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Lo schiavismo dei buoni


Questo articolo è disponibile anche in versione spagnola.

Voluntas enim naturaliter tendit in bonum sicut in suum obiectum: quod autem aliquando in malum tendat, hoc non contigit nisi quia malum sibi sub specie boni proponitur.

— Tommaso D'Aquino —

L'immigrazione di massa integra chiaramente un caso di guerra tra poveri. Non solo perché lo è nei fatti, con milioni di persone a contendersi alloggi insufficienti, lavori sottopagati o di bassa manovalanza criminale, periferie anguste e i palliativi di un welfare centellinato dai tagli. Ma anche perché così si vuole che sia - o quantomeno ce la si mette tutta affinché lo diventi.

Nei giorni in cui il Comune di Milano decideva di trasferire 400 euro al mese a chi accogliesse un profugo nella propria abitazione, nella stessa città moriva di stenti Giovanni Ceriani, un disabile di cittadinanza italiana che si manteneva con un assegno di 186 euro al mese e un bonus comunale di 1.000 euro all'anno. Mentre scrivo, a La Spezia l'invalido Roberto Bolleri è in sciopero della fame per rientrare in possesso del suo alloggio popolare occupato abusivamente da una famiglia di marocchini che, fanno sapere, usciranno solo quando il Comune avrà assegnato loro una sistemazione adeguata in deroga alle graduatorie. In Germania l'infermiera Bettina Halbey e la sua vicina di casa stanno per essere sfrattate dal Comune di Nieheim: dovranno lasciare i loro appartamenti ai richiedenti asilo, mentre nel resto del paese si espropriano immobili privati e si evacuano scuole pubbliche, per lo stesso motivo.

Non c'è bisogno di essere leghisti per capire che finirà male, malissimo.

In un sistema di finanza pubblica dove la scarsità di investimenti è postulata come un dogma, è inevitabile che i poveri e gli impoveriti si contendano le briciole e temano l'arrivo di nuove bocche da sfamare. Tanto più se quello stesso sistema predica anche la scarsità dei salari e delle tutele come una virtù e la scarsità di lavoro come una colpa, non lasciando ai deboli altra scelta che un cannibalismo di sopravvivenza in cui l'odio etnico e razziale è solo il pretesto di una guerra per bande.

C'è del dolo o comunque una sterminata irresponsabilità in chi sostiene queste politiche di scarsità e al tempo stesso auspica corridoi umanitari per prelevare gli stranieri alla fonte, chiede la rimozione dei blocchi alle frontiere e sogna di accogliere 300-400 mila persone ogni anno se non 30 milioni in 15 anni. Salvo poi, al delinearsi di una catastrofe umanitaria che colpirebbe tutti - in primis gli immigrati di cui si fanno paladini - sfoderare il ferro vecchio della rivoluzione culturale e rimproverare ai sudditi il vizio della xenofobia lanciando vibranti campagne contro l'odio. Quasi fossero, la xenofobia e l'odio, patologie dalle origini oscure da debellare con la profilassi (nei giovani) e gli antibiotici (nei vecchi) e non un'etologica conseguenza delle politiche da loro stessi create.

C'è del dolo e dell'irresponsabilità in questa filantropia a spese degli altri, ma c'è anche e soprattutto il suo contrario, cioè del razzismo. Che non è il razzismo di cui si lamentano i progressisti: l'islamofobia e il disprezzo di civiltà diverse che, deplorabile e insensato a parere di chi scrive, è già condannato a reti unite e sarà presto oggetto di un'apposita commissione per la schedatura dei reprobi. E neanche l'autorazzismo di cui si parla quando i bisogni degli stranieri sono anteposti a quelli degli autoctoni. Il razzismo dei buoni colpisce invece proprio loro: gli immigrati, che protegge a parole e trasforma nei fatti in strumenti di un piccolo e penoso esercizio di autocertificazione etica e di un più grande disegno socio-economico di sfruttamento degli ultimi.

L'idea che abbiamo bisogno (?) dello sperma di milioni di disperati per ripopolare un continente in stasi demografica, o delle loro braccia per svolgere i lavori che gli italiani non vogliono più fare (cioè quelli sottopagati) non differisce in principio dalle deportazioni degli schiavi africani negli Stati Uniti del sud o dei forzati nelle colonie inglesi da ripopolare. Allora li si prelevava con la violenza, oggi li si costringe con la violenza del debito, della guerra e dello sfruttamento - che i deportazionisti buoni chiamano rispettivamente aiuti (sic) internazionali, missioni di peacekeeping e investimenti diretti esteri, e li sostengono pulendosi la coscienza con un'agile mossa lessicale. Ritenere normale che alcuni paesi del mondo, i più poveri, siano serbatoi di carne umana da ricollocare alla bisogna dei meno poveri soddisfa i requisiti non solo del razzismo, ma anche dello schiavismo tout court, e tradisce un disprezzo ignaro ma totale del diritto di queste popolazioni a vivere in pace e prosperità nelle proprie terre di origine.

In quanto al ritornello de i-lavori-che-gli-italiani-non-vogliono-più-fare, gira da almeno 20 anni ed è un classico esempio di come si peggiora un problema vero (l'abbassamento dei salari) con una soluzione falsa (l'immigrazione). Se molti mestieri non garantiscono redditi sufficienti per condurre una vita dignitosa nonostante siano richiesti dal mercato e in molti casi indispensabili, c'è evidentemente un problema di allocazione dei frutti del lavoro, che dalla base produttiva si spostano verso l'alto, ai dirigenti e ai grandi imprenditori fino a raggiungere lo stretto vertice degli investitori finanziari e dei loro vassalli. E se il lavoro vale sempre di meno, in ciò non aiuta la velleità di competere a frontiere aperte e a cambio fisso con i paesi che ci hanno preceduto nello sfruttamento in larga scala, condannandoci a una guerra globale tra poveri dove vince chi compra il lavoro, non chi lo svolge.

Per chi si dice di sinistra questi concetti dovrebbero essere pane quotidiano, se non fosse che l'oppio del moralismo gli ha fatto credere che gli italiani sono pigri e viziati e "non vogliono sporcarsi le mani", mentre invece i migranti sarebbero baciati da una voglia di fare e di migliorarsi attraverso il lavoro duro, umile e senza pretese. Nel raccontarsi questa fiaba si inanellano almeno tre obbrobri: 1) il disprezzo per i propri connazionali che lottano per preservare i diritti e il benessere conquistati con il sangue degli avi, oggi derubricati a "privilegi", 2) la celebrazione della propria eccezione etica (per la nota Equazione di Scanavacca) e, 3) in quanto agli stranieri, la certificazione del loro status di morti di fame disposti a tutto per un pugno di riso, di selvaggi che tutto sommato possono fare a meno del set completo di tutele e benefici formalmente garantiti a chi è nato nell'emisfero dei ricchi.

Se i primi due punti meritano compassione, trattandosi in ultima analisi di autolesionismo, il terzo suscita rabbia e stupore per i modi in cui i concetti antichi di colonialismo, paternalismo e sfruttamento sono riusciti a riciclarsi nei panni dei buoni sentimenti. L'unica, amarissima, consolazione è che chi ammette la deportazione del povero a beneficio del ricco - sia pure con la bonomia della dama coloniale che getta caramelle ai negretti - deve prepararsi a seguirne la sorte mettendosi al servizio di chi è ancora più ricco, come sta accadendo.

Forse un giorno ci si accorgerà che combattere la povertà importando poveri, lo schiavismo importando schiavi e la disoccupazione importando disoccupati non è una buona idea - da qualsiasi parte politica la si guardi. Quel giorno, italiani e stranieri, ovunque ci troveremo, sapremo chi ringraziare.


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Commenti

Enea 21

Solo gli idioti del PD sinistroidi buonisti pensano di risolvere il problema in questo squallidissimo modo.

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Roberto

Validissimo scritto da diffondere.
Complimenti all'autore.

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Luigi

Articolo equivalente di una Lectio Magistralis di Sociologia.
Ma tutto quanto si annulla se i residenti non indossano la divisa dei resistenti.
Solo milizie civiche capillarmente diffuse su tutto il territorio nazionale potranno rendere la vita impossibile si negrieri del 21 secolo. Con le buone ma anche (perché no') con le cattive.

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Karmi

A certe condizioni, oggi ,,certi lavori è giusto non volerli fare...ma credo che il disegno sia più ampio e "antico"...Aver affossato i sindacati (per altro non incorruttibili), aver permesso la svendita dei diritti dei lavoratori, con la scusa della crisi , creata da chi detiene il potere e non dai lavoratori, è stato l'errore. Ma la responsabilità di tutto questo è anche di una sinistra forse abbagliata e poco lucida..ma che forse tanto sinistra non era più. .imbastardita ,da quella parte politica che col bipolarismo non ha trovato una sua collocazione..e ha deciso di inserursi in un nuovo cavallo di Troia

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oscar

Tutto bello e condivisibile, anche se mancano soluzioni o semplici suggerimenti per venire a capo di un qualcosa.
Il tutto appare come un discorso alla Niky Vendola, gran friggitore d'aria e distributore di peti alla lavanda.

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Mario Tognocchi - presidente della associazione

Bellissimo. Lo copio. Lo metteremo nel nostro Blog: ScaricaretuttoTutti.it

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Carlo

Ottimo articolo . Da condividere .

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Lino


Tutti problemi che dovrebbero essere discussi da tutti i responsabili della cosa pubblica

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Giogra

Ottima analisi

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Hoppy

Complimenti x la lucida e comprensibilissima analisi. In tutto questo poi l'imbarbarimento dei costumi la fa da padrone: gli auguri di stupro e sofferenza per la comandante della Sea Watch sono il loro frutto, frutto quantomeno acerbo se non velenoso.

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roquebrunevaldemar@gmail.com

Che frana di inconcludenti sciocchezze.

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↪ Waldamaro

Gentile @roquebrunevaldemar@gmail.com, un angolano emigrato....

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Miro

Che la globalizzazione Made in USA e l’immigrazione Indiscriminata siano servite a deprezzare il costo della forza- lavoro e distruggere le tutele dei lavoratori nel mondo occidentale, e quindi a ripristinare margini di profitto sempre maggiori per le multinazionali,è evidente. Ma la guerra tra sfruttati giova solo a questo infame sistema. La politica dei buoni sentimenti dell’attuale sinistra è suicida. Occorre ritornare all’antica linea classista “ proletari di tutto il mondo unitevi “,consapevoli che ai popoli dell’Africa,più che gli aiuti pelosi e interessati, serve una Rivoluzione che strappi dalle grinfie rapaci dei nuovi colonialisti le loro immense ricchezze.

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Il Santo

Non riesco a comprendere perchè, pur essendo molto chiaro il meccanismo perverso attraverso il quale si importano schiavi e miserabili, nessuno ( giornalisti, uomini politici, intellettuali...) si mobilitano per bloccare -.denunciandolo- questo progetto che distruggerà anche loro

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Rossa

Della serie: quando qualcuno scrive quello che pensi tu,ma lo fa meglio. Complimenti.
Al senso di impotenza e vergogna si aggiunge la perdita della fiducia in questa parte di umanità... non abbiamo speranza, non arrivaerà il giorno in cui il capitalismo, di cui queste sono le conseguenze, divenga un tabù. Credo sia iniziato tutto quando un omuncolo ha detto "è' mio!" ponendo le basi per la fine della condizione di tribù i cui membri condividevano le risorse. E se questo è il meglio che siamo riusciti a fare meritiamo l'estinzione.

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Fabio CastellucciFantasia

Perfetto.
Ma con un difetto assoluto. È un'analisi Razionale. Non DI PARTE. Rivolta quindi a CHI? Agli italiani (o meglio a chiunque nel mondo, ormai...) viene insegnato fin dalla nascita l'obbligo di far parte di una Banda, che esiste solo per massacrare tutte le altre bande.
Ergo...
-O buonisti del cazzo, "accogliamoli tutti, diamo loro le nostre case, donne, lavoro e viviamo tutti da straccioni assieme, per la maggior gloria dle sistema unico che tutti ci massacra"
- Oppure ammazanegri di merda, "negri, islamici, zingari e merde simili sono parasiti da massacrare, per la maggior gloria dell'Uomo Bianco, bravo, bello e Buono, unico detentore del diritto di proprietà assoluta dle pianeta Terra"...
Ecco, francamente, se pensiamo che DOBBIAMO appartenere ad una di queste due bande... allora non esiste speranza, e il Tuo articolo è "inutile", perchè NON ha orecchie capaci di ascoltarlo...
Un abbraccio. Umano. Empatico.

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↪ Pensiero

Gentile @Fabio CastellucciFantasia, ecco cosa mi sembrava strano nell'articolo, la razionalità e il fatto di non scagliarsi ciecamente contro una parte avversa, grazie all'autore e grazie a lei per l'ulteriore precisazione

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Francesco Neri

Io scrivo bene, e ne sono di solito tacitamente, fiero, ma per fortuna ho trovato chi scrive meglio di me. Benissimo. Sui contenuti niente da dire perché sono le stesse cose che dico io, tutti i giorni, da circa cinque anni e quindi la concordanza è assoluta. La forma è perfetta, senza sbavature o ridondanze. Incisiva. Perfetta miscellanea di sintesi e completezza, anche per via dei rimandi ipertestuali. Sono molto contento. Grazie.

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Simone

Ho scoperto solo ora questo blog tramite asimmetrie, complimenti per le riflessioni profonde e attente. Le consiglio di aprire una pagina Facebook dove postare i link dei nuovi post aggiunti al blog, contribuirebbe maggiormente alla diffusione dei suoi articoli.

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↪ Il Pedante

La ringrazio per la bontà dei Suoi complimenti. Non sono sicuro di voler dare maggiore diffusione ai miei articoli, specialmente su una "piazza" come Facebook, aggressiva e gestita da un management di cui è poco dire che non mi fido.

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↪ Fabio CastellucciFantasia

Gentile @Il Pedante,
perfetto. Inappuntabile.
Un abbraccio Umano.

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sennacherib

Concordo che una immigrazione di queste dimensioni sia insostenibile e che sia utilizzata per fare dumping salariale, ma che facciamo con tutte queste persone? Sono alle frontiere, facciamo finta che non esistano?
Le politiche anche della UE e anche dell'Italia (membro per es. degli "Amici della Siria" assieme a Sauditi ed Erdogan) hanno provocato e continuano a provocare l'esodo che vediamo.

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Khw31sJ

Contabilita’ Renziana.
In Italia ci sono 100.000 Km di strade.
C’è un ponte in media ogni 5 Km.
Abbiamo 20.000 ponti.
Se stipiamo 50 immigrati a ponte , ne possiamo accogliere 1 milione.
Per mangiare, cagare , scopare, assist Buzzi-Carminati e/o i comitati di quartiere delle malandate periferie cittadine.
…..come fare accoglienza con il culo degli altri…

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alberto del buono

E' veramente un piacere leggere i suoi post che, per la qualità dei contenuti, provocano anche delle risposte aliene dalle stupidità che, molto frequentemente, si leggono sul web. Complimenti

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↪ Stefano Longagnani

Gentile @alberto del buono,
Viviamo in una società dove per non essere alienati, bisogna essere alieni. (Cit.)

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Ippolito Grimaldi

Non riesco a leggere correttamente le risposte alla discussione innescata da Manfredi: il testo dei commenti mi risulta troncato a destra, un difetto che mi compare su tutte le piattaforme operative.
Non so se è un problema di impaginazione, c' è modo di porvi rimedio? La discussione è molto interessante.

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↪ Il Pedante

@Ippolito Grimaldi La ringrazio per la preziosa segnalazione. Il problema era dovuto alla URL in un commento. Per chi fosse interessato, la soluzione è qui: link

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↪ Ippolito Grimaldi

@Il Pedante
Grazie,
con Chrome funziona.

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↪ Enrico Nardelli

@Il Pedante Gentilissimo (e bravissimo!), scrivo solo per segnalare che sia con Firefox (45.0.2) che con Internet Explorer (11.0.30) i commenti sono visualizzati con le parole che vanno a capo - a seconda dell'impostazione della grandezza di visualizzazione dei caratteri - in modo del tutto arbitrario.
P.es., nel commento della Mottola poco sotto si va a capo alla seconda riga così: inso-mma; ed alla terza così: affett-o. Con Chrome non ci sono problemi.
Niente di drammatico, ma anche l'occhio vuole la sua parte...
Ancora complimenti per l'intero blog.

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↪ Il Pedante

@Enrico Nardelli Evidentemente la soluzione adottata va calibrata meglio. Noto che anche con Safari le parole si spezzano a capo, ma la sillabazione è corretta. Il Suo sistema operativo è Windows?

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↪ Enrico Nardelli

@Il Pedante Sì, Windows 7 Professional.

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↪ Enrico Nardelli

@Il Pedante
Con FireFox fa correttamente la sillabazione. Con Chrome manda a capo l'intera parola. Con Internet Explorer invece rimane la problematica precedentemente segnalata.
Mi scusi se non le rispondo via Twitter ma i miei tweet vanno automaticamente sulla mia pagina FB. Se preferisce può scrivermi direttamente alla mail che ho inserito per commentare.

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Maria Rita Mottola

Solo questo: tra le lacrime una cliente mi ha raccontato che sul lavoro la "direttrice" non italiana la chiama l'aristocratica. Chissà perché. Forse perché deve assentarsi spesso dal lavoro, insomma lavora meno degli altri colleghi a loro dire. Lei ha una grande disgrazia un bambino affetto da grave malattia rarissima e per questo motivo usufruisce dei permessi previsti dalla l. 104/1992. Ma non basta il padre si è ammalato e così deve curare e assistere anche la nonna. Lei nel suo dolore mi è sembrata "nobile" più che aristocratica!
Vorrei restasse riservato non vogliono nuocere o aggravare la sua già difficile situazione. Ma avrei tante storie da raccontare!

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Andrea Evangelista

@Andrea Evangelista link giusto:
link
post leggibile anche qui (conosci il tuo nemico): link

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Gabriele Bellussi

il buonismo è il razzismo visto dall'alto.

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Fabio Sciatore

Va aggiunto fra l'altro che ai vari colti alla Galimberti che ci ammoniscono sulle nostre (?) responsabilità nello stato di povertà dei popoli africani e medio orientali, per cui ci DOBBIAMO sobbarcare i costi sociali ed economici dell'accoglienza, noi occidentali cattivi, ad essi sfugge un dettaglio: che le stesse élites che hanno promosso e incoraggiato le guerre che hanno destabilizzato le nazioni da cui ora fuggono le persone, adesso ci dicono DOBBIAMO accoglierli per il loro e nostro bene.
Aggiungo alla meravigliosa equazione di Scanavacca una ricorrenza come corollario: segue dall'equazione che 0 = -1, dunque che 1 = 0 e 1 = 2, quindi due persone sono in realtà la stessa persona, che sarebbe il noto argomento di Russell che dimostra per induzione che in realtà siamo tutti uguali, al prezzo però di una contraddizione.

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Manfredi

E' davvero strano che, dopo aver analizzato il significato politico del progetto di integrazione europea, dopo aver messo in luce la straordinaria redistribuzione dai salari ai profitti che quel progetto sta realizzando, dopo aver insomma chiarito le cause della crisi, il Pedante si faccia venire in mente che *il* problema del disabile che campa con 1000 euro l'anno, dell'invalido senza casa, dell'infermiera Bettina siano i tre marocchini che occupano l'immobile. Certamente quello è un problema, gravissimo, che incide sulla vita di quei singoli. Ma quale significato storico e sociale attribuirgli? Questo dovrebbe essere l'interrogativo.
Lo spessore del secondo paragrafo di questo post è pari a quello, impercettibile, della bieca propaganda ideologica: si prende un caso isolato e gli si attribuisce un significato generale che non ha, solo per giustificare una tesi priva di fondamenta. Come quando Confindustria ci racconta di quel lavoratore che ha rubato i soldi dalla cassa, così da giustificare l'abbattimento dello Statuto dei lavoratori; come quando l'Unione Europea ci racconta di quel politico corrotto, così da giustificare la cessione di sovranità e l'avvento dei tecnici. Come quando la Boldrini ci racconta dell'immigrato felice che si integra spazzando gratis il parco giochi della piazzetta sotto casa, così da giustificare la reintroduzione dello schiavismo istituzionalizzato. E così via, lungo una serie di nefandezze che non avevano nulla a che vedere con il rigoroso e prezioso lavoro di analisi e divulgazione svolto fin qui dal Pedante.
Per chiudere: quale significa storico e sociale dare ai casi citati strumentalmente dai fascisti e dai leghisti, e finiti non si sa come su questo ottimo blog nel secondo, infelicissimo paragrafo di questo post? Il problema abitativo nelle nostre città deriva evidentemente dalla gestione capitalistica degli immobili: case sfitte e alloggi popolari inutilizzati non lasciano dubbi sul nesso tra l'emergenza abitativa e le rendite dei palazzinari che dominano le nostre metropoli. Passiamo ora all'immigrazione. La categoria della guerra tra poveri, adottata dal Pedante, mi pare utile: perché rende l'idea di una guerra che vede contrapporsi due 'partiti' della stessa classe di miserabili, l'invalido e l'immigrato, i quali vengono aizzati gli uni contro gli altri da chi, dall'alto, determina la loro miseria. Ma se è di questo che stiamo parlando, come possiamo giungere alla conclusione che la guerra tra poveri si risolva con altra guerra tra poveri, cioè con la 'lotta all'immigrazione' tanto cara a fascisti e leghisti? Non sarebbe, piuttosto, il caso di considerare che solo la difesa dei diritti degli immigrati, la fine della loro criminalizzazione, può rafforzare i miserabili autoctoni, altrimenti sottomessi alla concorrenza di un esercito industriale di riserva composto da disperati disposti a tutto, lavoratori docili perfettamente disciplinabili? Non si è ancora capito che la Boldrini e Salvini remano nella stessa, identica, direzione? I primi istituendo i CPT, i secondi trasformando l'immigrato in criminale, hanno entrambi contribuito a calpestare la dignità dei disperati che fuggono dalle nostre guerre, producendo così il prototipo del lavoratore docile, disciplinato, muto. Costituendo per questa via un invincibile esercito industriale di riserva.

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↪ Il Pedante

@Manfredi Il secondo paragrafo porta qualche esempio della guerra tra poveri in corso. Il terzo paragrafo ne spiega il "significato storico", cioè le politiche di scarsità.

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↪ Manfredi

@Il Pedante Provo a chiarire i miei dubbi. Il post si chiude condannando l'idea che si possa combattere la schiavitù importando schiavi. Come se l'importazione di schiavi, ossia l'immigrazione dei nostri tempi, possa essere considerata in sé una politica, una scelta consapevole della classe dirigente. Io sono perfettamente d'accordo con questa idea, se ci concentriamo sul fatto che stiamo importando *schiavi*: in quanto schiavi, gli immigrati sono (tra le altre cose) usati come un'arma contro i lavoratori nazionali, ingrossando le fila di un disperato esercito industriale di riserva. Se questa è l'analisi del problema, allora quel problema si risolve liberando gli immigrati dalla loro condizione di schiavitù, e chi si oppone a questa linea (leghisti e fascisti in primis, con le loro iniziative anti-immigrati) non fa che alimentare la guerra tra poveri, a favore di chi trae profitto dalla schiavitù.
Al contrario, sono in pieno disaccordo con quella stessa proposizione ('stiamo importando schiavi') se ci concentriamo sul verbo *importare*, come amano fare fascisti e leghisti. In una falsa contrapposizione con la Boldrini di turno, infatti, la destra si propone di risolvere il problema "bloccando" l'immigrazione. Come se ciò fosse possibile. Come se questo flusso di disperati non fosse il prodotto storico ineludibile di un disordine mondiale organizzato, quello sì, dalle nostre classi dirigenti. Insomma: giusto qualificare come guerra tra poveri l'immigrazione, sbagliato pensare di terminare quella guerra frenando l'immigrazione. I miei dubbi sul post derivano dalla possibilità che tutta l'analisi (corretta) sia deviata sul binario morto della chiusura delle frontiere, un mito utile solo agli schiavisti, come ci insegna la storia. Grazie per l'attenzione.

Rispondi

↪ Il Pedante

@Manfredi Ciò che Lei scrive è già nell'articolo, sicché eviterò di giustificarmi rispetto a ciò che non ho mai espresso né pensato. Sull'ultimo punto, di cui infatti l'articolo non parla, avrei qualche riserva metodologica. Le migrazioni sono fenomeni delle scienze sociali, non di quelle esatte. Una volta chiarito (e scritto) che "oggi li si costringe con la violenza del debito, della guerra e dello sfruttamento - che i deportazionisti buoni chiamano rispettivamente aiuti (sic) internazionali, missioni di peacekeeping e investimenti diretti esteri, e li sostengono pulendosi la coscienza con un'agile mossa lessicale", è disonesto non ammettere che:
1) il controllo dei transiti alle frontiere possiamo anche chiamarlo muri, filo spinato, torretta di Auschwitz ecc. per furor simbolico e idologico, ma resta comunque un presidio di civiltà e autodeterminazione dei popoli. Il commento di Bombadillo chiarisce in modo equilibrato il punto;
2) l'apertura delle frontiere è evidentemente una concausa dell'immigrazione, di qualsiasi tipo;
3) gli esseri umani in movimento sono anche "in sé una politica, una scelta consapevole della classe dirigente": ne ho dato esempio nell'articolo (quelli che abbiamo-bisogno-di-30-milioni-di-migranti, che sono politici, non salumieri) ed è una triste realtà geopolitica link
Quando sento parlare di inevitabilità (TINA) metto mano alla fondina. La invito a fare lo stesso.

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↪ Bombadillo

Carissimi,
credo che sia necessario sventare un equivoco, altrimenti finiamo per diventare intimamente contraddittori.
Se si è capito davvero che il costante flusso di immigrati è strumentale alla deflazione salariale -lato sensu intesa, come diminuzione dei salari, delle garanzie, etc-, poi non si può pensare, almeno se si vuole essere conseguenti, che la soluzione sia quella di importare più immigrati. Come, di grazia, ciò libererebbe quelli che ci sono, e gli altri che si vorrebbero importare, dalla loro condizione sfavorevole? Si è compresa la semplice legge della domanda e dell'offerta? Se, a parità di offerta di lavoro, fai aumentare sempre ed illimitatamente la sua domanda, è una legge economica basilare, ed inevitabile, che la contropartita per lo svolgimento di tale lavoro tenderà a diminuire sempre più.
L'unico modo per migliorare la condizione socio-economica degli stranieri già presenti, oltre che quella dei cittadini -che, come ho ampiamente dimostrato nello scorso commento, dovrebbe essere prioritaria per il nostro Stato-, è quella di non farne entrare altri. Altrimenti, non potrà che peggiorare. Non è mica un'opinione, è matematico: ci saranno ancora più stranieri che reclamano quei -sempre meno- posti per i famosi lavori che gli italiani non vogliono fare più, e chi offre tali posti di lavoro potrà farlo a condizioni sempre più sfavorevoli (per i lavoratori, e, correlativamente, favorevoli per lui).
Io ho una cara amica e collega -o, se vogliamo, ex collega: nel senso che io sono a tempo pieno, e l'avvocato non lo faccio più- che lavora tantissimo difendendo gli immigrati. Questi stranieri, per avere il permesso di soggiorno, devono avere il lavoro, e devono essere in regola coi contributi, non può trattarsi di un lavoro "a nero". Ciò comporta che, normalmente, questi lavapiatti (aut similia) si pagano i contributi da soli! Dai, facciamone entrare ancora di più, e allora sì che li libereremo...o forse, più probabilmente, finirà che pagheranno loro per poter lavorare.
Ovviamente, siccome i lavapiatti (aut similia) servono, se invece di avere 10 stranieri in fila per un posto, avessi 10 posti/datori che si contendono uno straniero lavoratore, il discorso si ribalterebbe; è davvero così difficile da capire?
Poi, se la priorità non è quella di dire la cosa giusta, ma di non essere d'accordo con fascisti e leghisti, e chiaro che si arriva a queste contraddizioni.
Io sono meridionalista, e quindi figuriamoci che simpatia posso avere per i leghisti (i fascisti, come forza politica, non ci sono), ma se dicono una cosa giusta -c'è bisogno di meno immigrati-, se pur per una ragione sbagliata, non vedo perché io dovrei dire il contrario, pur di differenziarmi da loro.
E' sempre meglio chi è per qualcosa di giusto, se pur per i motivi sbagliati, di chi, al contrario, propone ricette sbagliate (che poi sono già in atto, quindi...), per pretesi motivi nobili.
Tom Bombadillo

Rispondi

↪ Il Pedante

Caro @Bombadillo, mi sono permesso di spostare il Suo commento nel thread già iniziato per dare continuità allo scambio.
Come già nella chiusa dell'ultimo commento, osservavo che sul punto si è creata una classica situazione TINA (There Is No Alternative). I padroni del mondo, dopo averlo devastato e destabilizzato, ci mettono davanti allo strazio delle vittime: "DOVETE farli entrare tutti, DOVETE svalutare il lavoro e l'esistenza vostra *E* degli stranieri. DOVETE rinunciare alla sovranità sui confini. Non avete scelta, sennò siete dei mostri". TINA è il marchio di fabbrica della tecnocrazia. Serve appunto a costringere coloro che avrebbero diversamente scelto togliendo loro la possibilità di scegliere, attraverso il più potente dei moventi: la colpa. Ciò include, come Lei nota, anche la prostituzione delle categorie oppositive storiche (io le chiamo simboliche) alla propria causa: "se non apri i confini sei fascioleghista".

Rispondi

↪ Manfredi

@Il Pedante
Purtroppo il suo secondo paragrafo, che voleva "portare qualche esempio della guerra tra poveri", ci parla solo di un lato di quella guerra, come se le cannonate le sparassero solo loro, gli immigrati: mancano clamorosamente i pur copiosi esempi di violenza e ingiustizia inferte dai nostri agli altri disperati. Sarà questa dimenticanza che mi ha fatto intravedere quella "riserva metodologica" che pure non è esplicita nell'articolo.
Io sono tra quelli che pensano che i confini debbano esistere, gli stati nazionali - presidio di democrazia e autoderminazione dei popoli - non possono farne a meno. Cosa farne? Qui sta il punto. Chiudere le frontiere agli immigrati che scappano dalle nostre guerre e ruberie significa usare i confini contro chi, nella storia, sta dalla stessa parte degli sfruttati del mondo occidentale. Infatti, fino a che le nostre guerre e ruberie continueranno, ci sarà sempre qualcuno disposto a rischiare la vita pur di darle un senso: non credo di scadere nella retorica dell'assenza di alternative (TINA) se fotografo la natura strutturale del fenomeno (storico, non certo naturale!) delle migrazioni di massa. In questo senso, nessun muro fermerà, in senso letterale, l'immigrazione. L'unico risultato della chiusura delle frontiere, come l'emblematica storia del confine tra Messico e Stati Uniti ci insegna, è la trasformazione sistematica dei migranti in criminali ricattabili, lavoratori docili. In una parola, in schiavi: non è un caso che la retorica dei muri sia sempre stata cavalcata dal partito dei padroncini del Nord Est. Proseguiamo il ragionamento, e qui vengo anche ai punti sollevati da Bombadillo.
@Il Pedante @Bombadillo
La vostra obiezione è: se non chiudiamo le frontiere 1) verranno tutti da noi, 2) spingendo al ribasso i nostri salari e dunque 3) rovinandoci la vita, quindi meglio tenerli fuori. Sono un economista, quindi mi concentro sul punto 2), sicuro che il giurista hobbit comprenderà la mia esigenza di entrare nei dettagli del suo ragionamento sulla determinazione dei salari. Si tratta di una digressione teorica, ma spero che si comprenda come essa, piuttosto che essere una divagazione, intenda risolvere il nodo che sta alla base del nostro equivoco.
Cosa determina i salari? Bombadillo ci riporta la visione dominante in materia: entro una concezione astorica dell'economia, il prezzo del lavoro è determinato come qualsiasi altro prezzo, cioè in un mercato (il mercato del lavoro), dall'incontro tra domanda e offerta (categorie che vanno intese nel senso opposto rispetto a quanto Bombadillo dice: il lavoro lo offre il lavoratore e lo domanda l'impresa). Il grado di egemonia di questa spiegazione dei fenomeni economici permette a Bombadillo di presentare una particolare teoria, sviluppata dalla fine del 1800 e tutt'oggi discutibile e discussa, come "la semplice legge della domanda e dell'offerta". Non è semplice affatto (ma non è questo il luogo per criticarla), e nasce in contrapposizione alla spiegazione dei salari sviluppata in precedenza (e ripresa dopo il 1960 da alcuni): secondo gli economisti classici (Adam Smith, David Ricardo) e secondo Marx, il salario non è affatto determinato, come un qualsiasi prezzo di mercato, dall'incontro tra domanda e offerta, ma è determinato dalle condizioni politiche e istituzionali di ciascun particolare contesto storico, i cosiddetti rapporti di forza tra le classi. L'economia appare, entro questo diverso paradigma teorico, come una scienza sociale, radicata nell'analisi storica, e non come una scienza esatta, come vorrebbe la teoria dominante, incentrata sui principi della scarsità delle risorse. Ecco, se abbandoniamo la spiegazione dell'economia che giustifica l'austerità e proviamo a dare seguito alla teoria dei classici e di Marx, notiamo che la vostra conclusione in merito alla necessità di chiudere le frontiere viene meno, fino a ribaltarsi nel suo contrario. Mi spiego: se i salari dipendono dai rapporti di forza tra lavoratori e datori di lavoro, tutto ciò che peggiora le condizioni dei lavoratori (i muri, ad esempio, che aumentano la ricattabilità della forza lavoro migrante) rafforza i padroni e dunque produce un abbassamento dei salari; al contrario, tutto ciò che rafforza i lavoratori (maggiori diritti per gli immigrati, in modo da non trasformarli in un'arma di ricatto per i lavoratori nazionali) indebolisce i padroni, e dunque crea le condizioni per cui i salari possano crescere.
Concludo parafrasando Bombadillo: è il costante flusso di schiavi, e non semplicemente di immigrati, ad essere strumentale alla deflazione salariale. Quindi, per essere conseguenti, se vogliamo combattere la deflazione salariale non possiamo prendercela con altri salariati, ma dobbiamo rivolgere altrove le nostre attenzioni. E ripeto (sperando a questo punto che sia chiaro che non sono mosso da pregiudizi ma cerco anch'io di "dire la cosa giusta"): non è un caso che i padroncini del Nord Est ed i loro lacché puntino ossessivamente il dito verso l'immigrato che occupa la casa dell'invalido.

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↪ Il Pedante

Sig. @Manfredi La ringrazio per l'esauriente risposta. Nel ribadire ancora una volta (spero l'ultima) che nessuno qui "se la prende con gli immigrati" e che ho ritenuto - forse mancando di atuzia dialettica - di delegare gli esempi di violenza contro gli stranieri all'articolo di Voci dall'Estero linkato alla parola "malissimo", condivido la Sua analisi economica. Naturalmente oggi le premesse sono altre. Gli immigrati, esattamente come gli autoctoni, sono sottoposti a un sistema di scarsità contro il quale questo blog è in prima linea IN OGNI SUO SINGOLO ARTICOLO. In questo contesto l'immigrazione è strumento di accrescimento della schiavitù e non vedo come possa aiutare a risolverla e non invece a esacerbarla. Gli immigrati (lo sono anch'io, quindi posso parlarne) hanno anche e soprattutto il vantaggio di non potersi permettere la lotta politica e di classe. Non è che si può entrare in una casa che brucia e dire "se non ci fosse l'incendio non mi scotterei". Prima bisogna spegnerlo. (P.S., i padroncini del Nord Est stanno comunque morendo come mosche, oggi le nuove imprese le aprono i capibaracca stranieri che sfruttano i connazionali).

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↪ Luca De Grandis

@Manfredi
Mi scusi sig. Manfredi, ma mi pare che da economista lei faccia un uso alquanto "parziale" della teoria economica per sostenere la sua tesi (il numero di immigrati non influenza il livello dei salari negativamente).
Innanzitutto lei cita (tra gli altri) Marx per sostenere la tesi che il salario non funziona come un normale prezzo e che quindi la teoria della domanda e dell'offerta non sia applicabile, ma si dimentica di parlare dell'esercito industriale di riserva (sempre teorizzato dal nostro "barbone") e di come questo sia funzionale all'industriale per tenere i salari bassi. L'immigrato che arriva in un paese in crisi di domanda, una volta passato da clandestino irregolare a lavoratore tutelato, andra' con buona probabilita' ad ingrossare le fila di questo "esercito".
Inoltre nella sua ricostruzione "parziale" si dimentica anche della curva di Phillips e della relazione tra disoccupazione e livelli generali dei salari (che vanno poi ad influenzare i prezzi).
Se mamma Merkel ha chiamato a se i profughi dalle guerre di tutto il mondo, non l'ha fatto per bonta' o (solo) per mero calcolo politico (ritorno di immagine), ma perche' "incentivata" dalla confindustria tedesca che ha bisogno di lavoratori qualificati a basso costo.
Se immigrati in regola e non criminalizzati sono funzionali agli industriali tedeschi per fare deflazione salariale in un'economia quasi con piena occupazione (sotto al 5%), come puo' credere che lo stesso fenomeno non sia funzionale allo stesso fine in un'economia, come quella italiana, che viaggia su tassi di disoccupazione in doppia cifra da anni?

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↪ Bombadillo

Caro Manfredi,
ovviamente, l’espressione da me usata, offerta di posti di lavoro, è vista dalla parte del datore (e, correlativamente, quella di chi vuole lavorare diventa domanda: mi piace più porla così, visto che per troppi italiani della mia generazione il lavoro è un miraggio), mentre offerta di lavoro tout court è vista dalla parte del lavoratore (è quella del datore diventa domanda): è solo una questione di prospettiva, non cambia nulla.
Ora, siccome sono un giurista – ma francamente, non è che ci sia bisogno di esserlo, per capirlo -, non sarà certo a me che può sfuggire che, oltre alla legge della domanda e dell’offerta - per altro, per qualsiasi mercato, e non solo per quello del lavoro - contano anche (non solo, e non invece, ma anche) le condizioni politiche e istituzionali. Mi risulta piuttosto evidente, infatti, che il legislatore può tutelare il contraente debole, ponendo dei limiti, delle rigidità verso il basso, alla legge economica della domanda e dell’offerta, e questa è una scelta politica che dipende dai rapporti di forza tra le classi, e anche da altro (concezione della vita propria delle classi - dominanti e subalterne - in quel periodo storico, etc.).
Questo è il caso paradigmatico, sì, è vero, del contratto di lavoro, ma ancor prima di quello di credito, cioè dell’usura: grande e piccola che sia, infatti, se chiedo un interesse sempre usura è.
Proprio per questo, la storia del pensiero liberale, e proto-liberale, come per il tanto decantato rinascimento italiano o, ancora più chiaramente, per il protestantesimo tedesco, è semplicemente la storia della liberalizzazione dell’usura che, una volta che si è passati alla moneta a valore convenzionale, si è trasformata nella storia per l’indipendenza delle banche di emissione.
Perché dovrebbe essere reato, è un libero contratto? Ma il pensiero cattolico si è sempre ribellato: non c’è alcuna libertà, ma sfruttamento dello stato di bisogno del contraente debole.
Ora, di fatto, siamo in una situazione in cui si stanno smantellando le leggi a favore dei lavoratori (contraenti deboli), proprio inseguendo il mito liberale – che come economista conoscerai bene - per cui, se il mercato non risolve da solo le crisi, è perché non è libero, ma la legge gli impone dei vincoli, delle rigidità, in relazione al mercato del lavoro.
Quindi, siamo di fronte ad un’azione sinergica, ad una causalità multifattoriale: da un lato, si diminuiscono le leggi a tutela del contraente debole lavoratore; dall’altro, si aumenta indefinitivamente la domanda di posti di lavoro, tramite l’ingresso di sempre nuovi immigrati (del resto, sono sempre gli stessi, cioè gli USA, che hanno creato entrambe le situazioni).
Dunque, chi vuole stare dalla parte giusta, deve contrastare entrambe le cose, o cause, se davvero non vuole l’effetto (del resto, ciò significa appunto essere conseguenti: se non voglio l’effetto, non devo volere le cause; tutte le cause, non scegliendo, di fiore in fiore, ciò che non contrasta con la mia coscienza di sinistra): sia il jobs act e la sua possibile estensione alla PA, sia lo squilibrio permanente, a favore dei datori, del mercato del lavoro, mediante ingresso illimitato di richiedenti posti di lavoro.
I “cattivi”, d’altronde -non certo a caso-, sono per tutte e due le cose. Allora, però, i “buoni” devono essere contro entrambe: se uno è a favore della prima, ma contrario alla seconda; oppure, come te, è (immagino) contrario alla prima, ma favorevole alla seconda – e questo per qualsiasi ragione: è indifferente; è il risultato che conta -, è in contraddizione con se stesso.
Non sono i muri che creano gli schiavi, ma sono le entrate a dismisura di nuovi richiedenti lavoro in un mercato ormai saturo.
Certo, se avessi una legislazione iper-garantista per i lavoratori, attenueresti il fenomeno, ma a meno di immaginare uno Stato totalitario (un bel socialismo reale?) o, almeno, autoritario, invece dell’attuale, le leggi funzionano sempre fino ad un certo punto, e non possono reggere uno squilibrio mostruoso del mercato, come abbondantemente dimostrato dalla storia del proibizionismo americano: semplicemente, se la realtà preme troppo, non vengono rispettate.
Questo sulla questione del mercato del lavoro, e quindi dal punto di vista più economico, che però non è il solo, o il più importante: c’è prima quello dei diritti costituzionali di prestazione, innanzitutto –almeno se vogliamo restare nel perimetro della nostra Costituzione, e, non so tu, ma io voglio restarci- nei confronti dei cittadini; e su questo non hai neppure controbattuto. Perché, vedi, un limite si trova sempre, nella realtà dei fatti. E solo chi è accecato dall’ideologia che non lo vede, e se i fatti gli danno torto –perché qui non è che parliamo per ipotesi, ma per fatti che comunque si stanno verificando, sono già in corso; non c’è bisogno di teorizzare, basta guardare-, allora tanto peggio per i fatti.
Passo e chiudo.
Tom Bombadillo
il Primo Nato, il Messere
Signore della Vecchia Foresta
(altro che hobbit!)

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↪ Luca

@Manfredi Il modo in cui imbastisci dei pistolotti in latinorum da centro sociale per arrivare sempre, alla fine, a sminuire l'occupazione di una casa popolare assegnata a un cittadino italiano invalido è decisamente disgustoso, caro amico. Si tratta di una persona, e di un cittadino italiano (per di più in condizioni di svantaggio) a cui è stato sottratto un diritto fondamentale e irrinunciabile: quello a una casa dignitosa, e a una vita dignitosa. Non mi fa paura chi punta il dito in modo ossessivo su questa occorrenza, ma chi, come te, dal sottobosco "anti-contro-bojkottaro" la sminuisce. O non capisci, oppure capisci e te ne fotti. Comunque sei pericoloso.

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↪ Ippolito Grimaldi

Probabilmente sono un ingenuo, ma credo che non sia giusto accogliere nel nostro paese sotto l' egida morale della solidarietà gli stranieri per poi abbandonarli alla competizione nel mercato del lavoro, alla competizione per un alloggio popolare, alla competizione per le cure sanitarie, alla competizione, qualunque essa sia, con le fasce piú deboli dei cittadini italiani.
Non é giusto nei confronti degli immigrati e non é giusto nei confronti dei cittadini italiani; non é giusto nei confronti dei deboli di qualunque nazionalità essi siano.
Se è la solidarietà umana che muove le nostre coscienze all' accoglienza dei profughi, dei migranti, dei diseredati (italiani e non) tutto il sistema di accoglienza deve essere svolto all' insegna della solidarietà e non della competizione e senza nascondersi dietro il falso problema della limitatezza delle risorse, della coperta corta ed altre amenità del genere.

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↪ Mario Donnini

@Manfredi Le metà verità non soddisfano. L’infermiera Bettina è lo Stato che deve assolvere al dovere della solidarietà verso i cittadini bisognosi (p.es., l’art.38 Cost.). Il disabile lasciato morire è il cittadino verso il quale lo Stato è stato inadempiente. I Principi che sostanziano la trama della Costituzione non ammettono graduatorie di merito. Forse che si può negare la “Libertà” per difetto di risorse? Adempiuto il dettato costituzionale, c’è , poi, il messaggio di Cristo, che ispira la cristianità: “Ama il prossimo tuo, come te stesso”; dove il concetto di prossimità non significa “tutti” e “come te stesso” presuppone che si ami "te stesso”. Infine, una cosa è il dovere costituzionale, un’altra cosa è il sostegno alle altre nazioni (ma come?), un’altra, ancora, è l’invasione. Tralascio il malaffare che il “regime" sostiene senza più pudore. La prevengo: Se manca l’equilibrio fra i poteri costituzionali e se manca il pluralismo nell’informazione, non c’è democrazia, ma c’è un regime; nel caso, per conto terzi.

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Anna

E intanto stamattina Today, la trasmissione di BBC Radio 4, ha affrontato il tema delle sofferenze bancarie in Italia. Il giornalista ha chiesto all'"esperto" come mai l'Italia non provveda al salvataggio (bail out) delle banche come fece la Gran Bretagna nel 2008. La domanda è stata chiara e diretta, come fanno di solito i giornalisti in UK (e qui ci vorrebbe un bel facciamo come da dedicare a tutti i giornalisti italiani, e a quelli della Rai in particolare). La risposta è stata scioccante. Secondo l'"esperto", in Italia non ci sono fondi sufficienti per un'operazione del genere! E certo, mica sono le regole UE a vietarlo! Mi è sorto il dubbio che l'"esperto" in questione non sia obiettivo, nè preparato ...

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Bombadillo

Caro Pedante,
sull’interessante tema che proponi e sviluppi con la solita padronanza, mi viene innanzitutto da segnalare che, giuridicamente, la Repubblica italiana non ha gli stessi doveri nei confronti dei cittadini italiani e di quelli stranieri: questo, beninteso, non significa che non abbia doveri anche nei confronti degli stranieri, ma che i cittadini italiani vengono prima di loro, possono vantare maggior diritti, e sono più garantiti. Questo è un fatto piuttosto ovvio, scontato, ma nell’attuale stato di confusione mentale che caratterizza, purtroppo, fin troppa gente, diventa utile ribadirlo: si vede che hai ragione tu, quando scrivi che ripetere l’ovvio…Per altro, se mi riferisco ai doveri dello Stato nei confronti dei cittadini, chiaramente non rinvio a qualche oscuro regolamento, ma alla Costituzione.
In questa Repubblica italiana, piaccia o dispiaccia, gli stranieri vengono dopo dei cittadini. Se poi, invece, si vuole approdare ad una nuova Repubblica italiana (o ad una forma di Stato che Repubblica italiana non è più, vuoi perché non è repubblica, ma oligarchia, vuoi perché non ha più nulla di italiano, perché è cosmopolita), mutando la parte immutabile della Costituzione, si è molto vicini ad un atto di guerra civile.
Nella mia materia, ad es., appare chiaramente il minore livello di garanzia per l’estradizione riferito agli stranieri (art. 10) e ai cittadini (art. 26). Ma, più in generale, è facile rendersi conto che alcuni diritti la Costituzione li attribuisce a tutti, come i diritti umani (art. 2), quello di professare liberamente la propria religione (art. 19), o di manifestare il proprio pensiero (art. 21), altri li attribuisce espressamente ai soli cittadini, come il diritto al lavoro (art. 4) –fermo restando che se lo straniero è lavoratore assume tutti i diritti, anche costituzionali, connessi a tale status, a partire da quello ad una retribuzione proporzionata (art. 36)-, alla circolazione (art. 16), all’associazione (art. 18), se inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi, al mantenimento e all'assistenza sociale (38), etc. Giusto la questione dell’art. 3 è un poco più complessa, e non è questa la sede per affrontarla.
Poi c’è il tema delle risorse, introdotto dal commentatore Pierfrancesco.
Ah, se ci fossero più risorse, potremmo accogliere tutti, ma non ci sono per via di corruzione, evasione, etc. Qui mi pare fondamentale rispondere che non siamo in una crisi di produzione e di offerta, ma di liquidità e di domanda, dunque, le risorse non ci sono non per via di corruzione ed evasione, ma perché è stata artificialmente creata e mantenuta una situazione di rarefazione monetaria, di cui si avvantaggiano solo i prestatori professionali di denaro, oltre che, incidentalmente, gli imprenditori stranieri che vengono a fare compere di marchi in Italia.
Ma un punto dev’essere chiaro, anche se domani il Pedante, con alle spalle una maggioranza parlamentare schiacciante, divenisse Presidente del Consiglio, uscisse dall’euro e da tutti i trattati connessi, e iniziasse a finanziare la crescita in deficit, facendoci facilmente tornare in quattro-cinque anni (se non ce lo ammazzano prima) la potenza economica mondiale che eravamo nonostante corruzione ed evasione, ugualmente non potremmo accogliere tutti.
Accogliere tutti sarebbe impossibile, anche in un’età dell’oro con il Pedante al posto di Renzi. E’ un mito che esprime solo il disordine mentale di chi vi crede. C’è sempre un limite, che certamente si innalza nei periodi di vacche grasse, ma non per questo scompare, e questo limite è dato dal mantenimento di quei doveri che lo Stato ha nei confronti dei cittadini, ed anche degli stranieri. Quando, cioè, uno Stato si accorge che accogliere più stranieri comporterebbe l’impossibilità di adempiere ai propri obblighi di prestazione nei confronti dei cittadini, e pure degli stranieri residenti, dovrebbe comunque “dire basta”.
Ora, invece, siamo in una situazione in cui lo Stato, per colpa di una classe politica eterodiretta, non assolve ai propri obblighi di prestazione nei nostri confronti, e utilizza la valanga di immigrati, che lui stesso contribuisce a creare stando sempre dalla parte sbagliata in campo internazionale (cioè sempre dalla parte della destabilizzazione dei territori dai quali gli immigrati, di conseguenza, inevitabilmente provengono), per comprimere ulteriormente i diritti dei cittadini, nonché degli stessi stranieri già residenti in Italia, e dei lavoratori, siano essi cittadini o stranieri.
E’ il solito trucco: quando la politica vuole comprimere i diritti dei lavoratori, per farlo -mantenendo, però, la maschera buonista- li mette in concorrenza con quelli dei consumatori, e, quando vuole comprimere i diritti dei cittadini, mantenendo la stessa maschera, li mette in concorrenza con quelli degli stranieri. Ovviamente, fregando poi tutti allegramente, lavoratori e consumatori (che anche lavoratori sono), cittadini e stranieri (che poi si trovano ad essere residenti senza diritti di prestazione).
Per svelare il trucco, in cui cadono troppi italiani in buona fede come il commentatore Pierfrancesco, basta tornare alla gerarchia di valori della Costituzione, che infatti tutela il lavoro e i lavoratori –come il risparmio e i risparmiatori-, e non il consumo e i consumatori, e, analogamente, tutela i cittadini prima e più degli stranieri.
Tom Bombadll - Tom Bombadillo

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↪ L'Immeritocrate

@Bombadillo Ma, al di là dell'aspetto economico, sicuramente importante, non è forse più importante l'aspetto democratico? Mi sembra che fingere di farsi carico degli immigrati sia l'ennesima faccia paternalista della stessa medaglia che ci dà l'euro e il vincolo esterno. Ovvero: l'obiettivo non è mai, nemmeno a parole, l'autodeterminazione, ma sempre il fingere proteggere in nome di un ideale superiore. La soluzione piddina sarebbe estendere il diritto di voto agli immigrati, nella presunta identità voto=democrazia, che mi pare sia già stata analizzata su queste pagine (intendo: quale reale democrazia ci può essere se l'unica cosa condivisa sono le catene?). Questa mi sembra, sinceramente, l'obiezione più forte alla critica di Manfredi. In altre parole, credo che l'unica cosa da fare sia NON fare lo schifo che stiamo facendo dai Balcani all'India. Altra soluzione mi pare non ci sia.
Egregio pedante, sarò per lavoro in quella che - mi pare - sia la sua città d'adozione. Voglio sperare che il caso ci faccia incontrare.

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↪ Bombadillo

@L'Immeritocrate,
mi incuriosisce molto il tuo n.n., me lo spieghi?
La questione del voto agli immigrati è figlia soprattutto del calcolo elettorale, che poi è una delle poche cose che appassiona davvero i politici. Il problema economico, invece, è strettamente connesso a quello democratico, almeno se inteso in senso sostanziale, con riferimento alle libertà positive e ai diritti di prestazione, e non come metodo del voto: che poi è un metodo oligarchico, mentre quello democratico è il sorteggio.
Tom

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↪ L'Immeritocrate

@Bombadillo A dire il vero, il mio nome non è frutto di grande riflessione, mi è venuto un po' così la prima volta che volevo commentare qui e, se non ricordo male, si parlava di meritocrazia. Credo nasca dal fatto che, per lavoro, si pensa che dovrei essere tenuto a credere nella meritocrazia, mentre a me sembra un'idea molto sbagliata per molti motivi, primo fra tutti perché è solo un sinonimo di conformismo.
Sono d'accordo, ovviamente, sul fatto che economia e politica sono legate. Quello che intendevo dire è che, al di là anche del problema economico, mi sembra che il voler (fingere di) risolvere i problemi degli altri, invece che i propri, sia emblematico di un metodo paternalista e, quindi, profondamente antidemocratico. Nulla che non fosse stato in realtà già detto, ma mi è venuta voglia di ribadirlo.

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Andrea Evangelista

su "la velleità di competere a frontiere aperte e a cambio fisso" riporto il link ad un commento su Facebook, di pochi giorni anteriore a questo post, del vicepresidente dei senatori del PD alle parole di Bernie Sanders contro i trattati di libero scambio: link
in cui ci si appella ad un falso terzomondismo globalista per competere sul costo del lavoro, da sinistra.

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Marco

Ti ringrazio. Come sempre leggerti è un piacere per la mente. Auspico che tu possa avere la risonanza che meriti, in questo mondo popolato da buoi.

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roberto

Articolo condivisibile.
Ho l'impressione, a giudicare dalla velocità con cui si stanno ripristinando i controlli alle frontiere in diversi paesi europei, che già da quest'anno ci sarà un'inversione di rotta sulla gestione dei cosiddetti “migranti”.
La piccola Macedonia, ad esempio, sta facendo un grande lavoro respingendo le orde di finti profughi che si ammassano alle sue frontiere. È auspicabile che l'esempio macedone sia seguito al più presto da tutti i paesi investiti dal fenomeno migratorio. Ed è altresì auspicabile che si comincino ad arrestare i vari arruffa-popolo che ben si distinguono su tutti i fronti dell'invasione dei cosiddetti migranti, a partire dagli esponenti delle presunte “associazioni umanitarie” che da alcuni anni lavorano alacremente contro gli interessi nazionali degli stati dell'Ue.
Altrimenti, se continuiamo così, tra non molto vedremo in azione milizie in funzione anti-immigrati come già accade in Finlandia, ad esempio - ma il fenomeno sembra estendersi anche a Svezia e Norvegia -, dove sono comparsi i “soldati di Odino” che di notte perlustrano le strade per prevenire comportamenti illegali da parte dei cosiddetti profughi.
Va anche notato che nel 2015 in Germania si sono verificati circa 850 attacchi - in prevalenza incendi - contro le strutture che ospitano profughi. Gli attacchi sono in enorme crescita rispetto al 2014. A ciò vanno aggiunte le aggressioni individuali di tipo xenofobo.
Per farla breve, più le popolazioni europee si trovano a diretto contatto con i cosiddetti profughi, e meno li sopportano.
roberto r

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monscolombo

Di solito, prima di postare i suoi scritti su FB, scelgo un paragrafo come introduzione; oggi mi mette in difficoltà: non so quale scegliere. Faccio mio il commento di Lorenzo.
Grazie.

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Luca

Pienamente d'accordo. E vedere che la sinistra che è sempre stata, fino a relativamente pochi anni fa, la mia area politica di riferimento. dal PD fino alle frange più estremiste sostiene l'immigrazione non capendone le conseguenze, oppure capendole benissimo e facendo finta di niente, lo trovo decisamente avvilente.
Io mi chiedo se sotto a queste politiche, in chi le implementa, non ci sia addirittura un progetto di "soluzione finale" per le popolazioni europee, ancorché non dichiarato e applicato con modalità meno cruente di quelle del Nazismo.

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↪ Francesco

@Luca
Certo che c'e' un piano, e molto antico: il Piano Kalergi, sponsorizzato ed attuato dall'ONU. UFFICIALMENTE. Leggasi il documento ONU:
Replacement Migration:
Is It a Solution to Declining and Ageing Populations?
A cura di:
Department of Economic and Social Affairs
Population Division
link
link
Il titolo si spiega da solo : REPLACEMENT MIGRATION, cioe' migrazioni FINALIZZATE ALLA SOSTITUZIONE DEGLI AUTOCTONI.
Peter Sutherland e' uno di questi criminali, attuatore del Piano Kalergi di quasi 100 anni fa.

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Pierfrancesco

Certo, ma l'immigrazione e la povertà non si combattono nemmeno appoggiando guerre farlocche e inutili e tramite "regolarizzazioni" che in realtà sono respingimenti di disperati, e dunque implicite condanne a morte.
Il costo annuo dell'evasione fiscale nell'unione europea è di mille miliardi di euro, quello per la gestione degli immigrati è di 12,5. Con leggi serie contro l'evasione, con lo stracciamento del trattato di dublino III, con una seria legge anticorruzione l'Italia non sarebbe ridotta alla miseria, e insieme all'europa potrebbe attuare politiche di aiuto sia interno che esterno (politica estera).
Buonista (ovvero falsamente buono) è chi vorrebbe risolvere questo problema complesso solo tramite l'accoglienza, senza colpire in primis il sistema europeo. Ma il pezzo di merda rimane pezzo di merda: il veramente cattivo rimane veramente cattivo.
La politica dei respingimenti, dell'accoglienza solo per "motivi di guerra" è barbarica e meschina. Anche chi scappa da una povertà estrema ha diritto alla salute e alla felicità, e (spero che quanto segue non sia il suo caso) non è facendo discorsi bassamente utilitaristici o nazionalistici che si risolverà il problema.

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↪ Il Pedante

@Pierfrancesco Ho una buona notizia per Lei: l'evasione fiscale e la corruzione sono già vietate dalla legge.

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↪ Stefano Longagnani

@Il Pedante ...però lei è proprio pedante! ;-)

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↪ Fabio Sciatore

@Pierfrancesco E pensa poi che in Italia, in termini di IRES non pagato, il maggior volume di evasione lo fanno le banche! E semplicemente perché per loro non è obbligatorio. Hai idea di quanto sia complesso, anche per un parlamento "onesto" legiferare in materia? Dico, forse sarebbe il caso che mentre i politici risolvono l'annoso problema dell'evasione, risolto il quale staremmo meglio di tutti gli altri paesi che evadono quanto noi, si preoccupassero di non appiattire, almeno di non sventrare, il sistema di tutele per le condizioni di vita delle fasce più deboli usando fra l'altro il grimaldello salariale e ideologico dell'immigrazione. Tutele che già esistono, o esistevano, come ci ricorda il Pedante.

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lorenzo

Grazie preziosissimo pedante, mi aiuti a mettere insieme pensieri altrimenti troppo fragili e confusi, mi stimoli a cercare il senso dove mi sembra che senso non si voglia che ci sia.

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