tenebre della cattiveria. Così la censura, da soppressione di un diritto qual è, diventa un atto meritorio, una violenza filantropa. Un esito che è per certi versi già tracciato nella formulazione originaria: quel «pregiudizio» escogitato per liquidare d’autorità i giudizi altrui. Con il pregiudizio non si dialoga, gli si può solo fare la guerra. Lo si deve, appunto, odiare. Ecco allora la proprietà più strabiliante della lotta all'odio: quella di produrre, in deroga a sé, un odio ancora più grande e finalmente libero da censure. Nel perseguire i messaggi dei presunti odiatori fa di questi ultimi il bersaglio di un odio sicuro e impunito, li dà in pasto alla ferocia dei giusti.

L’odio per gli odiatori è un liberi-tutti, la promessa di una violenza socialmente utile, un passpartout per distrarre da frustrazione e disagio. E la lotta istituzionale all'odio produce odio, più pericoloso del suo bersaglio perché a) non è indirizzato a categorie collettive e impersonali, ma colpisce singolarmente gli individui e b) si fa forte dell’approvazione dell’autorità. Sbaglierebbe però chi pensasse a una malaugurata eterogenesi dei fini. Che la guerra all’odio non stia producendo società più benevole è sotto gli occhi di tutti e si spiega facilmente osservando che per avere meno odio bisognerebbe prima avere meno cose odiose – in primis diseguaglianze e ingiustizie. Ma siccome nulla di ciò avviene, e anzi avviene il contrario, la selettiva retorica dell’odio è solo un modo per patologizzare il dissenso prendendone di mira le manifestazioni più grottesche e rivolgere lo scontento delle vittime contro altre vittime. Con un vantaggio aggiunto: che nel moltiplicare deliberatamente il livore trasforma le mappe dell’odio – cioè gli indesiderata di chi ha il potere di imporle – in liste di proscrizione da dare in pasto alle masse. Saranno poi quest’ultime a fare il lavoro sporco, a cercare casa per casa gli oppositori/odiatori, a creare quel clima di paura tanto caro ai censori.

E lo faranno non solo volentieri, perché in ciò si glorieranno di lottare per il bene e non per il padrone, ma anche gratis et (appunto) amore Dei.

Un'appendice letteraria per i più pedanti

La metafora del Ministero dell'Amore, dal cui palazzo «terrificante» e senza finestre, in un labirinto di «grovigli di filo spinato, porte d'acciaio e ammassi di mitragliatrici ben occultate» si interrogano e si torturano i detenuti politici di Oceania, è l'ultimo sigillo delle profezie orwelliane. Se il Ministero della Verità, dove il protagonista Winston si dedica a riscrivere le notizie sgradite al Partito, anticipa la moderna lotta di regime alle «fake news», se quello della Pace allude alla ridenominazione delle guerre imperiali in missioni di «peace keeping» e quello dell'Abbondanza fa il verso ai ministeri dello «sviluppo» economico che impongono austerità e recessioni promettendo «riprese» a ogni giro di giostra, il dicastero dell'Amore appare il più enigmatico, a prima vista un mero prolungamento di queste inversioni.

Ma non è così. Odio e amore sono in realtà l'alfa e l'omega del capolavoro di Orwell. Nelle prime pagine del romanzo si descrive il rito quotidiano dei «due minuti d'odio» dove i membri del Partito sfogano il loro rancore contro l'effige del dissidente Emmanuel Goldstein, che da un teleschermo parla loro di pace, «libertà di parola, libertà di stampa, libertà di assemblea, libertà di pensiero». La lezione, ovvia e assai chiara a governanti, giornalisti e cinematografi del mondo reale, è che per preservare un potere odioso dall'odio che suscita in chi ne è oppresso, occorre incanalare quell'odio nell'icona di un avversario che sia più prontamente identificabile di un articolato e generico «sistema».

1984 è un'educazione antisentimentale del protagonista che, grazie a Julia, scopre l'amore erotico e riscopre quello archetipale materno, attingendo a confuse reminiscenze della sua infanzia e a osservazioni furtive della vita famigliare dei «prolet». Perché autentici e prepolitici, quegli amori mettono però a rischio la stabilità di un regime incardinato sul controllo anche mentale dei cittadini. La dissidenza che porterà Winston all'arresto non è politica, ma umana. Come recitava il primo titolo del libro, egli ha la colpa di essere l'«ultimo uomo», di avere cioè coltivato la sua umanità in sfregio allo svuotamento emotivo, intellettuale e morale perseguito dal Partito.

La tessera enigmatica del Ministero dell'Amore si colloca più saldamente nel mosaico della nostra società con il nuovo diffondersi della retorica martellante contro l'«odio», i «discorsi d'odio» e i «crimini d'odio». Quella di Winston - e la nostra - è una rieducazione all'amore del sistema: «tu lo odi [il Grande Fratello], va bene» dice O'Brien prima di sottoporlo all'ultima tortura. «Quindi è giunto il momento di fare l'ultimo passo. Tu devi amare il Grande Fratello. Non è sufficiente che tu gli obbedisca: lo devi amare». Ma quell'amore morto da automi, sicut ac cadaver, non tollera l'amore vivo degli uomini. La Stanza 101 è l'altare su cui si sacrificano non le idee ma gli affetti, l'ultimo baluardo insoggiogabile di umanità a cui il potere non può che sostituirsi per assicurarsi la fedeltà cieca dei sudditi. Winston cede e tradisce Julia implorando di torturarla al suo posto. Julia confesserà in seguito di avere fatto lo stesso con lui.

Una volta libero, nella mente dell'eroe sconfitto balena l'ultimo ricordo di sua madre, il più struggente e lirico di tutto il libro, dove la giovane vedova affronta il freddo e la carestia per regalare un pomeriggio di gioia ai suoi bimbi. A quel flashback l'autore affida il suo testamento spirituale più alto e una rappresentazione nitida, quasi un'immagine sacra, dell'amore irriducibile e incondizionato da opporre agli attacchi demoniaci del potere organizzato. Ma per Winston è solo un attimo. Respinta quell'ultima tentazione, si abbandona all'amore invertito del tiranno e, finalmente sconfitto, sarà raggiunto dalla pallottola di un sicario.

Dall'intensificarsi delle moderne crociate contro l'«odio» sembra che anche la nostra società si stia avvicinando con decisione all'«ultimo passo», quello in cui non ci si potrà più limitare a subire i diktat globali - con il rischio di covare la ribellione - ma bisognerà amarli. Con ciò non scomparirà certo l'odio, anzi: avremo il dovere di odiare, con ogni forza e per almeno due minuti al giorno, chi si sarà rifiutato di amare la propria oppressione.


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Commenti

Persio Flacco

Magistrale debunking di una delle trappole semantiche di maggiore successo del nostro tempo.
Confesso di essere ammirato per l'intelligenza dei creatori di simili inganni mediatici, talmente complessi da richiedere una altrettanto complessa analisi per essere svelati. Tanto che si può considerare illusorio sperare che il disvelamento sia comprensibile alle masse, così da renderlo praticamente inutile nel momento in cui non vi sia un numero sufficiente di intellettuali disposti a comunicarlo e a renderlo comprensibile all'opinione pubblica. La complessità dell'inganno è dunque la migliore per lo stesso.
Se l'autore è d'accordo mi piacerebbe poter pubblicare questo articolo sul sito agoravox.it.

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Francesco

Complimenti! Acuto, perfetto, definitivo.
Nulla da aggiungere.
Grazie

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VERO. Giovanni Smiraglia

Complimenti, c'e' qualcuno che pensa ... ancora!

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Yanez

Domanda: è un altro tassello atto a portare questo paese alla guerra (in)civile e alla sua dissoluzione in staterelli pre-unitari?

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Flavio Ezio

Dunque, chi scrive è uno storico ma silente lettore di questo sito.
Intervengo per illustrare alcune mie considerazioni personali di carattere cursorio e senza pretese di esaustività sull'argomento trattato, ritenendolo di cruciale importanza.
Come spesso accade, la lettura di questo blog rappresenta per il sottoscritto una vera e propria boccata di aria fresca.
Avendo letto con attenzione i commenti in calce al post, segnalo tuttavia alcune criticità nel dibattito suscitato.
Per motivi di semplicità espositiva e a causa della tirannide temporale cui siamo tutti soggetti, mi limiterò ad avanzare le mie personali perplessità su di enunciato che rilevo essere ricorrente quando si discute di social network et similia:
"Facebook è proprietà privata".
Assolutamente. Lo è. Tuttavia, chi si avvale di questo argomento è sovente portatore di una concezione di proprietà privata che non solo è premoderna, ma probabilmente non ha mai avuto luogo nella storia dell'uomo, quantomeno in occidente.
Sin dalle fonti antiche abbiamo testimonianza dei cd. iura in re aliena, come ad esempio le servitù. Tali figure giuridiche erano(e sono) funzionali ad impedire che il dominus di un cespite pregiudicasse ingiustamente altri soggetti attraverso il godimento illimitato del suo dominium. Si introduce così il concetto di limite alla proprietà privata o, rectius, all'utilizzo della stessa.
Tale limite può essere di natura privatistica, come nel caso di scuola del fondo intercluso.
Può essere inoltre, soprattutto nel caso di società avanzate, di natura pubblicistica: il godimento della proprietà deve essere coordinato con il pubblico interesse, nel senso più ampio che tale locuzione può indicare.
Vi sono testimonianze nelle fonti classiche di cives romani optimo iure deprivati della cittadinanza stessa nel caso di grave incuria del proprio dominium. Il Dominium ex iure Quiritium, la proprietà più assoluta mai conosciuta da essere umano occidentale, poteva essere limitata, o financo revocata, qualora le modalità del suo godimento confliggessero con interessi superiori in quanto pubblici, afferenti quindi non al singolo individuo, ma alla comunità nel suo complesso. Tale concezione sincretica del pubblico e del privato informa sin dagli albori la nostra civiltà giuridica, ed è alla base di previsioni moderne e costituzionali come i nostri artt 41 e 42 o disposizioni sostanzialmente equivalenti come il 14 GG tedesco.
Si potrebbe aggiungere, ma vi accenno solamente, come il concetto stesso di proprietà sia andato modificandosi radicalmente negli ultimi anni, come affermano studi autorevoli come quelli di A. Berle o K. Renner in merito alla perdita dell'indipendenza e autosufficienza della proprietà stessa.
Chi si accontenta, dunque, di affermare che "siccome F. è proprietà privata, Zuckerberg può censurare chi più gli aggrada" dimostra un analfabetismo giuridico e sociale imbarazzante, ripudiando con una frase millenni di evoluzione giuridica occidentale, regredendo sostanzialmente alla preistorica legge del più forte, dove in vece della clava e del muscolo si utilizza il ben più ipocrita potere talassocratico della plutocrazie della Silicon Valley. Tale quadro è reso ancora più avvilente dalla considerazione che pochi assertori della concezione suddetta siano effettivamente compartecipi di questi poteri. Chiedo scusa per la pedanteria, d'altra parte ho ritenuto questo il posto giusto ove darvi sfogo.

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↪ Il Pedante

Il Suo contributo impreziosisce e completa l'articolo, Le sono riconoscente per il tempo che ha speso per scrivere e condividere qui queste riflessioni.

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↪ Michele

Gentile @Flavio Ezio,
Ritengo che Lei, come altri in questo sito, confonda gravemente pubblico e privato, così come reale e virtuale. Le sue considerazioni sono certamente valide nel caso si parli di realtà oggettive - terreni, abitazioni, spazi etc - non certo in relazione alla realtà virtuale. Per esempio, se io sono proprietario di una casa che si trova in un'area pubblica non posso certo lasciarla andare a pezzi, in quanto tale incuria sarebbe lesiva dell'interesse pubblico, per ragioni di sicurezza, decoro ecc. (una volta lessi che in Russia la mancata ristrutturazione di un immobile in determinate aree storiche rende legittimo il pignoramento da parte dello Stato, ma lascio a Lei, da giurista professionista o dilettante che sia, l'onere della conferma) Similmente, la proprietà di un bosco non mi consente di appiccarvi il fuoco. O ancora, ma per diverse ragioni, la proprietà di una vacca non mi consente di torturarla. La proprietà non mi consente di fare una serie infinita di cose che ledano i diritti altrui. Ma che scoperta.
Ora, che cosa è Facebook? UN social network che ha creato un mondo virtuale. L'esercizio " dispotico" della proprietà da parte di Z. è davvero lesivo del bene pubblico e dell'interesse collettivo? (Peraltro, non era il proprio il Pedante a contestare la consistenza ontologica del concetto di "bene pubblico"???). La risposta è negativa per almeno 2 ragioni.
La prima è che l'autore censurato riuscirà benissimo a scrivere altrove. Lo spazio reale è un bene pubblico perché si tratta di un qualcosa di finito, limitato e prezioso, mentre lo spazio virtuale per scrivere le proprie opinioni è riproducile all'infinito. Ci sono un milione di bar virtuali in cui andare a declamare le proprie argomentazioni, a costo zero. E vorrei non dover leggere che anche un conto online è uno spazio virtuale e dunque gestibile a piacimento dal proprietario della piattaforma, perché in tal caso si tratterebbe di frode.
Secondo - e questa è un opinione, per carità - è che l'interesse collettivo non consiste nella propagazione dello hate speech. Su questo punto ho già scritto in questo sito e molti lettori si sono già presi la briga di rispondermi. Abbiamo opinioni diverse, e va bene così. Eppure vale la pena di precisare ancora. Il discorso di cui io approvo la censura è quello degradante e lesivo della dignità altrui, oppure quello di formazioni che si richiamano al ducetto e quindi a un'esperienza storica letteralmente censurabile. Non certo il discorso, con buona pace di tutti voi, del "contrarian", colui che scrive, o pensa di scrivere, considerazioni fuori dal coro, non politicamente corrette, contro l'Europa, o l'ecologismo, o il anti-razzismo, o lo scientismo (ormai più della metà degli Italiani o degli Americani coltiva queste idee).

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↪ Michele

Una precisazione. Per diritto "dispotico" intendo esclusivamente il diritto di censurare i contenuti di cui sopra, non certo il diritto di rubare dati, informazioni, soldi ecc. Grazie.

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↪ Richi Mazze

Gentile @Michele, "bene comune". L'articolo era dedicato al bene comune, che è radicalmente opposto a bene pubblico anche se qualcuno rischia di confonderli, o farli confondere, ch'è peggio. Ci metta un po' più di impegno e attenzione, perché se no uno prende per superficiale tutto il suo pensiero. (Anche se alcune distinzioni, tipo quella tra realtà virtuale in cui si può arbitrariamente censurare il pensiero ma non realizzare frodi e realtà reale in cui sono da proibire entrambe, non sembrano molto approfondite)
Cordialmente

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↪ disperato

Gentile @Michele, chi distingue, come Lei, tra mondo virtuale e mondo reale ricorda coloro che distinguono (in buona fede o meno è irrilevante) tra debito pubblico e debito privato per valutare la salute di uno Stato, e parlano solo del primo. Ignorando (o fingendo di ignorare che è lo stesso) che all'occorrenza il debito privato si trasforma in debito pubblico, come è accaduto negli USA con la crisi dei subprime del 2008.
Il mondo virtuale, come lo chiama Lei, finisce con l'avere delle conseguenze enormi sul mondo reale, in particolare i social network come Facebook hanno consentito la vittoria di Trump e l'ascesa di altri sovranisti.
Ed è per questo che si sta muovendo la macchina della censura, hanno incominciato con Casapound ma è ovvio che non si fermeranno lì.
Quanto alla scusa che lo si fa per arginare l'hate speech, le barzellette lasciamole ai media di regime per cortesia.
Saluti.

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↪ Flavio Ezio

Gentile @Michele,
In primo luogo, ringrazio io Lei per la cortese risposta.
Dopodiché, mi duole rilevare come sia Lei, a mio modesto avviso, a confondere le categorie di pubblico e privato, o quantomeno a dimostrare di averne una concezione eccessivamente statica.
Né mi sento di accogliere, sebbene sicuramente pertinente, l'introduzione nel dibattito da parte dell'utente Richi Mazze di un tertium genus rerum evocato dalla nozione di "bene comune", ritenendola categoria di difficile individuazione e dalla dubbia portata dispositiva. Tuttavia, questo discorso è molto complesso e preferisco in questa sede accantonarlo.
Venendo al merito, la proprietà, ad oggi, può essere pubblica o privata. Si tratta di proprietà pubblica quando il dominus della stessa è un ente di diritto pubblico, tipicamente lo Stato o gli Enti Territoriali. Alcuni di questi beni sono soggetti a discipline particolari come i beni demaniali, eventuali o necessari. Per avere contezza del regime giuridico italiano si vedano gli artt. 822 e ss. Cod. civ., oltre ad alcune leggi speciali e al codice della navigazione.
Genericamente, ed in massima sintesi, i beni afferenti a tale categoria sono insuscettibili di apprensione privata se non nei limiti di un provvedimento di diritto pubblico di natura concessiva.
Ovviamente, non è questo il caso di Facebook (che per la verità utilizzavo come sineddoche per social network, ma tant'è).
F. è sicuramente e pacificamente proprietà privata. Tuttavia, la civiltà giuridica e sociale occidentale conosce alcuni istituti in grado di limitare il godimento di alcune categorie di beni in ragione delle loro caratteristiche oggettive.
Prendendo ancora in esame il caso della servitù reale di passaggio gravante sul fondo servente a favore del fondo dominante intercluso, rileviamo quanto segue.
Il proprietario pleno iure del fondo servente deve garantire il passaggio sul proprio dominium del proprietario del fondo dominante in virtù non di un onere di derivazione pattizia, ma in ragione di una caratteristica intrinseca del fondo di cui detiene la proprietà, nel caso in ispecie il fatto oggettivo che la posizione o le caratteristiche del fondo stesso impediscano il raggiungimento della strada al proprietario del fondo dominante.
Questo indipendentemente da chi siano effettivamente i soggetti proprietari: si tratta, infatti, di un onere di natura reale, cioè legato alla cosa, non suscettibile di essere modificato da accordi tra i proprietari che abbiano effetti nella sfera giuridica di terzi, specificatamente eventuali acquirenti futuri della cosa stessa.
Si tratta, quindi, di un limite legato alle caratteristiche della cosa stessa e non relativo ad un uso improprio della stessa.
È del tutto evidente che un coltello può essere utilizzato per tagliare il pane come per accoltellare un passante. Qua siamo, però, in presenza di una struttura radicalmente diversa, riguardando un limite all'utilizzo proprio e legittimo di un bene, limitato purtuttavia dalla considerazione che tale godimento legittimo e atteso della cosa stessa recherebbe ipso facto pregiudizio a terzi, latu sensu alla collettività, impersonata in questo caso da chiunque si trovi a detenere il fondo dominante intercluso.
Limiti "reali" simili si incontrano spesso, in materia di vincoli paesaggistici o urbanistici, non faccio quindi fatica a dubitare dellla veridicità di quanto Lei scriveva sulle usanze russe.
La mentalità retrostante, che sopra definivo in qualche modo sincretica della sfera del pubblico e del privato, la si trova anche in altri settori degli ordinamenti di ispirazione romanistica, soprattutto negli ordinamenti causalisti come il nostro.
A titolo esemplare e come spunto di approfondimento, le segnalo come la previsione ex art 1325 cc. contempli il sindacato sulla causa come requisito essenziale ad substantiam di qualsiasi contratto, causa intesa come "funzione socio-economica tipica" ( E. Betti) dell'accordo negoziale.
Tutto questo causidico sproloquio sta ad indicare come conosciamo modalità limitatorie dell'esercizio del dominium privato, in casi di crasi con interessi di carattere collettivo (definirli pubblici, a mio avviso,rappresenta già un quid pluris), sin dai primi passi della civiltà giuridica occidentale e, quindi, la riproposizione di una proprieta di carattere assoluto e illimitato sia, tecnicamente, un regresso sociale, prima ancora che giuridico.
Ora, mi rendo perfettamente conto come non sia possibile sussumere integralmente la vicenda Facebook entro l'analogia con la servitù prediale, tuttavia ritengo non ozioso interrogarsi se la libertà di Zuckerberg e compagnia debba essere considerata in assoluto illimitabile o se, al contrario, ragioni di interesse collettivo (non necessariamente pubblico) non impongano una riflessione circa la suscettibilità dell'esercizio pieno e legittimo delle prerogative proprietarie di detti soggetti o, rectius, dei beni che presentano caratteristiche siffatte, possa in qualche modo costituire nocumento per la comunità entro cui F. et simila squadernano la loro esistenza.
Personalmente la risposta me la sono già data, ma amo ingenerare interrogativi più che dare risposte, avendo ricevuto formazione sì giuridica, ma anche filosofica, in particolare socratica.
A breve chiosa di questo interminabile commento, confesso di non capire quale differenza ontologica intercorra tra reale e virtuale, quantomeno fintanto che il virtuale possa ingenerare conseguenze nel reale, segnatamente in ordine alla libertà di espressione e di pensiero.
Inoltre, nutro particolare preoccupazione quando qualcuno si arroga il diritto di limitare la libertà altrui sulla base di quanto si presume accada in interiore homine, come nel caso del cd. hate speech, sfuggendomi come possa determinarsi un vaglio sul retropensiero di un individuo indipendentemente dal principio penalistico beccariano della condotta.
Saluti cordiali.

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↪ mythsmith

Gentile @Flavio Ezio,
Direi che questo punto sbaraglia ogni altra considerazione.
Del resto, anche senza una prospettiva storica, basta considerare che:
1. Facebook non può assumere lavoratori in base a qualsiasi criterio (esplicito). Ad esempio, non può assumere solo bianchi o solo neri. Eppure è privata.
2. Se voglio affittare un appartamento, non posso esplicitamente escludere le persone sulla base di alcuni criteri, ad esempio non posso escludere tutti gli elettori della Lega. Eppure l'appartamento è privato.
3. Se ho un negozio, non posso (esplicitamente) rifiutarmi di vendere i miei articoli ad alcune categorie di persone. Ricordate la storia di Starbucks e i barboni?
Probabilmente la lista può allungarsi parecchio. Il problema è che non siamo abituati ad applicare queste categorie ad internet. Vedo molto di buon occhio chi sta cercando di applicarle almeno parzialmente, come YouTubers Union.

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↪ nome di fantasia

Bravo. Tutto giustissimo. Leggerla e' stata una boccata di aria fresca.

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↪ Eicasia

Gentile @Michele, dunque lei nega a un cittadino qualunque come me, (ma non per esempio alla Boldrini o a Saviano) di esprimere la propria visione politica ma non a Zuckerberg? Ma lui non si avvale forse di giganteschi server che producono onde e consumano elettricità, prodotta a spese dell'ambiente, dunque di tutta l'umanità, da esseri umani che per quello vivono e soffrono e hanno diritti (civili non edonistici...)? E di un sacco di gente che lavora per lui ? Non crede di essere un po' classista? Un maiale un po' più uguale degli altri maiali?

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↪ Persio Flacco

Gentile @Flavio Ezio, I suoi interventi sono molto interessanti, chiari, ben argomentati. Dunque utili a prescindere.
Il caso della "censura di FB" però, a mio avviso, pone una questione più politica che giuridica.
FB è una enorme società privata multinazionale che realizza la maggior parte dei suoi profitti con la vendita di spazi pubblicitari. Di conseguenza, tanto più grande è il numero di utenti che accedono alle sue pagine quanto più grande è il profitto che la società ricava. Questo implica che FB non ha alcun interesse a limitare l'accesso alle sue pagine, al contrario: ha interesse a facilitarlo e ad ampliarlo.
Se ormai da qualche anno FB pone dei limiti all'accesso di utenti che immettono determinati contenuti, andando oggettivamente contro i propri interessi, è perché alcune Autorità pubbliche glielo hanno imposto, pena sanzioni.
La questione, dunque, non è la modalità di godimento della proprietà privata ma nei limiti che le Autorità gli impongono. E in questo caso l'oggetto da analizzare è del tutto diverso. Saluti.

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Bombadillo

Carissimi,
segnalo che, mentre qui si svolgeva questa amabile discussione, è nato il nuovo partito di Fusaro, Vox, che è stato immediatamente censurato da FB, senza che -per quanto riferisce lo stesso Fusaro- sia stata fornita una motivazione.
Il motto del partito è idee di sinistra, valori di destra. Colgo la citazione, ma, secondo me, è ambiguo. Che significa idee di sinistra? ... difetta in determinatezza! Io, per autodefinirmi politicamente, senza alcuna pretesa di originalità, e, almeno credo, per esprimere il medesimo concetto, uso l'espressione "sinistra economica (o sinistra del lavoro), destra dei valori", che mi pare più precisa... fortunatamente, tuttavia, non ho mai usato alcun social.
Restiamo in attesa delle motivazioni ufficiali della chiusura, se mai ci saranno.
Tom

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John Connor

Scusate devo fare una aggiunta, visto che siamo tra pedanti.
Secondo me non avete ben compreso lo scopo e la natura dei cosiddetti "social".
Partiamo dal fondo a salire. I "social" sono dei servizi Web che sono sempre esistiti, non contengono nessuna innovazione. Quello che è cambiato e che ha fatto da premessa è stata la "post-PC era", cioè la sostituzione dei PC con tutte le loro complicazioni con dispositivi tattili che non servono a nulla altro che a fungere da "terminale di servizi". Vi faccio un esempio banale: l'unica differenza tra un client e un server, tecnicamente, è che il server ha un IP pubblico statico (eventualmente, un nome di dominio) e usa questo IP statico per esporre verso Internet uno o più servizi. Per esempio, chiunque con un computer qualsiasi può pubblicare una pagina Web su Internet in maniera che digitando "www.mario.it" chiunque nel mondo acceda a questa pagina. Si può fare anche senza IP pubblico statico, però bisogna comunicare a chi vuole vedere la pagina qual'è l'IP dinamico usato in quel momento. Viceversa, con uno scemofono quello che si può fare è collegarsi ad un servizio altrui ed eventualmente metterci dentro testo, immagini, video. Nei termini decisi dall'abbinamento tra chi fornisce il servizio e chi vende lo scemofono.
Poi, i "social" sono "gratuiti" perché chi li gestisce fa soldi catturando le informazioni dei propri utenti e rivendendo queste informazioni sotto forma di "profilo" si a terzi che ne facciano indagini di mercato sia ai propri inserzionisti che utilizzino lo stesso servizio per contattare gli utenti e proporgli dei contenuti "mirati". E' un po' come le gite per gli anziani durante le quali vengono proposte in vendita i set delle pentole ma con l'aggravante ovvia che pochi utenti dei "social" sono consapevoli che il loro comportamento "online" viene registrato e che le cose che gli vengono proposte sono "vendita" di qualcosa o di qualcuno.
Come tutte le cose della contemporaneità, i "social" ci vengono proposti come "fenomeno spontaneo" e come qualcosa di "inevitabile", risultato del disegno divino. Non è affatto cosi. Ripeto quanto detto, i "social" sono un sottoinsieme delle cose che si possono o potevano fare con Internet e con gli strumenti della cosiddetta "informatica". Non solo, sono una trappola che usa l'esca della gratificazione per attirare la gente che ha bisogno di "relazioni", qualsiasi esse siano, per catturare informazioni ed usarle per manipolare, condizionare i comportamenti.
Io non sono nessuno. Non devo ottenere consenso tra le "masse", non sono candidato alle elezioni. Ma allo stato attuale non solo mi aspetto di essere censurato appena esprimo un dissenso o una dissonanza rispetto allo "storytelling" dei funzionari locali e/o allo storytelling delle Elite Apolidi, mi aspetto anche di essere perseguito.
Quello che ci propongono le persone moralmente e intellettualmente superiori non è la "censura", è la lista di proscrizione e l'esecuzione sommaria. Una qualsiasi associazione può usare i fondi raccolti con una sottoscrizione sul genere della "Capitana" e pagare avvocati per portare in tribunale chiunque gli dia fastidio. Se questo chiunque vive di queste azioni e reazioni, per esempio scrive conto terzi e accolla le spese legali ad un editore, che magari copre anche l'eventuale condanna al risarcimento, poco male. Se invece lo "odiatore" che viene preso di mira da "odiare ti costa" è un comune cittadino, un privato senza tutele, anche se non ci sono ragioni e si tratta di una lite temeraria, si tratta di una ovvia sopraffazione. Colpirne uno per educarne cento, come si diceva ai tempi belli.
Se io fossi un utente dei "social" e non lo sono, anzi, sto progressivamente cercando di sottrarmi ad ogni trappola, non mi preoccuperei che i miei contributi siano cancellati o il mio account bloccato. Mi preoccuperei che le cose che pubblico siano prese dalla associazione di cui sopra, messe in mano all'avvocaticchio che ci imposti sopra un esposto, denuncia, querela. Che poi l'avvocaticchio trovi il giudice della stessa parrocchia e che si arrivi a condanna esemplare, cosa estremamente probabile, non è nemmeno necessario.
Leggevo di Hitler. Che è un argomento tipico di chi si sposta su un piano parallelo ma separato. Parliamo invece di Mussolini che ce l'abbiamo avuto in casa. Il Fascismo fu ignorato da tutti fintanto che i Socialisti non cominciarono a minacciare la rivoluzione, occupare le fabbriche, accusare i reduci di essere sicari della Borghesia, eccetera. A quel punto, per reazione, il Fascismo divenne il "minore dei mali", sia per gli Italiani che per la Monarchia che avrebbe potuto facilmente sopprimerlo ma trovò più conveniente usarlo per il lavoro sporco in funzione controrivoluzionaria.
Ora, in questi giorni ci raccontano della "minaccia" e della necessità della mobilitazione. Quale "minaccia"? Dicevo della normale reazione territoriale di qualcuno che si vede degli intrusi in casa. Prima ci impongono una situazione intollerabile, poi se reagiamo in maniera fisiologica diventiamo "minaccia" ed ecco che quelli che hanno causato il problema si propongono come la soluzione. Un po' come gli "antifascisti" che creano il Fascismo, per poi reinventarsi vittime e vendicatori.
La "democrazia" non deve temere l'ascesa di un dittatore, deve temere la decadenza. Lo stato attuale delle cose la decadenza è il risultato di cent'anni di attrito prodotto da gente che, per motivi di gretta convenienza e per tare mentali, si pone come obbiettivo la distruzione dell'esistente, la nostra cancellazione. Cosi come gli studenti semi-analfabeti sono il risultato di cent'anni di scuola "democratica" e di insegnanti selezionati tra quelli che non hanno niente da dire e da dare tranne la militanza "bella ciao".
Leggevo prima un delirio pseudo-ecologista sul tema del "teratoma umano". Cambia il punto di vista ma il meccanismo è sempre lo stesso del discorso dello "odio". Noi siamo merda perché ereditiamo il cosiddetto "Occidente", siamo un "cancro" che deve essere estirpato. Quelli che ci vogliono estirpare non si buttano da un ponte per il bene del pianeta, loro sono gli "eletti". Sono gli altri che devono sparire in qualche modo, avendo come riferimento il solito "buon selvaggio", che, guarda caso, assomiglia tanto al "povero rifugiato".
Non ha senso parlare dei "social" e di "censura".
Oggi come oggi per chiunque dissenta rispetto allo "storytelling", su una delle tante derivate dello Anti-Umanesimo o su tutte, Internet può essere solo strumento di guerriglia.
Per cui, torno a dire, il Di Stefano che vuole fare anti-sistema dentro Matrix è un nonsenso. Di Stefano dovrebbe invece preoccuparsi che se lui ha una pagina Facebook, chiunque vada a leggere i suoi post verrà registrato e diventerà un potenziale bersaglio. Se commenterà, doppiamente registrato e doppiamente bersaglio. Non fa il bene di nessuno, Di Stefano, chiedendo a Facebook di concedergli spazio.

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↪ disperato

Gentile @John Connor, premesso che dubito, dato come scrive, che Lei non sia nessuno, e accettato che i Suoi commenti siano tecnicamente inappuntabili, se un Di Stefano (o chi per lui) vuole far conoscere le sue idee al mondo quale alternativa pratica ha oltre ai social (parlo in concreto, non in teoria)?
Ovvio che è pericoloso, ed è bene invitare alla prudenza, ma poi nella vita qualche rischio bisogna correrlo se si vuole cambiare qualcosa e provare a fermare il declino e la schiavitù prossima ventura, non crede?
Le faccio anche notare che il governo Mussolini non solo non è stato ostacolato dalla Monarchia ma anche sostenuto da Pio XI (invito alla lettura di "La storia dei vincitori e i suoi miti" pag.93 di Pietro Ratto), senza il quale dopo l'omicidio Matteotti sarebbe rovinosamente caduto, come erroneamente pronosticato da Gramsci.
Quanto all'Italia di oggi, vogliono ridurci come la Grecia, che è stata fatta fallire per poi essere comprata a prezzo di saldo dalle multinazionali straniere, e dove i greci ormai ridotti in schiavitù, possono aspirare al massimo a un posto da cameriere, quando va bene (quando va male semplicemente muoiono di fame).
Ci riusciranno? Probabilmente si, ma se non accadrà sarà per merito dei pochi coraggiosi che si sono esposti. A cominciare dal padrone di casa Pedante, che sa benissimo immagino che con questo blog si è esposto ed è attenzionato dai poteri forti.
Saluti.

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↪ John Connor

"... se un Di Stefano (o chi per lui) vuole far conoscere le sue idee al mondo quale alternativa pratica ha oltre ai social (parlo in concreto, non in teoria)? ..."
Vado ad elencare:
1. soluzione fai-da-te.
Di Stefano sottoscrive un abbonamento in fibra ottica. Poi prende un computer, ci installa un webserver minimale, scrive una pagina HTML e la chiama col nome che il webserver usa per rispondere alle richieste, tipo "index.html", poi collega a quella pagina tutte le eventuali altre pagine che vuole scrivere. Infine, comunica al mondo l'IP address pubblico a cui risponde il webserver. Io da casa mia scrivo (ad es.) link (posto che il webserver usi la porta 80) e vedo il siterello di Di Stefano.
2. soluzione fai da te a costo minimo.
Di Stefano sottoscrive un abbonamento presso un servizio di hosting tipo Aruba. Installa un webserver nello spazio di hosting. Tutto il resto è come il punto precedente tranne che Di Stefano può comprare un nome di dominio tipo "distefano.it" e associarlo ad un IP pubblico statico, tramite servizio DNS.
3. soluzione pagando chiavi in mano.
Di Stefano paga una agenzia come la Casaleggio e si fa realizzare il "blog di Di Stefano" analogo al "Blog di Beppe Grillo".
4. soluzione Superuomo.
Di Stefano mette insieme una task force di "camerati scenziati" ma invece di costruire raggi della morte predispone un suo servizio "social" a misura di scemofono usando uno dei software Open Source che esistono allo scopo.
"Quanto all'Italia di oggi, vogliono ridurci come la Grecia, che è stata fatta fallire per poi essere comprata a prezzo di saldo dalle multinazionali straniere, e dove i greci ormai ridotti in schiavitù, possono aspirare al massimo a un posto da cameriere, quando va bene (quando va male semplicemente muoiono di fame)."
Siamo già oltre. L'Italia non è più uno Stato sovrano, non batte moneta e non arma un suo esercito. Progressivamente, spariranno anche gli Italiani come etnia/e, travolti dalla demografia del "meticciato". Se esco di casa già oggi a fatica incontro un italiano. Sotto casa mia c'è un capannello di arabi che suonano le loro nenie con lo scemofono a tutto volume.

Rispondi

John Connor

Caro Pedante, anche io sono pedante.
Ti scrivo da dietro dei nodi Tor e colgo l'occasione per farti presente che, vista la faccenda della "privacy", il tuo sito non usa HTTPS. Se puoi, sarebbe il caso di provvedere.
Una volta avevo un blog col mio nome e cognome, su Blogger, con tutti i fatti miei sopra. Ero ingenuo allora, il mondo era giovane, le montagne erano verdi. Di recente ho pensato di cancellare tutto, per tre ragioni.
1. Google tiene traccia di tutto quello che facciamo.
2. le persone che frequentano Internet sono diverse dalla Prima Era, adesso il mondo è grigio e le montagne anziane. Nella forgia ci sono fredde ceneri, nessuna arpa suona, nessun martello percuote. L'idea che Internet serva a collegare il mio aggeggio al tuo aggeggio per scambiare informazioni è inconcepibile per gente abituata allo scemofono e ai "social". Quelli come noi, che si ostinano a trasmettere con la loro radio ai superstiti, sono sempre meno e non trovano cooperazione.
3. la faccenda dello "odio", vedi sotto.
L'Odio è una balla, una delle tante menzogne progettate a tavolino dal "marketing" delle Elite Apolidi. Facciamo il caso degli immigrati. Una persona normale ha l'istinto del territorio, ce l'hanno anche le formiche. Esiste il concetto di "intruso" apposta, una persona che si introduce nello spazio che tu reclami per te, che consideri "tuo". Il solo fatto di introdursi è un atto ostile e incontra una reazione ostile. Per evitare lo scontro, esistono le "buone maniere", che sono un rituale tramite il quale l'intruso si fa riconoscere e manifesta la sottomissione alla legge del "proprietario". Consiste nel fermarsi sulla soglia, annunciare la propria presenza, identificarsi e chiedere il permesso di passare, un permesso condizionato (es. porgere un dono, deporre le armi). Non si "odia" un intruso in quanto tale, si reagisce automaticamente alla minaccia. La minaccia rimane tale fintanto che esiste. Ergo, un immigrato incontra la reazione territoriale fintanto che si comporta da intruso e quindi viene percepito come un intruso. La sua presenza fisica all'interno del dominio coincide con la minaccia. Più "risorse" acquisisce, terra, beni, donne, più la minaccia è forte, più la reazione territoriale imperativa.
Ora, se una normalissima reazione istintiva viene definita "odio", cosa falsa perché il "nemico" in quanto tale è spersonalizzato, storicamente non è una "persona" ma qualcosa tra la bestia e l'uomo, dipende dal fatto che bisogna giustificare lo scopo per cui ci viene imposta l'immigrazione.
Per quanto scritto sopra, cioè che esiste un confine del proprio territorio e questo confine si può varcare impunemente solo tramite il rituale e questo rituale implica la sottomissione alla legge locale, il contrario consiste proprio in questo, cioè nella cancellazione del confine e della legge. Il vero scopo della manfrina non è "aiutare" per filantropia gli intrusi ma usarli per demolire l'idea del confine e della legge, cioè la possibilità per chiunque di reclamare per sé un certo spazio. Reclamare per sé e per i propri discendenti, quindi il legame tra sangue e terra.
Lo "odio" che viene raccontato come irrazionale sentimento aggressivo o immotivato "giudizio a priori" nei riguardi di un'altra persona in realtà non importa a nessuno, non importa alle Elite Apolidi ne ai loro scagnozzi. Non gli importa se ci ammazziamo a vicenda per una ragione qualsiasi. Quello che gli importa è ridurre il più possibile la reazione territoriale e il concetto a priori che ognuno abbia un territorio per se, cioè una Patria. Lo "odio" è la caratteristica non di chi odia ma di chi ritiene di avere una Patria, di avere degli Avi, di avere una Storia, una lingua, una cultura. Tutte cose che devono essere cancellate.
Tornando al facile discorso dell'Alfa e Omega, Amore e Odio, direi che per quanto sopra va visto in questo modo, cioè che gli "odiatori" in realtà amano la propria terra e la propria "famiglia", intesa come cerchi concentrici di prossimità che alla fine includono un Popolo. Gli "odiatori" sono necessariamente i "sovranisti", perché il "sovranismo", neologismo paradossale e ridicolo perché cerca di dare una connotazione negativa di perversione a un istinto naturale, significa esattamente questo, amare la propria terra e il proprio Popolo.
Quindi, non importa se qualcuno "odia" davvero. Quello che importa è che qualcuno "ama" quando invece deve essere indifferente, scollegato. Come diceva, non a caso, la signora Boldrini quando ci raccontava che gli immigrati sono la "avanguardia del nostro stile di vita". L'intera Umanità deve diventare "migrante", deve abbandonare i concetti sopra citati, deve essere senza terra, Avi, memoria, lingua, cultura. Deve "migrare", nota il "deve", non è una facoltà è un imperativo, un obbligo.
Non so se mi sono spiegato. Da una parte c'è un concetto che cerca di descrivere un "sentimento", cioè l'Odio. Dall'altra non si tratta di "sentimento" ma di cose tangibili, concrete. Cose che sono alla base delle società umane dalla notte dei tempi. Il Mondo Nuovo delle Elite Apolidi punta a scardinare i fondamenti dell'Umanità sia in alto, al livello degli Stati Nazionali, dei Popoli, sia in basso al livello dell'individuo, che non ha più nemmeno i riferimenti del padre e madre, della famiglia. Chiunque abbia una minima reazione a questo progetto è intrinsecamente "odiatore".
Andando sul tecnico.
Quando Di Stefano si lamenta di essere discriminato da Facebook non si rende conto di essere un attimo ridicolo.
Facebook, tralasciando il fatto non secondario di chi l'ha costruito e chi lo gestisce, è uno strumento per il controllo delle masse. Controllo in tre fasi, monitoraggio, profilazione e condizionamento. Che Di Stefano pretenda di andare a fare contro-informazione dentro uno strumento che esiste per controllare le masse è paradossale e ovviamente non funzionerà mai.
Quello che non so è se Di Stefano è consapevole che ci sono delle alternative oppure se, come tutti, si adegua, cioè è condizionato anche lui agli automatismi contemporanei dello scemofono e dei "social".
Come dicevo sopra, Internet serve per collegare ogni singolo nostro aggeggio ad ogni singolo aggeggio in mano a Mario, Luigi, Piero, Francesco, eccetera. Senza intermediari, senza "social" che decidono dal fuori lo spazio-tempo che forma dare al mondo e all'umanità. Quello che dovrebbe fare Di Stefano è fare capire a Mario, Luigi, Piero, Francesco, eccetera che, se vogliono, possono collegarsi tra di loro e scambiarsi informazioni qualsiasi. Magari senza adoperare un aggeggio sigillato, pre-configurato, progettato apposta per monitorare, profilare e condizionare la gente.
Se a qualcuno interessa, ho un mio bloggettino "anonimo" qui:
link
Salute.

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↪ ragionatore che osserva

Gentile @John Connor,
giudico veramente risibile e truffaldina la sua analisi riguardo all'odio verso gli immigrati.
Guardi che la diffidenza verso l'intruso io, nel caso dei migranti, la definisco "odio", sapientemente seminato da forze politiche per ottenere il consenso.
E non mi dica che si tratta di diffidenza generalizzata perché ė fuorviante. Si guardi le migliaia di filmatini presentati sui social in cui si mostrano accadimenti che gettano discredito su tutti i migranti (spesso si tratta anche di fakes) e si legga i commenti relativi.
Ormai sono ridotti sempre agli stessi slogan, generalizzando l'odio verso un'etnia in particolare, che non mi va di riportare in questa sede.
Abbia il coraggio di argomentare sinceramente e con giustizia questi temi altrimenti mi fa sospettare che anche Lei, minimizzando il tutto, in pieno anonimato sia una di quelle persone apparentemente perbene che sui social trova l'opportunità di far esprimere il peggio di sé, umanamente parlando.
Cordiali saluti.

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↪ John Connor


"giudico veramente risibile e truffaldina la sua analisi riguardo all'odio verso gli immigrati."
Stasera piangerò rannicchiato nel mio lettino.
"E non mi dica che si tratta di diffidenza generalizzata perché ė fuorviante. Si guardi le migliaia di filmatini presentati sui social in cui si mostrano accadimenti che gettano discredito su tutti i migranti (spesso si tratta anche di fakes) e si legga i commenti relativi."
I migranti sono invasori. La ragione per cui questi invasori sono in Italia è che la "sinistra", agente delle Elite Apolidi, li vuole usare per demolire lo Stato, secondo questo principio e per sostituire etnicamente gli Italiani col "meticciato".
Tutto scritto nero su bianco e pubblicato da Corriere e Espresso.
Il solo fatto che gli immigrati mi siano imposti con i due scopi che ho illustrato sopra me li rende intollerabili. Ovviamente mi rende intollerabili anche quelli che me li impongono, quindi la "sinistra" e i suoi padroni delle Elite Apolidi. Ah si, anche i preti e il Vaticano. Toccherà combattere un'altra Guerra di Indipendenza e poi aprire un'altra Breccia di Porta Pia.
"... sia una di quelle persone apparentemente perbene che sui social trova l'opportunità di far esprimere il peggio di sé, umanamente parlando"
Ebbè, io sono un rozzo sovranista, te invece sei moralmente e intellettualmente superiore.
Se io fossi il titolare di questo blog cancellerei i tuoi commenti perché ci sono già i sopracitati Corriere e Espresso a fare propaganda, bastano e avanzano.
Saluti agli antenati.

Rispondi

↪ John Connor

Mancano i link:
Di Cesare su Corriere:
"Il diritto di escludere non è legittimo"
link
Scalfari su Espresso:
"C’è l’Africa nel nostro futuro"
link

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uomo_da_nulla

Facebook, Instagram, Twitter ecc. saranno liberi di censurare chi vorranno quando A,B e C saranno liberi di: non assumere un africano; non affittare un immobile ad un sudamericano; non fare entrare nel proprio esercizio commerciale uno zingaro.
La libertà è più complessa di quanto si creda...

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dave

Sempre un piacere e una sfida leggerti.
Rammenterei che, come per il resto tutte le altre novità da lui introdotte e adottate da tutti coloro che l'hanno succeduto, Berlusconi aveva fondato il "Partito dell'amore", basato sulle medesime premesse. E questo accadeva ormai, se non m'inganna la memoria, oltre dieci anni fa. La stessa strategia di divisione applicata con metodo implacabile è figlia di questo meccanismo che, evidentemente, ripaga molto in termini di supporto e di efficacia.
La domanda, tuttavia, sarebbe: come contrastarlo?
Grazie.

Rispondi

Nicola

"Quando ai criteri si sostituiscono i giudizi, il diritto si fa strumento di chi ha la facoltà di imporre i propri giudizi: cioè del più forte".
Questa frase andrebbe tatuata a caratteri cubitali sulla fronte di chi ancora ciancia di fascismo e antifascismo. Grazie, Pedante.

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↪ Myollnir

Gentile @Nicola,
Ci vorrebbe una fronte enorme.

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ws

Si ci aspetta anche questo drammatico sigillo alla bara de l' umanità per come l' abbiamo conosciuta.
"L' apocalisse" è già quì" ; questa consapevolezza è ancora di pochi ma presto sarà di tutti e nei " tempi ultimi" ognuno dovrà scegliere tra l' "amare la propria fine" e il " lottare fino alla fine".

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Nina

Puntuale, come sempre nelle questioni davvero importanti, la preziosa voce del Pedante.

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Vincenzo

Premessa 1: Zuckerberg su Facebook e Instagram può accogliere e far pubblicare chi decide lui. Ho seri dubbi che su L'Unità degli anni '70 avrebbero pubblicato un articolo, ma financo una lettera, di Pino Rauti; o su Il Secolo d'Italia qualcosa di Ingrao.
Premessa 2: Come da Lei sottolineato, il fatto che il dibattito politico si faccia su FB o su Twitter attiene alla responsabilità dei politici italiani, e non solo.
Ciò detto mi sembra che il XX secolo ci abbia insegnato soprattutto una cosa, ossia che spesso la democrazia deve difendersi da se stessa. L'ascesa al potere di Hitler ne è stata la dimostrazione.
Esistono alcuni indizi che possono farci capire quando le cose prendono una brutta piega. La questione dell'odio è una di quelle.
L'odio è un sentimento perfettamente umano, ci mancherebbe. Si può odiare un parente per averci escluso da un'eredità, il vicino di casa perché disturba di continuo, il proprio capo perché ha promosso un collega invece di noi. Sono tutti casi in cui l'odio è indirizzato verso una specifica persona e per specifici motivi, per quanto essi possano pure essere frutto di personali paranoie. Il capo magari ha promosso il collega perché molto diù capace di noi, cosa che siamo incapaci di riconoscere perché ferirebbe il nostro ego.
Ma la cosa è molto diversa quando un gruppo di persone odia altre persone non perché quelle specifiche persone abbiano fatto qualcosa ma in virtù della loro appartenenza a un determinato gruppo razziale, perché praticano una religione, perché di una certa nazionalità o orientamento sessuale. E non vale dire che siccome molti spacciatori di droga sono africani, la nostra paura è giustificata perché non tutti gli africani sono spacciatori di droga.
Ma soprattutto essi finiscono per rappresentare un comodo capro espiatorio. E' infatti molto difficile pensare che il migrante africano che spaccia droga per le strade tenga i contati con i cartelli della droga colombiani per contrabbandare cocaina. A farlo sarà qualche gruppo mafioso nostrano magari ben ammanicato con qualche riverito colletto bianco.
Il pericolo poi diventa sempre più grande quando qualche gruppo politico si mette a cavalcare questi sentimenti. Non dubito, per eseempio, che il polacco medio nutra sentimenti di odio verso tedeschi e russi, troppe ne hanno combinate in Polonia per essersi lasciati dietro dei supporter sfegatati.
La politica in una democrazia non può, anzi non deve avere il compito di fomentare questi legittimi sentimenti, ma anzi quello di cercare di stemperarli nel tempo se non si vuole che, nei corsi e ricorsi storici, i rapporti tra popoli si trasformino in faide mafiose. Questo succedeva nei secoli passati, in cui alcuni paesi si facevano regolarmente guerra con alterne fortune. Ma erano anche tempi in cui i rispettivi eserciti si "davano appuntamento" su una piana e se le davano di santa ragione mentre i villici osservavano lo "spettacolo" dall'alto delle colline circostanti. Oggi abbiamo armi ben più potenti, senza neanche arrivare all'atomica, perché i villici possano permettersi di osservare dall'alto. E spererei che non lo facciamo più per avere imparato qualcosa dalla storia

Rispondi

↪ mythsmith

1) Il comportamento di Facebook è pari a quello dell'editore che, a seguito di uno screzio con un suo opinionista, ne rimuova retroattivamente tutti gli articoli e tutte le tracce da tutte le copie stampate in passato e già in possesso dei lettori finali. Non è tanto la censura a preoccuparmi: alla lunga finirebbe per delegittimare queste piattaforme. Ma è la sua retroattività totale e perfetta a preoccuparmi: come potremo ricordarci e documentare tutti i casi di censura ed insorgere, se le tracce di quanto accaduto verranno completamente occultate?
2) L'ascesa di Hitler ha ben poco a che vedere con la democrazia, e molto di più con la manipolazione delle istituzioni e dell'informazione. Così come la liberazione di Barabba (che pure vinse con plebiscito) non ha (dovrebbe avere) nulla a che vedere con la democrazia come la conosciamo oggi.
link
3) Tornando al suo lungo ragionamento: se ho ben capito quindi odiare una specifica persona è innocuo ma umano se basato su specifici motivi, mentre odiarla sulla base di un reato commesso (immigrazione clandestina), all'appartenenza ad una cultura che perseguita e uccide i miei amici e parenti missionari (islam), al supporto a lobby che promuovono dubbi esperimenti di mutazione sociale sulla pelle dei bambini (lgbt), o sulla base di comportamenti che impoveriscono l'umanità e devastano il pianeta (elites neoliberiste) è riprovevole, ingiustificato e pericoloso - tanto che la democrazia deve difendersi da sè stessa.
Allo stesso tempo, odiare un gruppo di persone perché hanno un'idea è invece perfettamente naturale ed anzi da incoraggiare: bisogna imbavagliarle perché non la esprimano e giubilare pubblicamente quando la ghigliottina della censura (pubblica o privata che sia) si abbatte su quel gruppo.

Rispondi

↪ L'uebete

Gentile @mythsmith,
ricordo, come ha tentato di dire Il Pedante, che l'odio è un sintomo non una causa (o meglio, può essere una causa, ma in quel caso stiamo parlando di patologie).
Compito dello stato infatti non è impedire a qualcuno di fomentare l'odio, ma evitare che si formino le ragioni affinchè qualcuno si senza in diritto di odiare qualcun altro sulla base di un pregiudizio.
Pertanto, nell'esempio dell'africano spacciatore, compito dello stato non è punire o censurare chi lo odia (magari impedendogli persino di spiegare che in realtà non odia l'africano in generale ma quello che delinque al pari di qualsiasi altra etnia), ma impedire all'africano stesso di spacciare dando lui la possibilità di una vita dignitosa, senza che questo lo impedisca ad altri (in un sistema a risorse finite come i vincoli di bilancio questo non è possibile), impedire a chi lo sfrutta di sfruttarlo (magari lo sfruttatore è esso stesso africano e mafioso) e impedire ai colletti bianchi (che pare essere lecito ordiare) di lucrare su questo sistema.
Compito dello stato è rimuovere la causa dell'odio, non l'odio, quello al massimo è compito della religione, ma pare che si debba essere figli di Dio (o eventualmente Santi) per poterlo mettere realmente in pratica.

Rispondi

↪ Vincenzo

Gentile @mythsmith, avevo pensato a una controreplica articolata, ma mi sono reso conto che in fondo avrei ripetuto gli stessi concetti. E ripetere ha poco senso nei confronti di chi, fondamentalmente, cerca capri espiatori.
Ma siccome non voglio gneralizzare e non voglio unirmi a coloro che giudicano prive di senso le argomentazioni altrui, pongo tre domande.
1) Le risulta che qualcuno odi le badanti ucraine? Eppure anche esse sono migranti nel 90 % dei casi almeno inizialmente clandestine o comunque irregolari
2) Le risulta che qualcuno odi i cinesi? Eppure sono anch'essi migranti e pure di tipo speciale. E' noto infatti che essi conoscono la fonte dell'eterna giovinezza e quando arrivano in Italia diventano immortali
3) Conosce quell'organizzazione che, nel nome di Dio ma con metodi spesso molto discutibili, gestisce un potere ramificato e radicato che con la fede ha molto poco a che fare? Le do un indizio, il Cupolone
Qui mi fermo, perché 3 è il numero perfetto

Rispondi

↪ chinacat

Gentile @mythsmith, mi scusi ma Lei scrive:
"L'ascesa di Hitler ha ben poco a che vedere con la democrazia, e molto di più con la manipolazione delle istituzioni e dell'informazione."
Questa è la sua opinione ma la cosa spettacolare è questa: cosa usa come FONTE? Wikipedia. Ci sono migliaia di libri sull'argomento, non da ultimo la spettacolare trilogia del prof. Richard J. Evans, e come fonte utilizza wikipedia? O il suo livello è "da wikipedia" oppure pensa che il "nostro" livello sia "da wikipedia".
Il risultato pratico è che la sua "opinione" è del tutto sbagliata e non perché lo dico io ma perché ci sono fior di studi sull'argomento: da Martin Broszat a Norbert Frei, da Joachim Fest a George Mosse... e qui mi fermo ma l'elenco di autorevoli studiosi che hanno esaminato a fondo il nazionalsocialismo è molto più lungo. Purtroppo non finiscono su wikipedia e quindi per sapere cosa hanno scritto occorre uscire e comperare dei libri, attività quest'ultima decisamente più faticosa che leggere 3 righe di wikipedia.
Usare wikipedia come "fonte" è come usare le opinioni di un neopatentato per descrivere le prestazioni di una macchina da Formula 1. Questo per quanto riguarda l'uso delle fonti.
Poi si entra nel merito di quel che scrive ovvero "L'ascesa di Hitler ha ben poco a che vedere con la democrazia".
In realtà le cose stanno esattamente all'opposto: il punto di partenza di molti storici è stato proprio il fatto che il Nazionalsocialismo va al potere all'interno di una cornice democratica e non fortemente autoritaria. Non solo ma negli Stati dove ci sono forme di governo molto autoritarie (ad esempio, l'Ungheria) i movimenti di tipo "fascista" (le Croci Frecciate ungheresi) NON vanno al potere. Stessa cosa in Romania con la Guardia di Ferro. Allo stesso tempo questi movimenti non prendono piede né in Francia e nemmeno in Inghilterra, altre due "democrazie" che sono profondamente in crisi come la Germania a causa del cataclisma del 1929.
Poi c'è l'Italia, la prima nazione al mondo a costruire un regime totalitario: e questo regime si forma quando viene introdotta una legge elettorale proporzionale e viene grandemente allargato il numero dei votanti (e mi riferisco alle elezioni del 1919). Il Fascismo va quindi al potere non appena si cerca di rendere più "democratica" la forma di governo e la cosa non è affatto casuale.
Per quanto riguarda invece mie "fonti", sarà mia cura provvedere a fornire tutta la bibliografia in merito ma una cosa è certa: wikipedia NON C'E'.
Cordiali saluti,
Chinacat
PS
"In Ungheria, come in Austria, in Romania ed altrove, L'ASSENZA DI UNA DEMOCRAZIA POLITICA si sarebbe rivelata decisiva nel bloccare il successo politico di un grande movimento fascista di matrice popolare."
(Stanley G. Payne, Il Fascismo, pag. 292)

Rispondi

↪ Lo (S)Ignorante

Gentile @chinacat,
Senza indugiare nello sproposito di fonti disponibili, La rimando con grazia e un caro saluto all'articolo seguente: link
P.s. : avendo Lei letto i lavori del professor Evans, immagino si tratti solo di una dimenticanza quella di aver omesso che il professore stesso nella sua opera ha dichiarato, seppur a malincuore, che forse altre cause diverse da quelle appuntato da lui hanno partecipato alla nascita del Nazional-socialismo. Fonte: link
Cordialmente,
Lo (S)Ignorante

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↪ chinacat

Gentile @Lo (S)Ignorante, mi faccia capire il metodo: mi dice di aver letto le opere di Evans e poi al posto di citare libro e pagina dove Evans farebbe certe affermazioni mi manda a wikipedia? Anche Lei? Personalmente dubito che abbia letto Evans, se non altro perché Evans NON lavora in quel modo: mette delle lunghe e dettagliate note, non rimanda a wikipedia. Se lo facesse non sarebbe Evans, non crede?
Poi: " che forse altre cause diverse da quelle appuntato da lui hanno partecipato alla nascita del Nazional-socialismo."
E che c'entra con quel che ho scritto io? Io ho solo fatto notare che scollegare il fenomeno "Nazionalsocialismo" dalla forma di governo in atto è qualcosa che gli storici specializzati in questi studi non fanno; anzi come può notare dalla citazione di S. Payne, è qualcosa che ha attirato la loro attenzione. Poi ognuno fornisce la sua interpretazione ma il collegamento è troppo evidente per essere ignorato.
Infine: che l'equazione "la democrazia ci ha dato il nazismo" è talmente stupida che non va nemmeno presa in considerazione. Il che non vuole che io concordi in toto con l'analisi fatta dal Pedante, dato che l'interpretazione di "Hitler come prodotto delle élite" è stata più volte e dettagliatamente messa in discussione. Non sono le élite ad aver "stampato" dal nulla oltre 13 milioni di voti, anzi lo osteggiavano apertamente quindi qualcosa non torna.
Chinacat

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↪ mythsmith

Gentile @chinacat,
Mi scuso per aver attinto alle fonti di informazione del nemico.
Anche un non addetto ai lavori come me avrebbe dovuto capire che (1) Hitler non avrebbe mai potuto prendere voti se non fosse stato possibile votare, ma soprattutto che (2) forme di governo in cui uno solo comanda su tutti con pieni poteri non si erano mai viste nella storia dell'umanità, prima dell'avvento della democrazia. Democrazia che del resto è un concetto e soprattutto una prassi immutabile e assoluta, dunque la democrazia "come la conosciamo oggi" (cit) è identica alla democrazia che c'era ai tempi di Hitler o ai tempi dei Greci.
Immagino avrà già tentato di modificare quella voce conseguentemente, per informare tutti coloro che utilizzano Wikipedia per ambiti lontani dai propri, di quello che è l'assodato consenso accademico circa quelle elezioni. Ma, come sempre accade, sarà stato censurato del nemico (o forse non ci ha provato, sapendo che sarebbe stato censurato). Dovrebbe riprovarci ora: è sempre più largo il consenso attorno al fatto che la democrazia sia male e porti ai fascismi (e non invece il suo paludamento in un contesto di forte malessere sociale).

Ora corro in cantina a leggere la lista di autori che ha elencato, e mi ripresenterò in pubblico solo tra 25 anni circa. Anzi, di più, perché ripresentarsi in pubblico presupporrebbe l'avere solide basi antropologiche e sociologiche che non potrò essermi fatto, avendo passato il mio tempo a studiare tutte le posizioni possibili circa la storia del nazismo.
Nel ringraziarla sentitamente per la redenzione offertami, porgo cordiali saluti.

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↪ mythsmith

Gentile @Vincenzo,
1) Le risulta che qualcuno odi le badanti ucraine? Eppure anche esse sono migranti nel 90 % dei casi almeno inizialmente clandestine o comunque irregolari.
Le risulta che ricevano la stessa assistenza "all'integrazione" che riceve chi viene traghettato qui dichiarandosi rifugiato, in attesa di certificare che nel 90% dei casi non lo è? Le risulta che contribuiscano al degrado sociale, facendo da badanti?
2) Le risulta che qualcuno odi i cinesi? Eppure sono anch'essi migranti e pure di tipo speciale. E' noto infatti che essi conoscono la fonte dell'eterna giovinezza e quando arrivano in Italia diventano immortali
Si ripete, e la risposta pure.
3) Conosce quell'organizzazione che, nel nome di Dio ma con metodi spesso molto discutibili, gestisce un potere ramificato e radicato che con la fede ha molto poco a che fare? Le do un indizio, il Cupolone
Se toglie nel nome di Dio e ci mette nel nome del progresso, dell'uguaglianza, dei bambini, dei migranti, etc troveremo altrettanti esempi. Se la domanda è se Dio può essere annoverato tra i marker del Pedante, credo la risposta sia Sì, ma dovrebbe darla sua eminenza.

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↪ chinacat

Gentile @mythsmith, non ho capito una parola di quel che ha scritto ma occhio & croce non deve essere molto importante.
Chinacat
PS
Chiedo scusa, sbaglio io. Purtroppo sono convinto che esista una differenza tra "l'enciclopedia" ed il "saggio", tra la voce Napoleone presente sulla Treccani e le opere di Chandler oppure, volendo essere più lirici, tra la voce Neruda della sua amata Wikipedia e la lettura di una poesia di Neruda. Non vorrei sorprenderla ma si da il caso che siano due cose diverse.
Purtroppo vivo nel mondo dei Morlock Von Wikipedia, dove per semplificarvi le cose alla voce Nazismo potrebbero pure risparmiarsi il testo scritto e mettere direttamente la foto di Hitler tanto quando l'acqua è poca, la papera non galleggia.

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↪ mythsmith

Gentile @chinacat,
Dalla Treccani:
"Nel dicembre 1924 H. veniva rilasciato, grazie a un'amnistia, e riprendendo il programma politico, economico e sociale esposto nei cosiddetti "25 punti" del 1920, si volse nel 1925 a ricostituire il partito, facendone lo strumento fedele ed efficace della sua volontà attraverso le organizzazioni militari, i "reparti d'assalto" SA (Sturmabteilungen) e le "squadre di protezione" SS (Schutz-Staffeln): esse furono le forze militarizzate del partito per la battaglia politica interna. La crisi economica e finanziaria e la crescente disoccupazione agevolarono il convogliamento verso il nazionalsocialismo del malcontento di vasti strati della popolazione. Il primo grande successo per il suo movimento H. lo colse nelle elezioni per il Reichstag del settembre 1930, in cui ottenne oltre sei milioni di voti. Scatenò, dopo essersi accordato con i Tedeschi nazionali e i gruppi politici reazionari del Fronte di Harzburg, una battaglia (sino al 1933) per impadronirsi del potere. Dichiarava da un lato di voler rispettare la legalità nelle modifiche costituzionali, dall'altro impegnava il partito in un'azione violenta di squadrismo terroristico. Nel luglio 1932 conseguì la vittoria politica risolutiva alle elezioni per il Reichstag ..."
link
Reparti militari, squadre di protezione, azione violenta di squadrismo terroristico...
Ma no, il popolo ha votato Hitler o Mussolini solo perché c'era il suffragio universale e così gli stupidi poterono votare di pancia perché erano proprio arrabbiati, esattamente come i leghisti oggi.
Per fortuna la Treccani la racconta giusta.
Mi risulta difficile pensare che senza repressione, violenza e terrorismo, nazismo e fascismo avrebbero potuto guadagnare il seguito che ebbero. Ovviamente questi elementi era possibile organizzarli e dispiegarli solo in un contesto non autoritario e democratico, altrimenti da un lato l'autorità vigente li avrebbe soffocati, dall'altro la violenza sarebbe servita solo ad impaurire povera gente senza alcun potere di influire sul governo (il voto).
Oggi mi sembra che la democrazia funzioni in un modo leggermente diverso, proprio grazie a quell'esperienza.

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↪ chinacat

Gentile @mythsmith, siamo al delirio: da Wikipedia alla Treccani. La prossima fonte quale sarà, Il Corriere dei Piccoli? Il Manuale delle Giovani Marmotte? Novella 2000?
E secondo Lei, un fenomeno così complesso e rivoluzionario come l'ascesa dei totalitarismi, lo si riesce a spiegare in 30 righe di Treccani? Forse quando hai 15 anni e c'è il compito in classe. Ma non c'è problema:
"Per fortuna la Treccani la racconta giusta."
Come no! Davvero non arriva a capire che la Treccani le fornisce quelle due o tre nozioni base in modo che al posto di saperne 0 Lei ne sappia 0,1 e si senta felice?
Il Nazionalsocialismo, prenda nota, NON E' UNA RICETTA e quindi mi spiace informarla che non esiste la ricetta giusta.
Mi verrebbe anche voglia di rispondere nel merito facendo notare, ad esempio, che le squadre di picchiatori le avevano anche i comunisti (Rotfrontkämpferbund) e le avevano anche quelli dello Stalhelm (Bund der Frontsoldaten): però... ohibò, la Treccani non riporta nulla. Ma chi lo avrebbe mai detto.
In conclusione: o compera, legge e capisce dei LIBRI* oppure le consiglio di passare all'ippica o al ciclismo o alla botanica. In questi casi la Treccani può risultare utile.
Chinacat
LIBRO: oggetto solido, composto di copertina e pagine, all'interno del quale ci sono scritte delle parole che, una volta lette, forniscono tante preziose informazioni. Sembra che lettura di codesti oggetti risalga a oltre 2.000 anni fa, dato che è stato appurato che non solo c'era qualcuno che li scriveva ma anche (incredibile a dirsi) qualcuno che li leggeva! Grazie a questa simpatica ed utile iniziativa, possiamo leggere, ad esempio, "La guerra del Peloponneso", di Tucidide l'Ateniese oppure qual capolavoro che è "L'anabasi" di Senofonte. Per quelli invece a cui l'acqua scarseggia, c'è sempre la Tre Cani.

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↪ mythsmith

Gentile @chinacat,
Errore mio nel voler parlare con qualcuno che non riesce a cogliere neppure l'ironia.
Saluti.

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Michele

L'articolo è impostato male. Punto primo: chi plaude all'iniziativa dei colossi del web lo fa senza necessariamente perdere di vista la minaccia che questi rappresentano. La metafora del pollo e della mannaia è un'insinuazione non provata e non giustificata. Punto secondo: si plaude alla censura del discorso fascista, e non soltanto del discorso " portatore di 'odio". E questo, per una semplice ragione: il fascismo in Italia c'è già stato, e sabbiamo dove ci ha condotti. Ergo, è opportuno cancellarne, per quanto è possibile, la propagazione del discorso, anche se si tratta di censura. Secondo le parole del filosofo Bernard Williams, si può e si deve essere "intolleranti verso gli intolleranti", sia in base ad una prospettiva etica a-prioristica, sia in base a una prospettiva etica di tipo pragmatico. Chi pensa il contrario (il pedante), dovrebbe dunque battersi per l'eliminazione del reato di apologia di fascismo. Non si tratta forse di una legge liberticida e censoria?

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↪ Il Pedante

Osservo che la legge da Lei citata NON si applica alla libertà di CP ed FN di esistere e di scrivere sui social. Veda archiviazioni e assoluzioni link. Ma Lei ha trovato un giudice vero e l'interpretazione autentica della legge negli uffici di Zuckerberg. Felicitazioni.

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↪ Michele

Gentile @Il Pedante,
La sua replica a mio avviso e' priva di fondamento, perche' Z. e' un soggetto privato e non deve dare un fondamento costituzionale alle proprie decisioni. L'esistenza "in se'" di CS non rappresenta apologia di fascismo, come da sentenza? Poco importa, nella sostanza costoro veicolano un'apologia mascherata, ergo io mi felicito del loro oscuramento. Mi piace il mondo Facebook e il furto di dati personali? No. Ma la mia "guerra" contro tali colossi prendera' altre forme, intanto evitando di aprire un account.
Per usare un linguaggio alla Schmidt: se uno dei miei nemici (Il Grande Fratello) bastona l'altro mio nemico (er fascio), io non devo essere contento? Ancora con la melina secondo cui "non sono d'accordo con quello che dici, ma faro' di tutto perche' tu bla bla...?"

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↪ disperato

Gentile @Michele, se Lei pensa che la censura si fermerà sui cattivoni di Casapound è davvero un illuso.
Incominciano con questi perché sono pochi e disorganizzati e antipatici un po a tutti, ma stia tranquillo, il processo continuerà e si estenderà e presto sarà coinvolto anche Lei, e i suoi familiari e amici, qualunque sia la sua fede politica, religione, visione del mondo.
Inoltre, in un mondo dove la protesta è stata silenziata, sarà facile abolire il contante, quindi mettere tassi negativi sui conti correnti così da rubare i risparmi degli italiani (anche i Suoi cosa crede).
E, sempre in forza dell'assenza di dissenso, sarà facile imporre le vaccinazioni obbligatorie a tutti, grandi e piccini, in quantità assurde e con effetti collaterali disastrosi (non dimentichiamoci che i danni da vaccino sono cumulativi in modo esponenziale).
Ma Lei gioisca perché i cattivoni di Casapound non possono più diffondere le loro idee (che comunque non ascoltava nessuno visti i risultati elettorali).
P.S. Certo che Facebook è un ente privato, ma anche un bar lo è, eppure (e giustamente) il proprietario non può vietare l'ingresso a qualcuno solo perché ha idee diverse dalle sue. Se la magistratura in Italia fosse davvero imparziale dovrebbe imporre a Facebook di riammettere i profili di Casapound pena la chiusura del social network, esattamente come avviene con i bar. Ovviamente non accadrà.
Buona fortuna e saluti a tutti.

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↪ L'uebete

Gentile @Michele,
mi permetto di far notare che Il Pedante non è un giurista, infatti non ha giudicato il fatto sulla base della legge. Se quanto dice è effettivamente lecito il sig. Z. ha operato formalmente nel rispetto della legge.
Quello che fa Il Pedante è mostrne i risvolti fisolofico sociali di un atto come quello che è solo l'esempio pratico della guerra all'Odio.
Questo perchè, se fatto anche contro 'il mio nemico', un giorno, se quel nemico dovesse andare al potere (se non lo è già sotto mentite spoglie), sarà legittimato a farlo anche a lei.

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↪ Michele

Gentile @L'uebete, @Diperato @ilpedante
Buona sera, replico a tutti, ma soprattutto al bruttissimo contributo di tal Nicola, posto in bella vista all'inizio dei commenti.
1) Si pone la differenza tra giudizi e criteri. Ok, qualsiasi autorità pubblica/ giuridica (amministrazione o tribunale) deve (dovrebbe) fondare le proprie decisioni su dei criteri, non su dei giudizi. Tuttavia, Z. non è un'autorità pubblica, dunque se fonda le proprie decisioni su dei giudizi (che certo non sono morali o politici, ma economici: probabilmente censurare l'hate speech paga di più), non ci vedo niente di sconvolgente.
2) Uebete, cosa significa che il pedante non è un giurista? Lui ha citato una sentenza e io ho replicato.
3) Disperato: Il suo paragone bar = Facebook non sta in piedi. Seguendo la sua metafora, non si impedisce al militante di CS di entrare nel bar, bensì di entrare nel bar e sparate cazzate razziste, per esempio su negri e zecche rosse.
4) Conseguenza di 1, 2,3 : se Z oscura le boiate di CS --> A (FATTO) la sua decisione non è incostituzionale (Z. non è a capo non è un'amministrazione pubblica); B (MIA OPINIONE, ) fa bene (almeno secondo chi, come me, "ciancia" di fascismo e antifascismo).
5) Che io e la famiglia saremo il prossimo obiettivo della censura di Z., qualora non mi batta per la libertà di parola/esistenza di CS, è un argomento irricevibile, se non altro perché io Facebook non l'ho mai usato. E qui arriviamo al punto successivo:
6) Mi fate morire, voi e il pedante. Vi stracciate le vesti per la censura di Grande Fratello Zuckerberg ma poi ve ne servite quotidianamente (basta scrollare in questo sito, e si trova il logo Facebook). Forse il pedante, avendo una buonissima cultura filosofica, potrebbe spiegarvi la filosofia di Epicuro e la differenza tra bisogno e desiderio.
7) L'hate speech fascista esiste eccome e si caratterizza tra l'altro nella categorizzazione dell'avversario politico e nell'uso di aggettivi degradanti appartenenti persino al lessico della biologia (p.e. scarafaggi ebrei o zecche rosse).
8) Mi scuso per taluni errori grossolani di scrittura, quali Schmidt (Schmitt) , o a-prioristoco (aprioristico) , nei commenti precedenti.

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↪ Il Pedante

Di che vesti stracciate va favolando, mi scusi? E soprattutto, di che logo Facebook? Allora vale tutto.

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↪ Michele

Chiedo venia, ho confuso T con F.

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↪ vento

Questa ‘melina’ si chiama democrazia, sistema di governo dove i competitori politici si alternano al potere, invece di odiarsi e distruggersi a vicenda.Gentile @Michele,

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↪ Myollnir

Gentile @Michele,
Mi permetto di interloquire su qualcuno dei punti da Lei esposti.
Al punto 1: FB è un privato, che conduce una impresa privata con la quale ed all'interno della quale si comporta come gli pare.
Questo è in realtà discutibile, ed è infatti attualmente discusso in USA, perché utilizza una posizione di quasi-monopolio (ai fini pratici un monopolio condiviso con altri soggetti, Twitter ed Instagram, che si comportano allo stesso modo) come fornitore di servizi che sono diventati pubblici; allo stesso modo ad esempio una scuola o un binario ferroviario possono essere di proprietà privata, ma devono rispettare determinati criteri fissati dallo Stato di qualità, sicurezza eccetera. Sarà probabilmente al corrente che in USA c'è un dibattito sulla necessità di togliere a FB il privilegio dell'irresponsabiltà sui contenuti. A questo non si può replicare che chi non vuole può ritirarsi dalla piattafoma o migrare su una concorrente (io non vi sono mai entrato, proprio come Lei), perché in questo caso la posizione dominante è tutto: che ci vado a fare su una bacheca esposta in Vicolo Stretto?
3) Il paragone del bar è invece calzante, perché è giustamente giustificato, anzi credo che per legge sia proprio obbligato il barista che non fa entrare un ubriaco o si rifiuta di dargli altro vino, ma qui sembra che utenti siano stati rimossi senza nessuna prova che abbiano pubblicato "contenuti d'odio", e cioè proprio per quello che sono, non per quello che hanno fatto.
5) Crede che la censura si limiti a FB? Mi sembra un po' ottimista, e forse anche un po' poco attento alla realtà.
7) (rispondo solo ai numeri dispari, sono fatto così) In realtà FB, Twitter, Youtube ed un po' tutti i media, anche quelli più tradizionali, sono pieni di "discorsi d'odio" dove gli avversari vengono paragonati ad animali immondi: diciamo che alcuni passano e sono accettati, anche quando invitano ad uccidere, ad esempio, il perfido Salvini; altri vengono inesorabilmente espunti. Questo sembra rispondere ad un disegno che probabilmente non è di Zuck, un ragazzotto diventato troppo ricco troppo presto come Cristiano Ronaldo e secondo me privo di una sua identità politica, filosofica o morale; ma di qualcuno che lo controlla, perché presumibilmente è in grado di fargli male (FB è fragile sul piano legale, finanziario, fiscale, perfino informatico).

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↪ disperato

Gentile @Michele, magari Lei dovesse temere solo la censura: si parte da lì ma si vuole arrivare ai soldi (abolizione contante) e soprattutto al totale controllo sui corpi (vaccini obbligatori per tutti, tutta la vita).
Comunque ha ragione, il paragone Facebook e bar è improprio, infatti i bar sono in concorrenza tra loro (mentre facebook si muove in regime di sostanziale monopolio). Inoltre i bar pagano le tasse, mentre Facebook, come tutte le multinazionali, grazie alle leggi che hanno imposto in tutto l'occidente con i loro lobbisti, no.
Se ci salveremo, cosa che a dire il vero ritengo improbabile, sarà merito dei sovranisti tipo Salvini, Meloni...che sono certo Lei disprezza con tutto il cuore sicuro di essere dalla parte giusta della storia.
Saluti.

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↪ Michele

Gentile @disperato,
Veramente, le uniche istituzioni a fare qualcosa contro lo strapotere economico di tali società sono quelle afferenti all'Unione Europea.

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↪ disperato

Gentile @Michele, a parte che si stava parlando di libertà di espressione, senza la quale non vi può essere un libero pensiero né alcuna democrazia (ammesso che la democrazia per un progressista come Lei sia ancora un bene da difendere), ma se parliamo di soldi, e pensiamo alle norme comunitarie, peggio mi sento. L'Unione Europea è quel magnifico posto in cui in Lussemburgo, per esempio, una multinazionale può, a norma di legge, spostare la sua sede legale (ma continuando a produrre qui da noi) e pagare il 4% di tasse anziché il 43% come fanno i piccoli imprenditori o i liberi professionisti che restano in Italia (non potendosi permettere i costi di una sede all'estero).
Se a questo aggiungiamo la creazione dell'euro (che abbassa i salari), l'abbattimento dei dazi (che trasferisce posti di lavoro in Cina e affini), le politiche immigrazioniste (che ancora abbassano i salari), direi che si possa affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che nessuna istituzione ha fatto tanto a favore delle multinazionali (e contro il popolo italiano) come l'Unione Europea.
Saluti.

Rispondi

↪ Christian

Gentile @disperato, Mi intrometto umilmente e rapidamente solo per aggiungere un altro esempio, se non le secca ancor più fulgido, dell'intrinseca antidemocraticità e inclinazione elitarista della suddetta UE, nel momento in cui incoraggia, avalla, spinge, e lo fa in un sostanziale e allucinante segreto, devastanti accordi commerciali spregiudicatamente e scandalosamente favorevoli agli interessi delle multinazionali e contrari al benessere diffuso e alla stessa concorrenza. E mi riferisco ad esempio al TTIP, sacrificato sull'altare del far passare, nel silenzio dei "successi" contro lo stesso TTIP, il sostanzialmente identico CETA.
Grazie per l'attenzione, intrusione terminata.

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