È uscito il libro delle Arie Pedanti!
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O-ne-stà!


C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d'antico: che i cittadini chiedono ai governanti di essere onesti, di rispettare le leggi delle comunità che amministrano, di non favorire gli amici, di esercitare il potere nell'interesse generale e non nel proprio. Lo chiedono a gran voce, qualcuno ne ha fatto addirittura un programma politico da scandire come un urlo dionisiaco nelle fiaccolate o dopo i funerali.

Dal canto loro gli interessati, cioè i governanti, rispondono con simmetrico slancio e chiedono ai cittadini di pagare le tasse, di non abusare delle risorse pubbliche e di non vanificare le leggi con sotterfugi e reati. Ne nasce un fuoco incrociato e indistinto tra pulpiti, da cui un'interpretazione politica trasversale: che il declino economico e civile non possa essere arrestato se non con un profondo rinnovamento etico di tutti, che la questione morale preceda ogni altra e che, se non si rispettano le leggi, non abbia senso fare le leggi. Come non averci pensato prima?

E infatti ci si pensa da sempre. Ne discutevano duemilacinquecento anni fa Socrate e Trasimaco nella Repubblica di Platone ("La giustizia e il giusto sono in realtà un bene altrui, cioè l'interesse di chi è più forte e comanda, e un male proprio di chi obbedisce e serve"), se ne lamentavano i latini nostalgici del mos maiorum, la morale dei padri, per i quali la lenta rovina dell'Impero era un portato della corruzione ellenica e orientale. Non aveva dubbi Dante, che nel sesto canto dell'Inferno attribuiva le guerre intestine di Firenze alla "superbia, invidia e avarizia" dei suoi concittadini. E dopo di loro molti, moltissimi altri, con l'unica e notevole eccezione di Machiavelli.

Se gli effetti di questi e altri appelli sul corso degli eventi furono dubbi - per non dire nulli, come è proprio del genere appellista - va in compenso osservata, in tempi più recenti, la coincidenza storica tra l'istituzionalizzazione della moralità in politica e l'affermarsi dei regimi fondati sul terrore. Lo sapeva bene Maximilien de Robespierre, detto appunto l'Incorruttibile:

Si le ressort du gouvernement populaire dans la paix est la vertu, le ressort du gouvernement populaire en révolution est à la fois la vertu et la terreur: la vertu, sans laquelle la terreur est funeste; la terreur, sans laquelle la vertu est impuissante. La terreur n’est autre chose que la justice prompte, sévère, inflexible; elle est donc une émanation de la vertu.

L'ossessione della dirittura etica da imporre con la forza ce la avevano anche i Khmer rossi e i nazifascisti che mandavano al rogo l'entartete Kunst. Ce la avevano i talebani e i puritani statunitensi che applaudivano la dittatura del Patriot Act e le guerre sante di Bush. E ce l'hanno anche i nostri moderati, ai quali fu sufficiente il balenio di qualche mazzetta in prima pagina per ripudiare il modello socialdemocratico della Prima Repubblica e consegnarsi alla tirannide dei mercati.

Che il desiderio di purezza morale sia proprio dei fanatici e dei totalitari è una lezione che la storia non si stanca mai di ripeterci - e che noi non ci stanchiamo mai di ignorare, con esiti che il progresso tecnologico renderà sempre più foschi. In 1984 Orwell immaginava che ai cittadini della distopica Oceania fosse imposta l'onestà non solo negli atti, ma anche nei pensieri. L'invenzione letteraria dello psicoreato, perseguito da un'apposita psicopolizia, prelude a un delirio di omologazione alla legge che oggi, con la diffusione delle comunicazioni telematiche e l'introduzione di concetti paralegali come l'hate speech, non sembra più così romanzesco e paradossale.

In calce a questa parentesi storico-letteraria - che ci porterebbe lontano - va però detto che l'onestà in politica predicata dai grandi del passato alludeva a una dimensione sostanzialmente etica, resa possibile anche dal sussistere di sistemi di valori più o meno universalmente riconosciuti (i miti fondativi della civitas, la religione cristiana ecc.), laddove l'onestà dei nani odierni, pur abbeverandosi generosamente a quella suggestione, dichiara un'accezione tecnica e ristretta: cioè, il rispetto delle leggi vigenti. Il che può apparire più pragmatico e sensato, ma non lo è.

Partiamo dalla teoria degli insiemi: il politico è anche un cittadino tenuto al rispetto delle leggi, come il tappezziere è anche un automobilista obbligato dal codice della strada e l'architetto è anche un contribuente che deve pagare le tasse. Una qualità universale (gli obblighi, cioè l'intersezione) non può implicare una qualità particolare (i mestieri, cioè il complemento). Il fatto di pagare le tasse non fa di me un architetto, né tantomeno un bravo architetto. Che un politico si impegni a non sollecitare tangenti può dare conforto agli esasperati ma non ha nessuna rilevanza politica, trattandosi di un obbligo universale il cui mancato rispetto è perseguito dal potere giudiziario a prescindere dalle idee politiche del trasgressore.

L'operazione di presentare una qualità universale come un tratto distintivo non manca mai di affascinare le menti semplici. Sicché il partito della legalità fa il paio con il partito sedicente democratico, che suggerirebbe possano esistere partiti non democratici in un ordinamento dove la democrazia è imposta in Costituzione. Ci troviamo, per capirci, nella fantastica categoria dei ristoratori che si vantano di servire cibi commestibili, dei costruttori che pubblicizzano case che non crollano e dei puericultori che promettono di non uccidere i bambini. Certo, è possibile - anzi, è cronaca quotidiana - che i politici delinquano. Ma porre questi problemi sul piano della scelta elettorale, e non dell'azione giudiziaria, equivale a sottoscrivere l'opzionabilità delle garanzie e degli obblighi costituzionali a seconda del voto. Il che integra una prima picconata ideale inferta dagli onestisti ai fondamentali giuridici dello Stato.

La seconda scaturisce dal fatto che, se che i politici in quanto cittadini devono rispettare le leggi, in quanto politici le devono scrivere, discutere e promulgare. In altri termini, se al cittadino spetta essere onesto, alla politica spetta definire ciò che è onesto. Dall'intersezione indebita di questi due insiemi si producono gravi conseguenze. Quella più generale è una squalificazione della politica: da luogo legislativo-esecutivo in cui la comunità si autodetermina, a gabinetto di funzionari esecutori selezionati non già in base alla capacità di tradurre i bisogni collettivi in decisioni, ma alla fedeltà con cui applicano le decisioni già prese.

Una visione, è inutile osservarlo, che sposa perfettamente il dogma tecnocratico. Se la cosa giusta non ha alternative, non ha colore politico ed è già decisa altrove - nelle sedi sovranazionali e sovrademocratiche e/o come sottoprodotto di dinamiche economiche a cui si attribuisce la necessità propria dei fenomeni naturali - la competizione politica non può che giocarsi sullo zelo e sulla puntualità della sua applicazione. In questo orizzonte, la volontà popolare si sovrappone ai compiti dei tribunali e degli organi di vigilanza: diventa, cioè, inutile e accessoria.

L'accezione legalista dell'onestà esclude quella politica. La riduce a calcolo giuridico scaturito dall'applicazione dei codici senza che interferiscano le valutazioni di interesse e di carattere sociale, valoriale, culturale ecc. che sostanziano la partecipazione politica. Sicché i crimini dei governanti sono quelli che violano le leggi, ma non le leggi stesse. Chiudere scuole e ospedali per onorare i vincoli di bilancio, sequestrare il risparmio per risanare le banche, precarizzare il lavoro, inasprire la tassazione a danno dei più deboli, consegnare le risorse pubbliche ai privati, imporre sanzioni alle popolazioni in guerra ecc. sono crimini, crimini gravissimi, che però il ragliatore dell'o-ne-stà non può intercettare in quanto deliberati in applicazione delle leggi. A rigore, sarebbe anzi criminale fare il contrario. Sicché non gli resta che sfogare la propria vigile acrimonia contro i rubagalline e gli arraffoni delle retrovie: quelli che, avendo poco da rubare, non possono permettersi di farlo con la complicità del legislatore.

***

Che l'onestà di chi governa e/o di chi è governato sia una variabile largamente indipendente dalla performance economica e sociale di un paese è dimostrato innanzitutto dall'inafferrabilità dell'assunto: onesti rispetto a che cosa? e quante volte? e perché? Al solito, ciò che si guadagna in suggestione dialettica lo si perde in misurabilità statistica. Ma anche concentrandosi sull'indicatore più ricorrente e mitizzato, la corruzione, si scopre non solo che la sua incidenza è sovrastimata oltre il ridicolo (v. Galli, qui e qui), ma anche che il nesso tra corruzione e PIL non è statisticamente rilevante (v. Bagnai e la Legge di Travaglio). Per quanto ne sappiamo, politicanti corrotti e delinquenti di ogni risma ci sono sempre stati: nei periodi floridi e nei periodi di declino. Se non si è in grado di dimostrare che l'incidenza del fenomeno è aumentata rispetto a epoche migliori ci troviamo di fronte a una - deprecabile fin che si vuole - invariante.

Anzi, a voler essere pedanti, il nesso tra disonestà e declino c'è: ma al contrario. L'impoverimento e le politiche recessive che ne sono la causa - a prescindere dall'onestà di chi le pratica - stimolano a trasgredire le leggi. La relazione positiva tra disoccupazione e crimini contro la proprietà è stata ripetutamente dimostrata (v. Cantor e Land 1985; Papps e Winkelmann 1999; Raphael e Winter-Ebmer 2001; Dumitru 2012; Entorf e Sieger 2014 ecc.), così come quella tra pressione ed evasione fiscale (v. Orsi, Raggi e Turino, 2013). La stessa corruzione, quando non è legalizzata subordinando l'agenda degli stati al capriccio degli investitori che li finanziano, è quasi una certezza se le attività pubbliche più lucrose sono messe in palio ai privati promettendo l'eldorado per i vincenti e la rovina per i vinti. Chi non corromperebbe per scongiurare il fallimento? Chi non lo farebbe alla prospettiva di un arricchimento immenso e garantito per decenni?

La politica non deve solo definire ciò che è onesto, ma anche creare le condizioni affinché l'onestà sia un vantaggio - e non una moda, che lasciamo alle pecore. Gli onestisti sembrano credere che gli uomini si comportino male perché sono cattivi (?), sicché si adagiano nella facilità di una fiaba morale dove per salvare il regno è sufficiente cacciare il principe cattivo e sostituirlo con un principe buono. Senza curarsi se quest'ultimo è un imbecille, né del fatto che, permanendo le condizioni politiche che ostacolano l'adesione alla legalità, anche i buoni diventano cattivi. Per scelta o per necessità.

Questo modello, che umilia la politica subordinandola ai suoi prodotti, lo chiamiamo magico-moralista. Il suo contrario, quello in cui la politica è il presupposto ontologico dell'onestà, lo chiamiamo politico-pragmatico. Ne consegue uno schema pedante con la relazione gerarchica delle condizioni.


A chi giova che, nei programmi elettorali, il rispetto delle regole preceda e/o sostituisca la critica delle regole? Evidentemente a coloro che le impongono.I quali realizzano così il duplice obiettivo di scongiurare l'opposizione degli organi decisionali democratici relegandoli al ruolo onorifico di esecutori ed exempla morali per il popolo e, al contempo, si assicurano la cieca obbedienza di cittadini e politici uniti nell'indistinto destino dei sudditi, mettendoli in competizione per aggiudicarsi la palma dei puri.

Ma non solo. Il modello magico-moralista, intimamente colpevolizzante, realizza anche il terzo obiettivo di sottrarre le regole alla critica empirica qualora esse si rivelassero inefficaci o dannose per coloro che le devono osservare. Se la qualità della vita pubblica dipende, prima di ogni altra cosa, dall'onestà dei suoi attori, allora la bontà delle regole non può essere messa in discussione se prima non si realizza quel rinnovamento morale necessario al loro buon funzionamento: cioè mai. Non c'è davvero limite alle applicazioni di questa strategia dialettica. Se le privatizzazioni non funzionano è perché i controllori si lasciano corrompere e gli appaltatori sono troppo avidi, se le tasse sono alte è perché ci sono gli evasori, se i voucher non rilanciano l'occupazione è perché c'è chi se ne approfitta, se l'Europa non mantiene ciò che promette è perché i paesi meridionali non rispettano i parametri, ecc. In breve, che le regole siano sbagliate non è mai un'opzione. Finché esisteranno disonesti, furbi, corrotti e corruttori da buttare in prima pagina - cioè sempre - ci sarà una scusa per dare la colpa ai sudditi disonesti e soffocare le critiche nella vergogna.

La retorica dell'onestà è il veicolo della tecnocrazia. Agli amanti delle coincidenze storiche non può sfuggire che la menata della questione morale si radicava nell'immaginario nazionale con un'intervista rilasciata da un ex stalinista a un ex repubblichino nel luglio del 1981: lo stesso mese e anno in cui, con una semplice lettera e senza dibattito parlamentare, si sanciva l'indipendenza della Banca d'Italia dall'esecutivo mettendo così fine alla sovranità monetaria nazionale. Che i due eventi esprimano la medesima strategia dovrebbe oggi apparirci chiaro. Se le decisioni fondamentali che ci riguardano non appartengono né a noi né ai nostri rappresentanti, non ci resta che il dubbio vanto di rispettarle per poterci dire onesti.


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Commenti

Esperanto

Forse non sono capace di seguire certi ragionamenti complicati, ma dare della "pecora" a chi STRILLA per ottenere un po di onestà, in un paese ai primi posti per corruzione, mi puzza non poco...

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Francesco Mangascià

L'Italia sta proprio tutta qua, sprofondata, dalla Repubblica di Platone, in quella di Eugenio Scalfari.

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Alessandro

Mi pare che il sogno o delirio degli onestisti tecnocrati sia uno Stato governato come una macchina o un software: quindi il fine ultimo non è quanto scritto nella Costituzione (norme che a causa del vincolo esterno sono disattese, come ben descritto da link) ma far sì che la macchina funzioni secondo certi parametri. Insomma, il mezzo diventa il fine.

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Bombadillo

Carissimi,
mi aspettavo un post del nostro ospite. Siccome, però, tarda ad arrivare, e mi dispiacerebbe che, in un giorno così importante, su di un blog che mi piace tanto come il presente, non ci fosse alcun riferimento a quanto avvenuto, prima che tramonti il sole, palesemente ot, vi giro degli utili consigli che, partendo dalla sua esperienza personale, un amico mi ha inviato via email:
" - ho sigillato il mio bunker sotterraneo, che prudentemente avevo costruito, e ho portato con me le scorte di cibo e medicinali, bisognerà salire in superficie sfruttando le tre ore di luce diurne che ci rimarranno;
- ho portato con me una copia del manifesto di Ventotene di Spinelli, quando le acque si ritireranno, bisognerà istruire i non-morti sull'Idea di Europa, ed evangelizzarli tutti;
- le paludi tossiche non si ritireranno prima del 2057, fino ad allora sarà morte e devastazione, sarà la fine dell'umanità per come l'abbiamo conosciuta;
- portate con voi solo le persone di cui vi fidate pienamente, le malattie infettive saranno impossibili da fronteggiare;
- imparate ad usare un'arma, i mutanti euroscettici attaccheranno i vostri rifugi notte e giorno.
In superficie, Vladimir Putin, a torso nudo cavalcando un orso, scorrazzerà per un'Europa devastata, seminando fascismo e omofobia.
Razionate l'acqua.".
Tom

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↪ Ippolito Grimaldi

@Bombadillo
Ha dimenticato di consigliare il pip-boy.

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Aner_ottantadue

Pedante, Lei è illuminante come il faro della Vittoria, azzarderei persino a definirla illuminato, se non fosse è un termine le cui accezioni sono state metastoricamente abusate. Cosa aggiungere alla sua pedanteria, se non che i pensieri sono stati già suffragati dai fatti: link L'allineamento movimentista interno e la democrazia dal basso a portata di click o #hashtag è il nuovo e finale colpo di spugna alle rivendicazioni delle minoranze e/o delle correnti in pancia ai grossi partiti, i quali, man mano che il Capitale si ingrassa e si nutre del nuovo mondo svirilizzato senza barriere, sono sempre meno funzionali al sistema. Un microsistema politico basato su autoprotezione, autosanzioni e gaudenti pubblici processi popolari, una versione light di quello camorristico insomma, è persino più interessante sociologicamente e istantaneamente controllabile da un qualsivoglia panfilo con un semplice dispositivo dotato di connessione internet da parte dei padroni del vapore. La sceneggiata che va avanti sulla piazza romana ne è elemento tangibile, la "piazza grande" della politica che i grossi partiti hanno deciso su induzione di rinunciare, dando così approvazione popolare, e lo scarico di responsabilità che ne consegue, fondamentale per le trame future, all'avvento delle nuove facce della politica e dell'onestà.2, con la non trascurabile differenza che mentre nel 1993 i mezzi di informazione passavano dalle mani dei genitori ai figli per la creazione di una coscienza, adesso avviene il contrario.
Un caro saluto

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lorenzo

Bravissimo! Riesci a spiegare con logica e razionalità quello che a livello intuitivo il buonsenso suggerisce. Prezioso, direi.

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San Pietrino

Bisogna vedere quanto la mediocrità delle leggi incide sui fenomeni d'illegalità. Se le leggi non sono così tanto assurde ma vengono aggirate lo stesso in virtù di una cultura della furbizia, che gli esempi notevoli (come quello dei politici o di "VIP") promuovono come modello da seguire per raggiungere il successo o il benessere, allora ha senso dire che l'onestà deve tornare di moda. La definizione di moda della Treccani:
Fenomeno sociale che consiste nell’affermarsi, in un determinato momento storico e in una data area geografica e culturale, di modelli estetici e comportamentali (nel gusto, nello stile, nelle forme espressive), e nel loro diffondersi via via che ad essi si conformano gruppi, più o meno vasti, per i quali tali modelli costituiscono, al tempo stesso, elemento di coesione interna e di riconoscibilità rispetto ad altri gruppi;
E inoltre, per la locuzione "andare di moda", sempre la Treccani dice:
andare, essere di m., essere molto diffuso, conforme ai gusti più attuali, con riferimento, oltre che all’abbigliamento, anche ad abitudini, usanze, comportamenti che si siano temporaneamente imposti e che siano seguiti da quanti vogliono apparire raffinati, aggiornati, al passo con il proprio tempo
Nello specifico è un'espressione (usata a mo' di slogan, forma necessaria per sintesi e per ovvi motivi di comunicazione politica) per dire che diventerà qualcosa di molto diffuso. Vuoi perché si torna a considerare l'onestà un valore e non un disvalore che porta svantaggi (non rispetto a leggi ingiuste, ma rispetto ad altri che quelle leggi comunque decidono di non rispettarle: così vuole la cultura della furbizia), vuoi perché si cercherà di rendere la legge più giusta. Nel movimento cinque stelle ci sono entrambe le componenti.

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giuseppe

per favore, dopo tutti questi bellissimi articoli, vorrei che lei scrivesse sul referendum sulla costituzione....

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silvia (Marie Antoinette)

Che poi onestà fa rima con...
"...austerità. Fummo i soli a sottolineare la necessità di combattere gli sprechi, accrescere il risparmio, contenere i consumi privati superflui, rallentare la dinamica perversa della spesa pubblica, formare nuove risorse e nuove fonti di lavoro." (Berlinguer).
Non conoscevo questa intervista, molto interessante come il tuo post.

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Ippolito Grimaldi

Due piccole riflessioni che al momento non ho il tempo di argomentare:
- troppo spesso si confonde l' onestà con la lealtà.
- ancora più spesso non si capisce la differenza tra il predicare, il professare, il praticare ed il testimoniare.

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ws

bella la definizione del "modello magico-moralista" che inevitabilmente produce
la dittatura del " partito degli onesti" sul " popolo degli inbecilli".
Purtroppo un "deja vu" sempre di moda perche' gli " imbecilli " , per definizione , non possono mai imparare nulla , nemmeno dalle proprie disgrazie.

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Bombadillo

Caro Pedante,
complimenti per l'articolo, lucido e conseguente, se è possibile, ancora più del solito.
Mi spiace che tu abbia tolto il ripetere l'ovvio, che mi pareva più calzante della frase attuale.
Simpaticissima, invece, l'idea del pedantometro.
Per quanto riguarda la questione dell'onestà, l'anno scorso ho organizzato nel mio dipartimento un convegno sul vincolo di bilancio in Costituzione. Io non avrei dovuto parlare -ho già dato abbastanza da ventenne, e da tempo ormai preferisco la regia: anche se quella volta mi è andata male, perché mi sono mancati proprio i due relatori che sarebbero dovuti essere i più incisivi-, ma poi il mio preside ha insistito, e quindi ho improvvisato due parole, tra cui che il vero problema dell'Italia è quello morale... non nel senso di corruzione ed evasione, ma in quello dell'invidia sociale, diretta, per cui chi ha poco ci tiene di più che stiano peggio quelli a cui riconosce un minimo livello di benessere, che non a stare meglio lui, ed inversa, per cui c'è una categoria di gente arrivata a una "ricchezza psicopatica", che invidia la famigliola che si fa la pizza, o va cinema o al mare in pedalò, perché per essere felice sul suo panfilo da 60 metri ha bisogno che gli altri stiano male.
Avevo invitato anche due parlamentari della mia città. Quello del PD -per altro, gentilissimo ad essere intervenuto- ci ha tenuto a dire che invece la corruzione e l'evasione sono il problema, altro che il pareggio di bilancio in Costituzione (non ha detto l'euro è solo una moneta, ma non era quello il tema centrale), e che comunque quelli del suo partito che adesso (cioè, allora) si stracciano le vesti per la modifica in questione, al momento della sua introduzione non obiettarono alcunché (per inciso, sul contenuto degli interventi, sia mio che del parlamentare, ho semplificato al massimo e, soprattutto, sono andato a memoria, mi scuso anticipatamente per eventuali errori e, comunque, per chi volesse le parole esatte, i video sono tutti su youtube, a partire dal mio che è il primo: link ).
Scrivo questo per dire che il brand dell'onestà è stato a lungo del PD (e prima del PCI, come ci hai giustamente ricordato tu), e che molti di loro ci sono ancora molto affezionati: poi è normale che in questo gioco al massacro della politica, arriva quello più puro che ti epura, come nella specie i 5 stelle.
A proposito dei 5 stelle, faccio una segnalazione. Io non conoscevo Povia: lo so, vivo fuori dal mondo, capita a chi non guarda la TV (provate, fa benissimo). Lo scorso luglio un mio amico mi ha mandato il link del video della canzone "chi comanda il mondo", ed è stata una vera sorpresa, ascoltate bene le parole. Poi, ad agosto, mi ritrovo Povia dov'ero in vacanza a fare un concerto in piazza, con tanto di bandiera del regno delle due Sicilie, e discorso meridionalista (le analogia tra Unità d'Italia e d'Europa sono sconcertanti, lo dicevo anche in quel mio breve intervento che ricordavo prima), quindi ha fatto una canzone sul meridione per ribadire gli stessi concetti, ed ora questa sulle chiacchiere da bar in politica, in cui, oltre all'idea centrale secondo me particolarmente ispirata e paradossale, di far sbottare il vecchietto comunista da una vita in un "era meglio Berlusconi" (titolo della canzone), dice diverse cose interessanti, tra cui:
1) arrivava il 5 stello denunciando questi e quelle, c'è bisogno di onestà, trallallero trallallà;
2), nel tragicomico finale, tuo figlio non avrà futuro, sì, però, GOOAL!!!
Forse un ritratto impietoso, ma che mi pare cogliere molti tratti di verità: trovate il video su youtube.
Tom
P.S.: ah, segnalazione per segnalazione, guardatevi pure il film Our brand is crisis, finale mieloso a parte, ne vale davvero la pena. Se rinasco, faccio il critico cinematografico.

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↪ Il Pedante

Gentile @Bombadillo, la Sua recensione positiva è preziosa, trattandosi di temi che sfiorano discipline a Lei ben più note come la filosofia del diritto. Ho incominciato ad ascoltare il Suo convegno, La ringrazio per la segnalazione. È vero, l'invidia è un peccato capitale, precisamente il quarto, laddove l'onestà non appare nemmeno in elenco. Non perché non sia importante ma perché ecc. ecc. - francamente penso che la cosa non si possa chiarire oltre. Ho inteso che Povia porta avanti battaglie originali e solitarie, dovrò ascoltarlo con più attenzione.
P.S. Ho ripristinato il motto del blog. Ma sul fatto di combattere per la comprensione dei tanti e non contro la violenza dei pochi dovrò scrivere un articolo.

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↪ Ippolito Grimaldi

@Il Pedante
L' onestà nell' elenco dei vizi capitali?
Ci potrebbe stare, ma dovremmo chiamarlo onestismo dei manichei.

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Michele Daniele

Un immenso grazie sia alla Pedanteria ma anche a tutti i commentatori che arricchiscono con considerazioni aggiuntive le magnifiche argomentazioni del blogmaster.
Una domanda per il nostro Pedante: ha scritto qualche volume acquistabile da qualche parte? Mi piacerebbe leggerli. Per eventuali questioni di riservatezza può scrivermi in privato. Grazie ancora.

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↪ Il Pedante

@Michele Daniele Purtroppo non ho mai avuto la forza di scrivere un libro. L'idea del blog è nata proprio come stratagemma per buttar giù singoli capitoli con una "trama" comune, ma senza l'ansia di dover consegnare un volume alle stampe.

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Salvatore

Un articolo davvero penoso da mio punto di vista.
Definire la richiesta di onestà e di valori nella politica, come tipica del fanatismo e della dittatura, è quantomeno criminale.
Per non parlare del discorso riguardante l'insiemistica, ridicolo.
Proverò a risponderle utilizzando i suoi metodi: siamo d'accordo che le qualità morali, e che quindi anche l'onestà, non siano in alcun modo collegate con una buona capacità politica, ma l'onestà, dovrebbe essere un prerequisito per qualsiasi politico, diciamo un sottoinsieme comune.
Ora detto questo, una volta scelta la classe politica da un campione di persone che posseggono buone qualità morali, sicuramente ci saranno persone incapaci come incapaci ci sarebbero stati anche in altri tipi di campioni, ma possiamo essere certi che ivi troveremo altrettante persone che oltre alle cosiddette qualità morali, avranno in aggiunta, un ottimo senso politico. Quindi se un gruppo politico promette di candidare esclusivamente incensurati, non capisco quale sia la vostra avversione nei confronti di ciò, se lei crede sia uno stratagemma per "acchiappare" menti semplici, è tutto un suo problema.
Queste sono le uniche osservazioni di cui bisognerebbe tener conto,
Non occorre mettere in gioco eventi storici fortemente in disaccordo con la realtà attuale,
Non c'è bisogno delle sue inferenze fortemente azzardate.
Avendo letto questo articolo le riconosco una sola grande abilità: quella di costruire castelli di sabbia partendo da qualche frase e qualche concetto, grazie alla sua retorica; e se la retorica dell'onestà attira le menti semplici, la sua attira menti che credono di essere complesse.
Buona giornata.

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↪ Michele Daniele

@Salvatore
Avevo parlato troppo presto riguardo all'eccellenza anche di tutti i commentatori... duemila anni e passa di logica aristotelica massacrata in poche righe...

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↪ Carlo

@Michele Daniele C'e` da dire che la teoria degli insiemi, pur se intuitva da sempre, e` stata formalizzata solo nel XIX secolo, e cosi` di conseguenza la logica formale.
Se a cio` aggiungiamo che a parte alcuni licei scientifici la logica formale e la teoria degli insiemi non sono insegnati nelle scuole si puo` comprendere come a molti sfuggano certi dettagli, ad esempio non capire che l'articolo che si critica non stia affatto contestando la rivendicazione dell'onesta`, ma la pretesa di anteporre questo ad altri in un modello funzionale.

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↪ Poldo

E' ovvio che una analisi come questa non potrebbe non scatenare la reazione di chi si sente rappresentato da un sedicente "partito degli onesti" e ripone in questo le proprie aspettative di una rinascita politica e sociale del Paese.
Salvatore, però, non deve abbandonarsi all'istinto di prendere le difese di quella che sente come la propria comunità di riferimento (il partito degli onesti, per l'appunto).
Dovrebbe chiedersi, ad esempio, come mai la Seconda Repubblica, nata dalle ceneri di una mega operazione giudiziaria condotta all'insegna della palingenesi morale e civile, si sia rivelata di gran lunga peggiore della Prima quanto a corruzione e a malapolitica.
Se comprende perché ciò è accduto, ipso facto comprende il significato del post in questione.

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↪ a perfect world

@Salvatore
Ma lei vive in un mondo perfetto!

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↪ PAscal

@Salvatore
Semplicemente questo articolo non fa per Lei. Insieme a 9/10 di pensiero occidentale. Il rimanente decimo, fatto per lo più di pagliacciate positiviste, se lo pigli pure chi lo desidera.

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Luca

Una variante di quanto da lei splendidamente descritto si sta osservando in questi giorni nel settore del credito. Non sono le folli regole europee e l'applicazione deleteria delle medesime da parte del governo ad aver creato la più grave crisi bancaria del Dopoguerra, bensì il comportamento scorretto di qualche consigliere di amministrazione, manager, impiegato pauroso, cui si è aggiunto lo scarso controllo di Banca d'Italia e Consob (ma soprattutto Consob, che in realtà ha pochissimi poteri). Si tratta del teorema di Serra & Gabanelli (l'accoppiata già dice tutto).

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↪ Il Pedante

@Luca Il TEOREMA GABANELLI è perfetto.

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Joel Samuele Beaumont

Sono convinto che non è possibile determinare una cosa, se prima non fai degli "sbagli". In realtà i cosiddetti sbagli, servono a fare esperienza ad andare avanti, e progredire.
In un sistema di infinite leggi, è come se non ce ne fosse nessuna, e qualsiasi legge può essere strumentalizzata al fine di colpire chi esce dalle righe.
Quindi passi Di Maio che va a cena con la trilaterale, ma se poi come in altri casi uno si permette di fare le cose senza il permesso di "Beppe", allora scatta l'espulsione in nome dell'HONESTÀ!!1!
Quindi, siamo bloccati, ognuno ha paura di fare un qualcosa che è contro qualche legge scritta da qualche parte, e che può essere attivata all'occorrenza al fine di punire il malcapitato.
Magari uno si scalda in casa con la legna, e scopre di non essere a norma. Oppure se uno raccoglie l'acqua piovana, scopre di non essere a norma.
Quindi, o non sei onesto e sopravvivi; oppure devi avere i soldi per poter essere onesto.
L'onestà diventa un lusso, dove solo pochi facoltosi si possono permettere di rispettare le regole, quando possono pagarsi commercialisti, legali, e possono pagare qualsiasi tassa.
I poveri non potranno mai essere onesti, e non avranno diritto di partecipare alla polis, e alle decisioni. I poveri non riescono neanche a pagarsi il biglietto del BUS, e quindi non sono onesti. Ma se uno rientra nelle grazie del grande fratello, avrà diritto ad un sussidio che gli permetterà di essere un po' onesto e di pagare almeno il biglietto dell'autobus.
Autobus che gli servirà per arrivare fino al punto dove si terrà la riunione della COOP, dove gli regaleranno tre pacchi di pasta, se rimane fino alla fine della finta partecipazione all'assemblea dei soci.
Evviva la politica dal "basso".

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R. Trani

Absit iniuria verbis, la pedantofilia cresce. Ed a buon diritto, perché codesto blog spicca per più d'un pregio: concetti profondi, espressi con chiarezza; assenza di refusi (cosa ormai eccezionale); sobrietà grafica (niente gadget - come si dice in gergo - e soprattutto niente pubblicità) e tante piccole perle, come la sillabazione automatica dei commenti (ma quando mai?), il relegare in paginette a parte battute ed aforismi pungenti e - ultima novità - l'indicazione del tasso di pedanteria.
Complimenti, insomma.
A proposito del post di oggi, come sempre impeccabile, m'ha fatto pensare il riferimento a de Robespierre, sia perché quel 'de' viene citato assai di rado, sia perché - essendo pacifico che le rivoluzioni non nascano mai dal basso - una rivoluzione indotta dall'alto effettivamente non può fare a meno del terrore.
Altrimenti chi ce la farebbe praticare la virtù, a noi qui in basso?
Tutt'è pensarla indotta ancora più dall'alto, questa sperata rivoluzione. Dall'alto dei cieli, cioè. In tal modo il terrore si farebbe metafisico, sorannaturale, oltremondano.
È l'unica rivoluzione in cui possiamo confidare.
Cari saluti.
E grazie per l'attenzione.

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Enrico Nardelli

Complimenti ancora per la chiarezza e la profondità!
Si tratta di una riflessione che dovremmo far leggere nei licei ai ragazzi... e non solo a loro.
Sulla famosa "questione morale" avanzo il quesito, assumendo che Berlinguer fosse intellettualmente onesto, se la sua "questione morale" non fosse posta avendo comunque come riferimento il "modello politico pragmatico". Ma poiché notava in questo quadro una "qualità delle leggi" in sempre maggiore decadenza, orientate a "... interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune ..." individuava come causa di tale cattiva qualità una "questione morale".
Non penso, ma è solo un'ipotesi, che Berlinguer volesse davvero passare al "modello magico moralista": secondo me aveva chiaro che fosse un tradimento della democrazia e della nostra costituzione. Però evidentemente altri hanno capito che l'istanza della "questione morale" poteva essere usata per cambiare modello e l'hanno cavalcata.

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↪ Il Pedante

Gentile @Enrico Nardelli, non mi occupo e non mi occuperò di buona o cattiva fede, perché solo Dio legge nel cuore degli uomini. Le concedo più che volentieri le buone intenzioni di Berlinguer, così come non ho dubbi su quelle del corpo elettorale grillino e di chiunque invochi il boia contro la disonestà altrui.
Il fatto è che nel mio universo razionale l'onestà conta davvero poco. Gli uomini sono onesti il lunedì e disonesti il martedì, secondo le circostanze e i bisogni. Più rilevante è la capacità di comprendere le conseguenze delle proprie parole e dei propri atti rispetto ai valori in cui si crede. Da questo punto di vista il vecchio Berlinguer, nell'aprire la strada alla via facile del moralismo, ha dato una ben misera prova. Le strumentalizzazioni ci sono state, è vero, ma il nostro non le ha sapute prevedere pur avendo i mezzi culturali per farlo.

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↪ epifanio g

@Enrico Nardelli Nemmeno io sono dell'idea che Berlinguer possa essere messo sullo stesso piano di Grillo e Casaleggio (come non credo che volesse mettercelo il Pedante), però tutte quelle "pippe" sui consumi superflui (che poi chi lo decide quali sono superflui e quali no?) e sui partiti che sono degenerati mi sanno tanto di pauperismo, e mi ricordo che la perorazione dell'austerità fu contestata anche in area Pci, da persone non sospette. Tanto più che tutto questo discorso è finito per sfociare poi in un discorso ben peggiore, a mio avviso, che è quello della "diversità comunista". Diversità da chi? Prendevano le mazzette più o meno come gli altri, dove erano al governo.
Certo, di diverso da Grillo c'è una maggiore attenzione alla giustizia sociale. Dal M5S ti puoi aspettare al massimo l'assistenzialismo pitocco di quello che loro chiamano salario di cittadinanza. Berlinguer, seppure sulla difensiva, si buttò a capofitto nella battaglia contro il decreto di San Valentino, con un entusiasmo e una foga che probabilmente gli costò la vita.
La coincidenza temporale con il divorzio tra Tesoro e Bankitalia probabilmente fu sfruttata più da Scalfari che da Berlinguer, che forse non era pienamente consapevole della portata di quanto stava succedendo e delle sue reali conseguenze.

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Baccio

Un giorno e alcune ore di attesa, ma ne valeva la pena. Come sempre.
E, come sempre, grazie.

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Adriano ottaviani

Ottimo.
Mi aggancio per proporre una riflessione ulteriore su un fatto che forse è una controprova illuminante di quanto affermato nell'articolo.
È evidente a tutti che l'architrave su cui poggia il regime attuale sia un dominio assoluto delle oligarchie sui mezzi d'informazione, specie le TV, che nonostante lo sviluppo del web rimangono di gran lunga il veicolo più efficace del pensiero unico.
Alla luce di questa banale constatazione mi sarei aspettato che un movimento politico dalle ingenti risorse economiche come il M5S operasse con tutte le sue forze per la costruzione di un canale informativo di massa alternativo, TV, radio o anche un giornale, quello che invece succede è che il movimento grillino preferisce dilapidare queste somme per un irrisorio supporto alle piccole attività economiche.
Perché secondo lei ?
Io mi sono fatto l'idea che l'avere un canale informativo continuo e a disposizione di tutti i cittadini avrebbe obbligato il M5S ad uscire dal facile cerchio dell'onestà/disonestà e lo avrebbe esposto alla necessità della costruzione di un discorso coerente e pedagogico sul mondo, un'analisi sui problemi e sulle cause dei problemi e che questo per il movimento sia una difficoltà, la strada che il M5S ha scelto è infatti una specie di rito di distruzione di risorse, una specie di potlatch, necessario per evitare l'impegno in una razionale costruzione di un progetto politico.
Lei che ne pensa ?

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↪ Il Pedante

@Adriano ottaviani È una questione che confesso di non avere mai considerato, ma ciò che Lei scrive ha un senso. Abbozzo un'ipotesi sulla scorta del Suo pensiero. Il M5S raccoglie i pezzi dell'antisistema per riabilitarli al mainstream. Sicché il suo terreno di caccia non possono che essere le periferie del pensiero, i luoghi della contestazione silenziosa e sfuggente all'imbrigliamento degli schemi politici tradizionali. Se esso stesso adottasse gli strumenti e le promesse del mainstream, perderebbe la patente di luogo alternativo e quindi la capacità di intercettare e disinnescare il dissenso.

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↪ Filippo

@Il Pedante Anche io ho sempre pensato che la restituzione del finanziamento pubblico del M5S sia una cazzata, sarebbe stato meglio spendere quei soldi per una piattaforma di comunicazione (web ma giustamente anche altro, radio, tv etc) pubblica, non legata alla casaleggio, per sondare l'elettorato, informarlo etc.

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↪ a perfect world

@Adriano ottaviani
Esatto. Per gestire il broadcast, devi avere delle idee, una visione, un modello. Troppo difficile ma soprattutto troppo compromettente. Meglio il cazzeggio qua e la'.

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