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Gatekeeping


Per gli scienziati della comunicazione il termine gatekeeping indica l'omissione selettiva delle notizie da parte di un organo di stampa o di un'autorità politica, per influenzare l'opinione pubblica. Il primo a scriverne fu il ricercatore David Manning White nel saggio The Gatekeeper: A Case Study in the Selection of News (1950). Utilizzando categorie a noi più vicine, il gatekeeping così inteso è uno spin di tipo passivo - dove cioè lo spin doctor non fabbrica le notizie, ma le omette - e anticipa la fattispecie della «falsa sineddoche» introdotta da Vladimiro Giacché ne La fabbrica del falso. Lì si osservava come la manipolazione del pubblico non scaturisca tanto dalla mancata informazione, quanto piuttosto dalla sua propensione a interpretare la totalità dell'evento relato sulla base delle informazioni selezionate dal gatekeeper. Come nella figura retorica della sineddoche, la parte diventa così il tutto e lo deforma per adattarlo ai significati di chi l'ha estrapolata. A chiosa di quella intuizione, scrivevo ne La crisi narrata:

poiché il lettore... tenderà a riempire gli spazi vuoti tra gli episodi narrati per ricostruire interiormente una visione dell’oggetto intero che replichi quegli input informativi istintivamente assunti come rappresentativi, la disonestà del narratore non risiede tanto nella reticenza o nei giudizi quanto nella sottintesa promessa di offrire un campionario di rappresentazioni proporzionalmente fedele alla realtà.

Negli ultimi anni si è diffusa una seconda accezione del termine, piuttosto lontana dall'originale, in cui l'elemento da trattenere non è più l'informazione bensì la sua possibilità di sortire gli effetti per i quali è stata concepita e diffusa. Ciò avviene segregandone i messaggi in un «recinto» (gate) dialettico e affidandoli alla sorveglianza di un «guardiano» (gatekeeper) che, allo scopo, si intitola il discorso da contenere facendosene leader, portavoce, finanziatore, ispiratore, teorico ecc. Egemonizzata la dialettica a sé ostile, il gatekeeper può così dettarne i contenuti e sterilizzarne gli esiti, ad esempio politici, censurarli o asservirli a scopi diversi da quelli originali, in certi casi opposti. Il gatekeeping così inteso può ricondursi a due momenti o requisiti più uno: intitolazione + segregazione (+ perversione).

La tecnica pubblicitaria offre numerosi esempi. In uno spot di qualche anno fa si reclamizzava un marchio di biscotti raccontando per immagini l'esistenza felice di una famiglia presso un vecchio mulino immerso nella campagna. La trama rispecchiava il desiderio del pubblico di consumare cibi genuini nella cornice rassicurante di manifatture artigiane, affetti famigliari e pasesaggi incontaminati. Dovrebbe perciò strabiliare che il suo scopo era invece quello di promuovere... prodotti industriali fabbricati in serie in qualche grigio capannone di periferia, con conservanti e additivi certamente estranei a ogni canone di «tradizione». I registi prima blandivano i destinatari mettendone empaticamente in scena i bisogni, poi, conquistata la loro fiducia, accreditatisi cioè come titolari e interpreti credibili di quei bisogni (intitolazione), li indirizzavano verso la loro negazione (perversione). Lo spot tracciava il «recinto» dentro cui si catturava (segregazione) un discorso che, qualora libero di svilupparsi, avrebbe minato gli interessi della committenza. Intitolandoselo ne sfruttava invece la seduzione per promuovere quegli interessi.

Il cinema di Hollywood è un altro, mastodontico, laboratorio di gatekeeping nella misura in cui si presta alla rappresentazione (intitolazione) dei mali della società occidentale e nordamericana - corruzione, collusione dei poteri pubblici con organizzazioni private e criminali, militarismo, terrorismo, mercificazione e tecnicizzazione della vita umana, deindustrializzazione, violenza, degrado, esclusione sociale ecc. - per soffocare in fasce la denuncia e le eventuali contromisure politiche del pubblico (segregazione). In che modo? Includendo nella finzione cinematografica gli «anticorpi» che sconfiggono quei mali e attribuendo loro il lieto fine della trama: un manipolo di (super)eroi senza paura, funzionari e soldati integerrimi, la «parte sana» della società, un cattivo che si pente ecc. sì da coltivare nello spettatore la percezione di una civiltà nonostante tutto in grado di emendare se stessa o, ancora più a monte, di stigmatizzare ed espiare in pubblico le proprie vergogne.

***

Nelle vicende politiche è plausibile che il gatekeeping sia sempre esistito, in qualche forma. Giuseppe Tomasi di Lampedusa faceva dire a un suo personaggio che «se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi», che cioè chi ha interesse a mantenere lo status quo deve intitolarsi le istanze del cambiamento per portarle su un binario morto e, possibilmente, arruolarne i fautori contro ogni tentativo di cambiamento reale. È in democrazia che il gatekeeping trova il suo terreno ideale perché lì, non potendosi reprimere l'espressione delle idee, chi ne è minacciato non può che farle sue per attenuarle, screditarle o dirottarle secondo il proprio vantaggio. Non è però un investimento inutile, né eccessivo. Calatosi tra le fila dei suoi antagonisti, il gatekeeper li assimila e li lega a sé tessendo una rete di obbligazioni reali e morali che rendono difficile, quando non impossibile, la sua identificazione nel campo ostilee, quindi, anche una schietta contrapposizione di interessi, ad esempio di classe. Ecco il vantaggio: che il gatekeeping scombina la dialettica amico-nemico e la intorbidisce non solo perché poggia in definizione sul travestimento, ma più ancora perché, nel propagarlo a cascata, fa sì che i kept diventino keeper e mettano il loro zelo a sorvegliare il recinto. Sarebbe perciò fuorviante parlare di buona o cattiva fede.

Può anzi darsi una lettura spersonalizzata del fenomeno e riconoscervi il sistema immunitario di un investimento sociale che va difeso non tanto dai suoi nemici, ma prima dai suoi fallimenti. Perché le strategie di questa risposta rivelano il vizio fondamentale, il nucleo molle di un ordine sociale che dichiara di reggersi sul libero incontro di domanda e offerta - di prodotti e servizi, ma anche di idee, di proposte politiche - che nella pratica premia però chi rappresenta empaticamente i bisogni e non chi li soddisfa, chi narra i problemi e non chi li risolve. Si spiega così la fitta coltre di simboli e di narrazioni, quasi sempre infantili, che opprimono la sedicente epoca del freddo dato scientifico e gli investimenti davvero abnormi che assorbono le succitate industrie cinematografica e pubblicitaria, per tacere di quella dell'«opinione» giornalistica. Sul palcoscenico di questo baraccone perenne si mimano i bisogni materiali e spirituali degli uomini per esorcizzare la loro negazione. È la «société du spectacle» di Guy Debord dove «le consommateur réel devient consommateur d'illusions».

La strategia funziona? Ni. Riprendendo una formula antica, il gatekeeping reincarna i circences che scaldano il tifo delle masse, lo polarizzano e lo indirizzano verso fini reconditi sotto insegne manifeste. Per essere efficace il suo traino deve però andare in pariglia con un più tangibile panem, con un vantaggio diretto o indiretto che ne lubrifichi la forzatura. Se è ad esempio vero che alcuni partiti comunisti nel dopoguerra hanno assolto anche al compito di disattivare i propositi rivoluzionari dei loro elettori segregandoli nel recinto delle democrazie liberali, ciò poté avvenire solo perché al contempo vi fu un effettivo miglioramento delle condizioni economiche e lavorative delle classi subalterne. L'operazione diventava così «perdonabile». Ma, senza panem, il gatekeeping è nudo come il re della fiaba, si scopre e divora se stesso nella sovrapposizione di ciò che afferma e poi nega. Non dura.

A questo stadio terminale e grottesco sembra avviato un mercato che impone i suoi prodotti - strumenti finanziari, «rivoluzioni digitali» inutili e ingombranti, farmacoterapie di massa ecc. - fingendone sempre più stancamente i benefici o le briciole di panem per i consumatori, mentre quasi sempre consegna l'opposto di ciò che promette. E così anche la politica. Con il referendum consultivo del 2015 Alexis Tsipras sollecitava e incassava dai suoi concittadini il mandato di rifiutare esattamente quegli stessi provvedimenti (qui e qui) che i suoi governi avrebbero poi attuato, con uno zelo tanto feroce verso il basso quanto servile verso l'alto e consegnando il Paese a una schiavitù simil-coloniale. Anche tra chi ne ha acclamato le ragioni non è mancata la consapevolezza che con quel voltafaccia il leader greco fondava l'archetipo del gatekeeping europeista, di un progetto politico continentale che ormai si regge solo sulla negazione di sé, sull'eterno rimando a un'«altra» Europa che non esiste né si intravede.

Il gatekeeping rivela così la sua proprietà ultima, che è epistemica e antropologica. Non segnala solo l'affanno di un sistema ma anche un bisogno di verità così forte da rappresentare l'esca commerciale ed elettorale più appetitosa e smentire una volta e per sempre la retorica infame di un popolino assetato di «fake news». Al contrario, sono i rapporti di forza in essere e i loro istituti - produttivi, economici, politici, culturali - che per conservare i loro squilibri patologici devono prostituire e tradire la verità, tanto più sfacciatamente quanto più il baricentro si sposta verso l'alto e verso i pochi, spogliando la base.

Queste tendenze, e il fatto che si parli oggi di gatekeeping in questa accezione, suggeriscono che la forbice tra teoria e prassi si sta allargando in modo insopportabile, pericoloso, fino all'inversione. E traducono un allarme: che se la democrazia non ha materialmente più nulla da dare, presto potrebbe non avere più nulla da dire.


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Commenti

Ly

Grazie per la chiarezza. Ho imparato cosa succede oggi.

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Massimo Franceschini

Interessante assai... da parte mia lascio come contributo questa playlist in cui provo ad indicare alcuni gatekeeping:
GATEKEEPING: link

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disperato

Giusto per rimarcare l'ovvio, il gatekeeping funziona anche, se non soprattutto, grazie a una demolizione del senso critico delle persone, in cui la qualità della scuola gioca un ruolo centrale. A questo proposito, per capire a che punto siamo, segnalo la videoconferenza dal titolo: "Marco Cuzzi, Lucio Russo: IN NOME DELLE COMPETENZE", in questa il Russo ripete ciò che ha detto tante altre volte, ma i problemi sono sempre lì, anzi si aggravano col tempo, per cui credo non sarà inutile riascoltarlo.
La nostra civiltà (non è un problema solo italiano) sta saltando, stiamo vivendo un crollo paragonabile al passaggio dall'ellenismo all'epoca romana (che fu già decadenza, almeno sul piano scientifico), se non peggio.
Prenderne coscienza è il primo passo doveroso, poi speriamo che gli dei ci aiutino.
L'idea di Russo di creare almeno delle isole di sopravvivenza mi sembra l'unica percorribile.
Saluti.

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DANILO FABBRONI

MMMHHHH..... CITARE DEBORD è UN PASSO FALSO: NIENTE FU PIU' MISTIFICATORE DI DEBORD E DEL SUO METORE LEBOVICI....

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la funambola

caro Pedante
rileggendo ho pensato a lei :)
così voglio condividere anche se ; forse; OT :)
molti baci e abbracci
Esegesi del decadimento
Ognuno di noi è nato con una dose di purezza, predestinata a essere corrotta dal commercio con gli uomini, da questo peccato contro la solitudine.
Giacchè ognuno di noi fa l’impossibile per non essere votato a se stesso.
Il nostro simile non è fatalità bensì tentazione di decadimento.
Incapaci di mantenere pulite le nostre mani e inalterati i nostri cuori, noi ci sporchiamo a contatto con sudori estranei, ci avvoltoliamo, assetati di disgusto e bramosi di pestilenza, nel fango unanime.
E quando sogniamo mari convertiti in acqua benedetta, è troppo tardi per immergervisi, e la nostra corruzione troppo profonda ci impedisce di annegarvi: il mondo ha infestato la nostra solitudine; su di noi le tracce degli altri diventano indelebili.
Nella scala delle creature, soltanto l’uomo ispira un disgusto costante.
La ripugnanza che provoca una bestia è passeggera, non matura in alcun modo nel pensiero, mentre i nostri simili assillano le nostre riflessioni, si infiltrano nel meccanismo del nostro distacco dal mondo per confermarci nel nostro sistema di rifiuto e di non adesione.
Dopo ogni conversazione, la cui raffinatezza indica da sola il livello di una civiltà, perchè mai è impossibile non rimpiangere il sahara e non invidiare le piante o i monologhi infiniti della zoologia?
Se con ogni nostra parola riportiamo una vittoria sul nulla, è solo per subirne ancor più il dominio.
Noi moriamo in proporzione alle parole che spargiamo intorno a noi.
Coloro che parlano non hanno segreti.
E tutti noi parliamo.
Ci tradiamo, esibiamo il nostro cuore;
carnefice dell’indicibile, ognuno di noi si accanisce nella distruzione di tutti i misteri, a cominciare dai propri.
E se ci incontriamo con gli altri, è per avvilirci insieme in una corsa verso il vuoto – che sia negli scambi di idee, nelle confessioni o negli intrighi.
La curiosità non ha provocato soltanto la prima caduta, ma anche quelle innumerevoli di tutti i giorni.
La vita non è altro che questa impazienza di decadere, di prostituire le solitudini verginali dell’anima mediante il dialogo, negazione immemoriale e quotidiana del Paradiso.
L’uomo dovrebbe ascoltare se stesso nell’estasi senza fine del Verbo intrasmissibile, forgiarsi parole per i propri silenzi e accordi percettibili unicamente ai propri rimpianti.
E invece è il chiaccherone dell’universo: parla a nome degli altri: il suo io ama il plurale.
E chi parla a nome degli altri è sempre un impostore.
I politici, i riformatori e tutti coloro che si appelano a un pretesto collettivo sono dei truffatori.
L’unica menzogna che non sia totale è quella dell’artista, poichè egli non inventa che se stesso.
Al di fuori dell’abbandono all’incomunicabile, della sospensione nel bel mezzo delle nostre emozioni sconsolate e mute, la vita non è che fragore su una distesa senza coordinate, e l’universo una geometria epilettica.

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Bombadillo

Caro Roxgiuse,
vedo che siamo arrivati al punto: nei sistemi che si basano sulle elezioni, contano i soldi. E indovina un poco chi ha più soldi?
Non a caso, nel senso classico, ateniese, la democrazia implicava la selezione mediante sorteggio, mentre la selezione per votazione era caratteristica del sistema oligarchico.
Secondo me, ti inganni se ritieni che, cambiando la legge elettorale, mi pare di capire in senso puramente proporzionale, si otterrebbe un cambiamento delle politiche economiche. Del resto, la tesi per cui la legge elettorale condiziona le politiche economiche mi pare del tutto inedita, sono due cose tanto distanti tra loro....
Piuttosto, mi pare che qui ci sia la tendenza a idealizzare quello che si ritiene essere una democrazia (che poi, in senso classico, sarebbe una oligarchia), e poi, quando i fatti smentiscono l'idea, si conclude con un "tanto peggio per i fatti", nel senso che si esclude, contro ogni evidenza, che siamo in una democrazia parlamentare, oppure si sostiene che siamo in una democrazia incompiuta: la cui incompiutezza, in definitiva, consiste proprio e solo nella mancata corrispondenza della realtà dei fatti ai risultati attesi.
Insomma, invece di modificare la teoria per adattarla alla realtà fattuale, si modifica la realtà fattuale per adattarla alla teoria.
Anche questo mi ricorda Stalin, secondo la teoria comunista, la eliminazione dei kulaki e la collettivizzazione dell'agricoltura avrebbe comportato l'aumento della produzione, solo che comportava il contrario... La teoria era sbagliata? No, è che non si era ancora fatto abbastanza in tal senso, il processo era incompiuto...
Tom

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↪ Bombadillo

P.S.: per altro, è facile notare che tutte le riforme di cui oggi paghiamo le conseguenze, tutti i semi che ora sono diventati alberi mostruosi lesivi dei diritti di prestazione costituzionalmente previsti, sono precedenti alle elezioni del 1994, le prime con sistema maggioritario (o, comunque, misto).
Durante il periodo di vigenza di legge elettorale proporzionale abbiamo avuto: divorzio (punto essenziale), abolizione della scala mobile, trattato di Maastricht.
Se volessimo indicare un anno, a livello internazionale, per l'inizio della rimonta del capitale (se si vuole, l'anno in cui sono partiti con la semina), potremmo scegliere, simbolicamente, il 1974: anno del nobel a von Hayek. Credo sia dell'anno successivo il primo tentativo, infruttuoso, di Napolitano, di andare negli USA. Sarebbe interessante -anche per verificarne l'anno- recuperare l'intervista, ma vado a memoria, in cui Berlinguer disse che l'inflazione è la più iniqua delle tasse (le parole non erano quelle, ma il senso sì). Potremmo ritenerlo l'anno dell'ufficializzazione del tradimento politico, visto che trattasi della "madre di tutte le bugie" della propaganda liberista (è interessante pure l'espressione buffa con cui la dice Monti, se non ricordo male ad un convegno in memoria di Andreatta, reperibile su youtube). Però è già dalla fine degli anni settanta che stavano riposizionandosi, perché risultava evidente che il mostro, prima o poi, era destinato a morire, e loro -beninteso: del tutto legittimamente- non volevano finire schiacciati dal crollo del muro (e, in effetti, ci sono riusciti).
Quindi è inutile specificare: democrazia (non basta), democrazia parlamentare (ma perché, le altre non sono democrazie?...e comunque non basta), allora che sia democrazia parlamentare con legge elettorale proporzionale (e, magari, "scappellamento a destra", perché se invece a sinistra, è per quello che non ha funzionato).
Come dimostrato dalla storia italiana recente, infatti -piaccia o dispiaccia-, anche la democrazia parlamentare con legge elettorale proporzionale non è in alcun modo incompatibile con l'adozione di politiche economiche liberiste.
Tom

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↪ chinacat

Gentile @Bombadillo , e difatti:
a) "Insomma, invece di modificare la teoria per adattarla alla realtà fattuale, si modifica la realtà fattuale per adattarla alla teoria."
b) "Non a caso, nel senso classico, ateniese, la democrazia implicava la selezione mediante sorteggio, mentre la selezione per votazione era caratteristica del sistema oligarchico. "
La parola al prof. Luciano Canfora:
"Sarebbe facile osservare che, del sistema ateniese, l’autore, Bouricius, e forse anche Ségolène, hanno un’idea a dir poco fanciullesca. Non solo perché ignorano l’ampia letteratura ateniese coeva — da Platone a Tucidide, a Isocrate, a Demostene — che in modo martellante descrive i difetti (la corruzione e l’incompetenza in primis ) di quel sistema, ma anche perché lascia in ombra un fatto capitale: che cioè le cariche decisive della città — i dieci strateghi, gli ipparchi e gli amministratori delle finanze — ERANO ELETTIVE , e inoltre, nella prassi, riservate a cittadini appartenenti alle classi più ricche. Pericle, Cleone, Nicia, Alcibiade detengono il potere effettivo perché lo conquistano con campagne elettorali. "
(Articolo del 5-9-2015)
Il lettore potrà valutare da solo la Sua attendibilità.
Chinacat

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↪ Bombadillo

... sì, appunto, è noto che uno dei principali argomenti dei fautori dell'oligarchia (elezioni), contro quelli che parteggiavano per la democrazia (sorteggio), era che anche quest'ultimi, per particolari cariche di maggiori responsabilità, e che implicavano capacità tecniche, non applicavano il sorteggio.
Mutatis mutandis, è come se oggi si procedesse a sorteggio per i membri del parlamento, ma comunque ad elezioni per quelli del governo.
Non mi è chiaro, tuttavia, in che parte ciò revocherebbe in dubbio le mie tesi, o, addirittura, la mia attendibilità, quando è chiaro che la mia frase era espressiva di un principio (il sorteggio è democratico, l'elezione è oligarchia), senza alcuna pretesa di dettaglio sull'effettiva applicazione pratica del principio in epoca classica (è piuttosto normale, del resto, che i principi, nella loro applicazione pratica, soffrano limitazioni di dettaglio, relativizzazioni, eccezioni, che però non intaccano il principio in quanto tale).
Tom

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Bombadillo

Carissimi,
questa mattina ho aperto il blog di Antonio Socci (lo straniero), e, manco a farlo apposta, mi sono trovato un post dedicato ad un libro di Zingaretti, che spiega (nel suo caso, forse, dovremmo dire confessa) quanto io fin qui ho tentato di spiegare, con alterne fortune, ovverosia che le conquiste sociali del secolo scorso sono state rese possibili dall'esistenza dell'Unione Sovietica (non dalla Costituzione rigida lavorista; né, tanto meno, dalla forma istituzionale democrazia parlamentare, che, francamente, c'entra come i cavoli a merenda, perché non esclude in alcun modo politiche liberali, cioè liberiste).
Ovviamente, però, questo dato storico non può in alcun modo portare ad una riabilitazione dell'Unione Sovietica, perché si tratta solo di un effetto collaterale positivo, del tutto accidentale, di quello che rimane un esperimento mostruoso.
Socci, poi, cita anche un'interessante intervista di Dalema, mostrando, plasticamente, come i comunisti, caduto il muro, forse proprio per far dimenticare di essere stati tali, si sono trasformati nei più entusiasti alfieri dell'ordoliberismo, facendo per la causa mercatista ciò che la destra non ha fatto (tutto, ovviamente, in un sistema di democrazia parlamentare, con leggi elettorali costituzionalmente legittime: si pensi ai governi Prodi, dove il Prodi II, che citavo nel mio scorso commento, è appunto il responsabile della privtizzazione della BdI).
Interessante la conclusione di Zingaretti (sintetizzando: abbiamo tradito la nostra classe sociale di riferimento, che infatti non ci vota/riconosce più, è ora di rimediare), ancora più interessante quella di Socci: per rimediare, però, Zingaretti dovrebbe rinnegare tutte le scelte politico-strategiche fatte dall'Ulivo e dal PD negli ultimi 25 anni, a partire dall'euro (chi non ricorda il futuro "dividendo dell'euro" di cui parlava Prodi?), dovrebbe riconoscere il suo secondo fallimento storico. Un nuovo muro di Berlino.
Consiglio la lettura.
Tom

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↪ chinacat

LUOGO: scuola italiana "George Orwell"
TEMA: le conquiste sociali della Rivoluzione Francese
SVOLGIMENTO:
Dato che nel 1789 non esisteval'Unione Sovietica, rossa e comunista, è evidente che le conquiste sociali della Rivoluzione Francese sono da attribuirsi alla presenza del pianeta Marte, rosso e quindi comunista.
Chinacat
Voto: 10 cum laude

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↪ Roxgiuse

Gentile @Bombadillo, dissento sulla possibilità che una democrazia parlamentare compiuta, cioè con rapporto esatto tra elettori ed eletti, consenta politiche economiche liberiste. Per il semplice motivo che tali politiche impoveriscono la maggioranza degli elettori, i quali, almeno il 51%, ti mandano a casa. Nn per nulla la legge elettorale sembra essere diventata la questione cruciale della vita democratica. Deve garantire la governabilità, tradotto dal politichese deve far sì che la maggioranza dei rappresentati divenga minoranza in parlamento, che governi la minoranza. È una tecnica molto semplice: si prende un partito elitista referente della finanza e comprando propaganda e media lo si porta intorno al 25-30%. Nel contempo con gli stessi soldi dei referenti si finanziano gli avversari, i piu ambiziosi e riottosi alle discipline partitiche, in modo che l'opposizione si frammenti e il 30% sia sufficiente a raggungere la maggioranza dei seggi. A volte il giochino nn funziona o pare funzionare al rovescio, come per l'attuale PD che pare subire una diaspora. Ma nn si lasci ingannare, in questo caso è solo riposizionamento sui referenti della grande finanza.

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↪ chinacat

Gentile @Roxgiuse,
a conferma di quanto da Lei asserito, c'è una lampante evidenza storica che riguarda proprio l'Italia. Dal 1861 in poi i governi italiani sono liberali ed applicano misure economiche e sociali di tipo liberale; d'altronde votano solo i ricchi e quindi non ci sono alternative. Dato che possono liberamente aprire il fuoco su operai e contadini, la !questione sociale" è, per così dire, risolta.
Nel 1913 cambia la legge elettorale, il numero dei votanti viene quasi triplicato e l'unico modo che hanno i liberali per restare a galla è il compromesso con le forze cattoliche (Patto Gentiloni). Ma il "bello" arriva con le elezioni del 1919: i votanti sono circa 10 milioni, viene utilizzato il proporzionale ed il risultato è una bomba. I liberali vengono spazzati via, come non fossero mai esistiti e basta consultare i risultati per poterlo constatare.
Nel 1921 si torna a votare ma il risultato non cambia: l'unica novità sono i Blocchi Nazionali dove confluiscono i liberali, i nazionalisti (Corradini) ed i fascisti. Socialisti e popolari, come nel 1919, la fanno da padroni. Dal 1922 in poi i liberali saltano sul carro "fascista", l'unico che consenta ad una minoranza di diventare maggioranza a colpi di manganello.
E il resto è storia.
Chinacat

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Herzog

Invio un link per chi voglia conoscere un'altra perla del governo in carica:
link
Buona giornata.

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Mikez

@ Bombadillo re. Mappamondo
Ezechiele 25,17.
Pulp Fiction, 1994.
Bei tempi.

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↪ Bombadillo

Caro Mikez,
ti sarà recapitato a casa prima che tu possa dire "crostata di mirtilli".... forse non così presto.
Tom Bombadill - Tom Bombadillo
Il primo nato
Signore della Vecchia Foresta (mica pizza e fichi)
P. S. : da ultimo ho visto una "commedia nera" che mi è piaciuta tanto: La morte di Stalin (Morto Stalin se ne fa un altro, in italiano). Mi sento di consigliarla a te e agli altri.

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↪ Mikez

Caro Bombadillo,
grazie per il consiglio cinematografico.

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barabba

Allora la posizione del guineano cardinale Sarah che dichiara, in chiara opposizione con il progressismo spericolato di Bergoglio, che l'immigrazione sarà la rovina dell'Europa e della sua civiltà millenaria, video qui
link
potrebbe essere la posa di un "gatekeeper": egli non potrà che raccogliere ampi consensi all'interno delle sfere cattoliche, se è l'unico a dire le cose come stanno. Al contempo però, il suo stesso essere africano non farebbe che confermare lo sbando delle gerarchie cattoliche verso il globalismo immigrazionista e terzomondista, e quindi sterilizzare la polemica che a chiacchiere contro di quello vorrebbe scagliare.
Potrebbe essere tutto manovrato, una sua eventuale elezione al soglio accontenterebbe sia gli immigrazionisti (il papa negro!) che la maggioranza di cattolici sgomenti.
Mantenendo questa ipotesi di Sarah gatekeeper, rivelatosi poi costui un pupazzo manovrato dai soliti interessi, finirebbe per non combinare nulla, e l'attuale deriva continuerebbe, guadagnadone anzi con la sua persona (il papa negro!) un'ulteriore icona.

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chinacat

Gent.mo Mr. Pedante, spero che non Le sia sfuggita questa perla:
"C'è un articolo che non ho voluto scrivere sul Corriere. Guardando i dati della mortalità infantile in Grecia mi sono accorto che con la crisi sono aumentati i decessi di bambini: 700 bambini in più rispetto a prima della crisi."
(Federico Fubini)
Se continuano a fare "outing" in questo modo, Le fanno chiudere il blog per mancanza di argomenti :)
Chinacat

Rispondi

Bombadillo

Carissimi,
il punto politico mi pare: ma lega e 5s sono la versione italiana del compagno greco?
Si sono apprioriati, politicamente, del discorso lato sensu anti-euro, per poi, nella sostanza, non fare nulla di diverso da quello che avrebbe fatto il PD?
A parte il contrasto all'immigrazione, cioè, vecchio cavallo di battaglia della lega di Bossi, 5s e lega sono espressione di continuità mascherata da cambiamento?
Tom

Rispondi

↪ chinacat

Gentile @Bombadillo , mi scusi ma vorrei farle una domanda. Non per spirito di polemica o altro ma giusto per capire se stiamo parlando della stessa cosa. La domanda è questa:
Lei pensa davvero di vivere in una democrazia parlamentare?
Chinacat

Rispondi

↪ Bombadillo

Caro Chinacat,
certo che viviamo in una democrazia parlamentare, questo è un dato di fatto, ma non bisogna farsi troppe illusioni su quello che tale assetto istituzionale comporta.
Io, di certo, non me ne faccio.
Tom

Rispondi

↪ chinacat

Gentile @Bombadillo , scusi se la prendo in giro un momento :)
Una tavola chiodata è una tavola chiodata; se ci dorme sopra può anche chiamarla "letto" ma sempre tavola chiodata rimane. E quindi definire il nostro sistema "democrazia parlamentare" però specificando di non nutrire illusioni su cosa comporta... è come dire "io dormo sul letto ma non nutro illusioni sul fatto che domattina sarò pieno di buchi per via dei chiodi." :)
E se ci liberassimo del linguaggio da "servi" ed iniziassimo a chiamare le cose con il loro nome, non sarebbe un primo passo verso la "liberazione"? Usare il linguaggio dei "padroni" è la prima cosa che dovremmo smettere di fare. Gli stessi padroni che ci hanno imposto di chiamare "crisi da debito pubblico" quello che in realtà era una "crisi da debito privato."
Certo, potremmo anche definirla in altro modo: "crisi dei soggetti che non sono pubblici" oppure "crisi di debito che però non fa capo allo Stato quindi è colpa di altri" oppure (stile Boldrin) "crisi di quei cretini degli italiani che hanno vissuto al di sopra dei propri mezzi" ... ma questo significa fare il gioco del padrone.
Purtroppo abbiamo cessato di essere una "democrazia parlamentare" e il fatto stesso (non l'opinione ma il fatto) che sia possibile violare APERTAMENTE la Costituzione Italiana è la famosa pistola fumante perché la Costituzione Italiana è la base di quella democrazia parlamentare di cui all'art.1.
Esempi concreti di come di fatto non siamo più una democrazia parlamentare ce ne sono a dozzine, si tratta solo di iniziare a chiare le cose con il loro nome.
Non so quanto Lei sia pratico di regimi totalitari ma c'è una cosa che le posso assicurare: la PRIMA cosa che cambia è il linguaggio. Poi arriva tutto il resto ma una cosa la si nota: immediatamente il linguaggio cambia con l'utilizzo di eufemismi per coprire come stanno le cose.
Scrive il Pedante: "se la democrazia non ha materialmente più nulla da dare, presto potrebbe non avere più nulla da dire." E ha ragione da vendere: se non possiamo più chiamare le cose con il loro nome, cosa ci resta dire?
Chinacat

Rispondi

↪ Bombadillo

Caro Chinacat,
figurati...
Il punto è che, per te, una democrazia parlamentare, fisiologicamente, è un letto di petali di rose e, solo patologicamente, diventa un letto di chiodi. Per me, invece, lo stato attuale della nostra democrazia parlamentare riflette ciò che tale assetto istituzionale fisiologicamente comporta, ovverosia che, qualsiasi parte vinca e vada al potere politico (debole), farà l'interesse del potere economico (forte).
Tom

Rispondi

↪ disperato

Gentile @chinacat, credo che Bombadillo volesse solo rimarcare che Lui è un monarchico (inoltre non vota, mi baso sulle Sue dichiarazioni, posizione rispettabilissima, ma a mio avviso perdente), per questo non si fa illusioni sulla democrazia parlamentare. Io invece sono pienamente d'accordo con Lei, il problema è la Costituzione, e non nel senso che sarebbe obsoleta (tesi Renzi, Boldrin...), ma in quanto disapplicata (tesi Bagnai, Borghi, Malvezzi, Galloni, Rinaldi...).
Adesso ci sono le europee, speriamo che il risultato sia "sovranista", e che cambiando il vento qualche magistrato si svegli. Non se ne può più di bail-in, pareggio di bilancio (che è si in Costituzione ma sconfessa tutta la prima parte), leggi commerciali contro l'interesse nazionale, tso su persone sane (parlo dei vaccini).
Dopotutto le leggi per applicarsi devono essere interpretate, e l'interpretazione si sa dipende molto dalle condizioni al contorno, se cambiano le condizioni al contorno (vincono i sovranisti), cambia anche l'interpretazione. Tutto molto umano.

Rispondi

↪ chinacat

Gentile @Bombadillo , mi scusi:
"Il punto è che, per te, una democrazia parlamentare, fisiologicamente, è un letto di petali di rose e, solo patologicamente, diventa un letto di chiodi"
No. Una democrazia parlamentare è una forma istituzionale attraverso la quale si regola la vita della comunità. Non deve essere e non lo sarà mai un letto di petali di rose, avrà sempre qualche difetto ma può garantire un equilibrato sviluppo della società. Questo è il suo scopo.
Quando cessa le sue funzioni, come nel caso dell'Italia, le regole che la fanno funzionare cambiano e se diventa un letto di chiodi per i cittadini (non tutti, ovviamente) lo diventa perché la si vuol far diventare un letto di chiodi ma continuando a chiamarla democrazia parlamentare per evitare che coloro che hanno la sovranità, cioè quelli che patiscono i chiodi, se ne rendano conto.
Il sistema della democrazia parlamentare regolato dalla nostra Costituzione ha consentito a questa nazione di passare, nel giro di 34 anni (che in termini storici sono pochissimi) da zero a 7a potenza industriale al mondo: 1946-1980.
Quel che era l'Italia nel 1946 è qualcosa che neanche si immagina, a meno che non abbia sgranocchiato anche Lei parecchi libri sull'argomento. Come ci siamo riusciti? Devastati da una guerra spaventosa, senza uno straccio di materie prime, con livelli di analfabetismo stratosferici, dopo oltre 20 anni di regime totalitario che ha impedito qualsiasi tipo di sviluppo intellettuale... sulla carta saremmo dovuti restare ai livelli di una Romania se non peggio.
Il "miracolo" lo hanno fatto gli italiani all'interno di un sistema, la democrazia parlamentare, che ha consentito un certo equilibrio tra i "deboli" ed i "forti". E' stato quell'assetto istituzionale che ci ha creato le condizioni del "miracolo". Lo abbiamo sostanzialmente smantellato e adesso ne paghiamo le conseguenze.
Chinacat

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↪ chinacat

Gentile @disperato, sulla monarchia meglio il no comment: è da quando lessi "I re taumaturghi" del grandissimo Marc Bloc che la sola parola monarchia mi procura accessi di ilarità.
Ma Le faccio notare una cosa: lei usa l'espressione "sovranista". Questa espressione, come è facile dimostrare viene utilizzata per disprezzare o demonizzare l'interlocutore. Ed è surreale, se uno ci pensa: disprezzare il diritto alla sovranità, chiaramente specificato all'art. 1 della Costituzione, significa disprezzare la Costituzione in quanto tale. Ed è la conferma di quanto ho affermato in precedenza: quando si instaura un regime totalitario, la prima cosa che cambia è il linguaggio (non lo dico io ma numerosi studi sull'argomento). E la stessa parola che PRIMA aveva un significato, DOPO ne ha uno completamente diverso.*
E se è stato possibile farlo con una parola, sovranità, il cui significato è chiaro, cosa sarà possibile fare in campo economico, con l'utilizzo di una lingua di gomma come l'inglese?
Oppure in campo medico riguardo ai vaccini: basta utilizzare un po' di terminologia tecnica in bocca ad un tizio con il titolo "Professore" davanti ed è garantito che un qualunque genitore sarà disposto a vaccinare il pargolo anche contro la Pesta Nera.
Chinacat
*"Le origini culturali del Terzo Reich" di George L. Mosse affronta nel dettaglio l'utilizzo del linguaggio nel passaggio da Weimar al nazismo e dato che ci siamo faccio notare una cosa, a proposito di "democrazia parlamentare": la Costituzione di Weimar rimase in vigore anche DOPO il 1933 e non fu mai abolita dal nuovo regime. Stessa cosa in Italia: lo Statuto Albertino non fu MAI abolito dal fascismo e fino al 1939 esisteva la Camera dei Deputati. Si può avere una Costituzione, si può avere anche una Camera dei Deputati e ogni tanto si possono anche far votare i cittadini ma non è detto che ci sia la democrazia.

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↪ Richi Mazze

Gentile @Bombadillo, non lo so. Capisco i dubbi degli impazienti. Trovo, però, uno spiraglio di speranza (nel senso che un partito che schiera Bagnai, Borghi, Zanni, Rinaldi mi sembra l'unica realistica possibilità di uscire dall'euro in maniera pacifica) nel constatare che tutti i media "seri" riservano un trattamento diverso a questo governo rispetto a siryza o Tsipras. Usando questa cartina tornasole resto un po' fiducioso e ottimista, senza votare: all'estero per le europee non è previsto! (sigh)

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↪ Bombadillo

Caro chinchat,
senza polemica, ma a me -e lo scrivo da "studente" del diritto pubblico-, che la democrazia parlamentare, in Italia, abbia cessato le sue funzioni, non risulta.
Per quanto riguarda, poi, il letto di rose, non mi pare il caso di attacarsi ad un'espressione che, evidentemente, ho usato solo per contrasto con il letto di chiodi che avevi evocato tu.
Quindi quel tuo "No", così perentorio, è davvero fuori luogo.
Perché invece è un Sì: tu ritieni la democrazia parlamentare un sistema istituzionale particolarmente vantaggioso in sé per il popolo.
Addirittura, mi pare di capire da quest'ultima risposta -siceramente, non me lo sarei mai aspettatto-, che tu connetti lo sviluppo industriale italiano successivo alla IIGM, il famoso "miracolo italiano" , allo specifico assetto istituzionale (democrazia parlamentare).
Francamente, mi sembra una tesi campata in aria -personalmente, ritengo che tra le due cose non ci sia alcun nesso-, e che comunque, visto che è la tua, avresti tu l'onere di dimostrare, e non io di falsificare.
Del resto, non si può seriamente pensare che una dimostrazione in tal senso sia dato dal mancato equivalente sviluppo, nello stesso periodo, dell'economia rumena (di cui tu riferisci per "provare" il tuo assunto), per le semplici ma fondamentali ragioni che: 1. l'Italia non è la Romania; 2. come tutti sappiamo, dopo la IIGM, la Romania subì la massima sventura terrena per una nazione, ed anche per la sua economia, ovverosia il comunismo sovietico (de che stamo a parlà?).
Generalmente, la tesi -già più ragionevole- è che, non tanto la forma istituzionale (democrazia parlamentare), quanto, piuttosto, la nostra Costituzione social-democratica, ricca di diritti di prestazione o libertà positive che dir si voglia, abbia consentito, non lo sviluppo, ma la distribuzione dei benefici di tale sviluppo a tutte le classi sociali (che è cosa affatto diversa).
Questo sarebbe molto bello.
Ma questa cosa non è la verità.
La verità è che tu sei il debole, e io sono la tirannia degli uomini malvagi... ma ci sto provando, Ringo, ci sto provando con incredibile sforzo, a diventare il pastore....
...no, scherzo, ma chi indovina la citazione cinematografica, vince un mappamondo.
La verità, scrivevo, è che tale ridistribuzione della ricchezza, prevista sì dalla nostra Costituzione, è stata resa praticamente possibile, però, solo da eccezionali e irripetibilei condizioni esterne.
Francamente, è tutto così auto-evidente, per chi voglia vederlo, che non mi va di spiegarlo....
Visto che uno dei problemi è l'euro, tuttavia, forse bisognerebbe iniziare riflettendo sulla sostanziale contestualità tra Maastricht e la dissoluzione dell'Unione Sovietica.
Caro Richi Mazze, come forse avrai capito, la mia mancanza di illusioni prescinde dal merito dei governanti di turno, figuriamoci da quello dei singoli parlamentari, che contano.... Comunque, mi piace segnalare in questa sede l'ultimo DL di questo Governo, con cui si è iniziato a limitare fortemente quello che, a mio avviso, era uno "strapotere" dell'ANAC....creatura, non dimentichiamolo, del Governo Monti (per me, il male assoluto)
La direzione è quella giusta. D'altronde, basterebbe "demontizzare" l'Italia, cioè cancellare tutti provvedimenti di quel Governo, che invece rimangono indisturbati nel nostro ordinamento, per fare enormi passi in avanti.
Un caro saluto a tutti.
Tom

Rispondi

↪ Giulio

Gentile @Richi Mazze.
Borghi + Bagnai + Zanni + Rinaldi = Speranza.
Una donanda: perchè la Speranza non fa nulla per evitare che entri in funzione il Risparmiometro, ovvero la Soluzione Finale del Sistema contro i cittadini?

Rispondi

↪ chinacat

Gentile @Bombadillo, sono perplesso ma andiamo avanti.
"che tu connetti lo sviluppo industriale italiano successivo alla IIGM, il famoso "miracolo italiano" , allo specifico assetto istituzionale (democrazia parlamentare).
Francamente, mi sembra una tesi campata in aria -personalmente, ritengo che tra le due cose non ci sia alcun nesso-, e che comunque, visto che è la tua, avresti tu l'onere di dimostrare".
Vediamo se ho capito bene: io avrei l'onere di dimostrare qualcosa è lampante a chiunque abbia letto un libro di storia che non sia un testo per bambini di 6 anni? Andiamo bene.
Che esista un nesso tra forma di governo/economia/società lo si sa dal tempo dei faraoni e nel 2019 dovrei essere io a dimostrarlo? Io sono responsabile della mia ignoranza, non di quella altrui. Certo, potrei anche mettermi a cercare di spiegarlo partendo, che ne so, dalla Atene classica, con il passaggio dalla "oligarchia oplitica" alla democrazia che comporta un diverso grado e un diverso modo di gestire l'economia.
Sono passati 2.500 anni, ci sono migliaia di volumi e dovrei spiegarlo IO?
Per farlo dovrei anche mettermi a spiegare cos'è una "oligarchia oplitica" ma dato che lo spiegano altri molto meglio di me (Luciano Canfora, Paul Cartledge, Claude Mossé) fa prima ad andare a leggere loro.
"La Costituzione degli ateniesi" l'ha scritta Aristotele, insieme ai suoi allievi. La prima edizione di questo libro risale, circa al 300 a.C. Ora: se quello che era chiarissimo ad un ateniese (ma macedone) oltre 2.000 anni fa, Lei non lo vede nemmeno, qui c'è un serio problema di prospettive. Per inciso: la Costituzione Italiana fa parte della forma di governo chiamata democrazia parlamentare, non è un accessorio, visto che ne regola il funzionamento.
Quanto all'Italia ed al suo dopoguerra, meglio lasciare stare. Secondo Lei è stato possibile grazie a:
"solo da eccezionali e irripetibilei condizioni esterne."
La Madonna di Lourdes? I rettiliani? Pozzi di petrolio apparsi miracolosamente in Emilia? Strano, e io che pensavo che per capire cosa provoca quel passaggio mi affanno a leggere libri su libri... tempo perso, no? Basta tirare in ballo un qualcosa di assolutamente irrazionale ed indefinibile et voilà, 160 anni di storia economia che finiscono nella pattumiera. A che servono calcoli, statistiche, relazioni, studi comparati quando arriva un bel "miracolo"? Mettiamo San Gennaro a capo della BCE e siamo a posto.
"che la democrazia parlamentare, in Italia, abbia cessato le sue funzioni, non risulta."
Ovviamente non le risulta: se ne ignora il funzionamento, come fa a risultarle? Ha sotto gli occhi un esempio macroscopico come il 2011, se ne lamenta pure ma non lo ha capito: la sovranità spetta al popolo, non alle lettere della BCE che giuridicamente parlando valgono ZERO. E l'indirizzo politico del parlamento spetta al parlamento, NON (ripeto NON) al capo dello stato (art. 83-84-85-86-87-88-89). Anzi, l'art. 90 dice:
"Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione."
Attribuirsi da solo l'indirizzo politico è un attentato alla Costituzione perché se avessimo voluto che un tizio decidesse tutto da solo, ci saremmo tenuti il Duce. Altrimenti che ce ne facciamo dell'art. 95
"Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico..."
Per non parlare del fatto che una parlamento eletto con una legge elettorale INCOSTITUZIONALE abbia eletto un presidente che è ovviamente incostituzionale anche lui (non lo dico io, lo ha stabilito a Corte Costituzionale) ma è ovvio se non conosce la Costituzione è tempo perso.
Chinacat

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↪ Herzog

Gentile @Bombadillo ,
Riguardo alla questione se "Lega e M5S sono espressione di continuita' mascherata da cambiamento", devo dire che, a mio parere e purtroppo, occorre rispondete affermativamente.
A sostegno della mia convinzione voglio segnalare l'ultimo "gioiello" creato dal governo gialloverde: nel "Decreto crescita" pubblicato in G.U. del 30 aprile, si trova un articolo in cui viene modificato lo status giuridico dei fondi sanitari privati: essi sono equiparati agli enti NO PROFIT e cessano di essere enti di natura commerciale.
Le conseguenze di tale legge sono di portata enorme, basti pensare alle ingenti agevolazioni fiscali derivanti ai fondi sanitari privati, sul piano economico, e al sicuro ridimensionamento del sistema della sanita' pubblica, sul piano del welfare.
A una cosa del genere non era arrivato nemmeno il governo PD!
Le potenti lobbies del settore stanno brindando a champagne! La riserva di caccia grossa e' finalmente aperta!
Good luck!

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↪ Bombadillo

Caro Herzog,
in effetti, questa me l'ero persa, e sarebbe davvero molto grave. Cercherò di trovare il tempo per verificare bene il testo del provvedimento a tale specifico riguardo. Del resto, i 3 principali bottini di guerra della lobby transnazionale dei prestatori professionali di denaro -che ha suonato la riscossa sin dalla metà degli anni '70 del secolo scorso- sono quelli: previdenza, sanità e università.
Tom

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↪ disperato

Gentile @chinacat, credo che Lei sia davvero troppo duro con l'amico Bombadillo, che peraltro ha le sue ragioni. Mi spiego (e lo faccio da democratico convinto, sia chiaro, visto che l'unica monarchia che potrei tollerare è quella dove io fossi il re, e ovviamente non ci sono molte speranze in tal senso), le democrazie occidentali sono tutte, e sottolineo tutte, degenerate in società ordoliberiste governate dalle multinazionali, e questo è un fatto. Noi oggi abbiamo che ne so, Conte (il nostro Presidente del Consiglio) che deve relazionarsi e trattare con Bill Gates (quello dei vaccini obbligatori!), è chiaro che non funziona perché i rapporti di forza sono impari (a favore dell'americano). Mentre la regina Elisabetta d'Inghilterra (che è anche capo religioso) può trattare alla pari col tycoon di turno, ribadisco non ne faccio una questione personale, ma proprio di rapporti di forza.
Quindi o si trova il modo di impedire di accumulare patrimoni miliardari, con tutto quel che ne consegue, o davvero è preferibile la monarchia. Questo perché il monarca, a differenza del potentissimo e ricchissimo della multinazionale, ha il proprio destino legato mani e piedi alla nazione che guida e per cui volente o nolente deve farne gli interessi.
In una vera democrazia deve essere possibile, se si è bravi e si ha fortuna, diventare multimilionari ma non multimiliardari. Purtroppissimo noi viviamo in un altro tipo di società che non è democratica.

Rispondi

↪ chinacat

Gentile @disperato, non mi sembra di essere stato particolarmente "duro" anche se ammetto che tendo a diventare ostile con chiunque denigri o sottovaluti "gli italiani". Non so per quale motivo alcuni (troppi) italiani vadano in giro con il cilicio e quindi siano incapaci di riconoscere i meriti di questa Nazione e soprattutto di chi vi abita. Il miracolo economico non l'ha fatto il Piano Marshall (che erano spiccioli) e nemmeno chissà quale congiunzione astrale irripetibile ma il fatto che dal 1946 in poi, con tutti i suoi limiti, la società italiana ha potuto svilupparsi all'interno di un equilibrio tra capitale e lavoro che ha funzionato. Poteva andarci meglio, poteva andarci peggio ma tutto sommato ci è andata bene. Fino al 1981 circa poi inizia il declino e paradossalmente, più ci "europeizziamo", più va male e dal divorzio Banca d'Italia in poi è un costante peggioramento.
"le democrazie occidentali sono tutte, e sottolineo tutte, degenerate in società ordoliberiste governate dalle multinazionali, e questo è un fatto."
Non proprio tutte ma diciamo pure che sia vero. Ammettiamo che la tesi sia quella giusta. Quel che mi interessa capire è: 1) perché non è avvenuto prima? 2) come è potuto succedere? E dato che di oscillazioni di questo tipo nella storia dell'umanità ce ne sono a iosa, c'è molto da imparare.
Una delle costanti che si ritrova praticamente sempre è questa: non è tanto un questione di "essere miliardari" o meno ma di cosa ci puoi fare con quei soldi e questo è un fenomeno che si ritrova in tutte le società da circa 2.500 anni.* Se, come nel caso della storia di molte nazioni inclusa la nostra, il diritto di voto è concesso per censo, la società si sviluppa in una determinata direzione, anche se non ci sono miliardari in circolazione. E guarda che combinazione: non appena il diritto di voto diventa a suffragio universale (1946) la società cambia direzione.
"Mentre la regina Elisabetta d'Inghilterra (che è anche capo religioso) può trattare alla pari col tycoon di turno"
Se lo facesse sul serio, rischierebbe il collo. "The King reigns but does not rule". Regna ma non governa.
Chinacat
* La "mistoforia" venne introdotta proprio per ovviare al problema che avevano gli ateniesi: concedere ai non possidenti (non necessariamente i ricchi come li concepiamo noi) la possibilità di fare politica. Il che vuol dire due cose: a) che avevano lo stesso nostro problema e b) che le soluzioni ci sono.

Rispondi

↪ Bombadillo

Caro disperato,
quando mi sono riferito alla monarchia -per altro, non in quest'occasione-, l'ho fatto sempre in senso metastorico: "guenoniano", giusto per indicare uno dei possibili riferimenti culturali più recenti.
Effettivamente, però - come osservi tu-, se prendiamo in considerazione perfino l'ombra sbiadita di un simulacro di monarchia, ovverosia quella inglese contemporanea, possiamo osservare, ad es., che -così, almeno parrebbe-, in violazione di ogni regola, gli ultimi giorni prima del voto, in modo assolutamente inedito, la regina abbia esternato pro-brexit. Non sappiamo se per amor proprio, di patria o di popolo (o, magari, un mix di queste componenti), ma lo ha fatto.
Il punto politico, però, mi pare un altro.
Non c'è dubbio che una democrazia parlamentare possa essere liberale, nel senso economico (che poi è l'unico che conta), e produrre comunque quello che, in effetti, si sta producendo, ovverosia un ritorno alla durezza del vivere ottocentesca, senza, per questo, smettere di essere una democrazia parlamentare. Si tratta di una "tesi da blog", non a caso formulata da un soggetto che, nonostante la sua vantata supremazia culturale, e conoscenza della Costituzione (che a me mancherebbe: siamo al paradosso), scommetto che NON è un collega professore universitario di diritto pubblico.
Certo, la nostra ottima Costituzione economia ha un chiaro indirizzo lavoristico e distributivo della ricchezza (che una democrazia parlamentare non è necessitata ad avere, pur rimanendo tale) ma non bisogna ritenere che un Costituzione, solo perché rigida (altro tratto non indispensabile) riesca a vincolare la politica economica di un Paese, e questo sia perché la stessa Costituzione può essere modificata, che in quanto dev'essere interpretata da giudici che sono comunque espressione delle tendenze politiche in atto in quel momento storico.
Tom
P. S. : ovviamente, la fase fortunata per i diritti sociali che il nostro Paese ha vissuto fino alla soglia degli anni '90 (ma con premesse sovvertitrici seminate prima) è stata dovuta all' Unione Sovietica, caduta quella, hanno iniziato a riprendersi tutto.
P. P. S. : alcune tesi, per altro, sono fortemente condizionate da una vaga conoscenza solo del ruolo della nostra Corte costituzionale, in Francia, ad es., nonostante una lunga evoluzione del ruolo del Consiglio, il rapporto tra Corte e Parlamento (inteso come legislatore ordinario) è diverso, ed è forse il nostro che, da loro, potrebbe essere ritenuto meno democratico.

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↪ Bombadillo

.... veramente, che l'Italia sia l'Italia, e non, con tutto il rispetto, la Romania, sono stato io a scriverlo. Le condizioni eccezionali esterne non sono quelle che hanno causato/consentito lo sviluppo economico, io non l'ho scritto, perché non lo credo, come non credo che sia stata la forma democratica parlamentare a causarlo/consentirlo: per me, sarebbe successo ugualmente se al referendum avesse vinto la monarchia, e lo scrive uno che nutre il grande desiderio di vedere la salma di VEII fuori dal Patheon. Tali condizioni riguardano la possibilità che il benessere sia stato distribuito secondo quanto previsto dalla nostra Costituzione: non dimentichiamoci, del resto, che il nostro era il maggiore partito comunista dell'occidente, l'alternativa era concreta, e hanno dovuto concedere tanto. Senza quelle irrepetibili condizioni esterne, hai voglia ad avere una Costituzione rigida sociale e lavorista, la politica economica andrà sempre a vantaggio del capitale, nonostante la forma democratica parlamentare (che non per questo cessa).
Tom

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↪ disperato

Gentile @chinacat, lo so anch'io che la regina ElisabettaII non detiene il potere (a differenza della sua omonima ElisabettaI), però ha un patrimonio economico paragonabile a quello dei tycoons (in terre e gioielli), e soprattutto è il capo della Chiesa anglicana, questo comporta che la sua parola ha un'enorme influenza sul popolo inglese. Inoltre è, almeno così pare, l'unica tra i ricchi e potenti ad essere favorevole alla Brexit, proprio perché da regina non è apolide né per educazione né per interessi (e la Brexit conviene al popolo mentre danneggia quelli della City).
In quanto al fatto che il problema non sarebbero i soldi ma cosa ci puoi fare, e quindi le leggi dello stato, a me pare che sia vero solo fino a un certo punto, quando i patrimoni superano determinati livelli il tycoon diventa uno stato nello stato e non è più soggetto alle leggi vigenti, qualsiasi esse siano, anzi è lui che decide le leggi (Lei pensi a Bill Gates che, in quanto principale finanziatore, decide le politiche vaccinali dell'Oms).
Per il resto concordo: il miracolo economico degli italiani è merito degli italiani, banalmente.

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↪ disperato

Gentile @Bombadillo , concordo su tutto, in particolare sul fatto che la caduta del muro di Berlino ha, per così dire, tolto i freni inibitori alla oligarchia dominante.
Poi però faccio due considerazioni: 1) Il comunismo, a mio avviso, non sarà mai più una minaccia credibile per le classi dominanti. Questo perché, dopo 2500 anni di tentativi fallimentari (il primo comunista per molti è stato Platone), si è smesso di credere che possa realizzare il paradiso in terra (ovviamente qualche comunista c'è ancora ma si tratta di sparute minoranze). 2) Viviamo in un'epoca unica nella storia dell'umanità in cui, grazie al progresso tecnologico (che non è inevitabile ma fino adesso, dal 1600, c'è stato), è possibile garantire cibo, cure e un livello di vita decente a tutti (cosa che fino a pochi decenni fa non era).
Eccoci dunque alla pars construens, puntiamo su un capitalismo temperato, o socialismo (i nomi hanno poca importanza), dove ci sono i ricchi e i poveri, ma i ricchi non possano divenire troppo ricchi, tanto da porsi al di sopra della legge, e i poveri troppo poveri, da non potersi nutrire o curare.
Dopotutto, siccome i potenti sono pochi e noi siamo tanti, non dovrebbe essere un disegno così irrealizzabile. Tutto qui.
P.S. Intanto io al 26 voto Lega, e se non sapessi che è fiato sprecato La inviterei a fare altrettanto.
Cordiali saluti.

Rispondi

↪ chinacat

Gentile @Bombadillo, non sono molto simpatiche le considerazioni per interposta persona:
" non a caso formulata da un soggetto che, nonostante la sua vantata supremazia culturale"
E dove, di grazia, avrei "vantato" questa presunta "supremazia culturale"? Perché preferisco sempre citare la fonte, in modo da agevolare chiunque sia interessato all'argomento? Fosse per me mi asterrei dal farlo ma vede, è la sua "categoria" che mi costringe a farlo. Eh già:
"scommetto che NON è un collega professore universitario di diritto pubblico"
Questo si chiama vantarsi: io ho il CV e tu no. No, non sono un suo collega: "I ain't no senator son", se coglie la citazione. Ma torniamo alla sua "categoria", i suoi colleghi professori universitari. Forse Le è sfuggito un fattariello: TUTTI quelli che hanno rovinato la vita agli italiani negli ultimi 30 anni sono suoi colleghi. E' alquanto imbarazzante, se uno ci pensa bene: è come essere iscritti alle Sturmabteilung e non accorgersene. Mario Monti è un suo collega, giusto per fare un nome. Ne facciamo altri? Giuliano Amato. Romano Prodi. L'indimenticabile Elsa Fornero. Tutti professori universitari. Tutti laureati. E tutti prontissimi a mettere a disposizione le loro conoscenze per massacrare il popolo italiano. Ci sarebbe da riflettere, al posto di menarne vanto perché tra le tante cose che non vanno in questa peculiare nazione c'è anche un corpo accademico incapace di difendere ciò che insegna.
Dov'erano tutti questi docenti di diritto pubblico ed esperti di Costituzione quando veniva violata? Abbiamo assistito alla devastazione dei diritti dei cittadini nel silenzio di coloro che la Costituzione la maneggiano tutti i giorni. Sono state scritte alcune delle pagine più vergognose dell'Italia repubblicana, con presidenti della repubblica che nominano ministri pregiudicati, compra-vendita di parlamentari, leggi incostituzionali infilate in Costituzione da un parlamento eletto con una legge incostituzionale... e qui mi fermo. Ma la domanda resta: dov'era il mondo dei "dotti, medici e sapienti"?
Trovare un accademico che si occupa di economia e mandarlo in televisione a mentire è uno scherzo, se ne trovano ad ogni angolo. E quando poi uno di questi accademici "impazzisce" e si mette a spiegare per filo e per segno come stanno le cose (Lei sa a chi mi riferisco), i primi ad tirare a palle incatenate sono i suoi (di lui) colleghi. Probabilmente c'è più umanità in un branco di iene ma non sono un etologo quindi potrei sbagliarmi. E questa volta l'alibi del Regime non c'è: non siamo nel 1931 quindi nessuno rischia il carcere o il confino a Ponza. Ancora una volta, come già nel 1931, la risposta di quelli che leggono i libri è stata il silenzio, anche se nei libri che leggono c'è scritto che dovrebbero parlare.
Detto questo: Lei è sicuramente una brava persona e non mi fraintenda: ho la massima stima dei professori universitari, se non altro perché hanno scritto molti dei libri che leggo però... qui nessuno è in cattedra ed ognuno contribuisce con quel che sa, indipendentemente da come lo sa o perché lo sa.
Chinacat
PS
"Quelli che leggono i libri vanno da quelli che non leggono i libri, i poveracci, e gli dicono: "Qui ci vuole un cambiamento!" e la povera gente fa il cambiamento. E poi i più furbi di quelli che leggono i libri si siedono intorno a un tavolo, e parlano, parlano, e mangiano. Parlano e mangiano! E intanto che fine ha fatto la povera gente? Tutti morti!".

Rispondi

↪ chinacat

Gentile @disperato, che la simpatica Elisabetta II possa influenzare gli inglesi non lo si discute ma di certo non detta l'agenda ai partiti inglesi e men che meno si può mettere a dare ordini al loro parlamento. C'è una bella differenza dall'Italia dove il presidente della repubblica si può permettere di dire cosa deve fare e viene obbedito: lo ha fatto Napolitano e continua a farlo Mattarella, violando apertamente la Costituzione. La Gran Bretagna non ha nemmeno una Costituzione ma se una cosa non si può fare, non la si fa e punto.
Una precisazione la debbo fare per quanto riguarda il mio accenno alla Romania e che sembra sorprendere e sdegnare: ma l'Italia non è la Romania! E fin lì ci arrivo anche io. Si da il caso però che il mio riferimento alla Romania non era assolutamente casuale. E questo perché:
a) il Regno di Romania, che va dal 1859 al 1947, ha la stessa identica forma di governo dell'Italia, la monarchia costituzionale;
b) cosa ancora più importante, la struttura sociale ed economica della Romania è la stessa dell'Italia, se si eccettua un maggiore sviluppo industriale in alcune zone d'Italia. Per il resto sono uguali: la base economica è l'agricoltura con la relativa struttura sociale arretrata: braccianti, mezzadria, latifondismo, nobiltà e clero che dominano, basso sviluppo tecnologico e tutte le limitazioni che quel sistema comporta;
c) non è un caso infatti che in Romania si sviluppi un movimento "politico" molto simile al Fascismo italiano: la Guardia di Ferro. E la diarchia tra la casa reale e il duce (Antonescu al posto di Mussolini).
Non si tratta quindi di mie opinioni o teorie campate in aria ma ne scrivono apertamente gli studiosi di fascismo, a cominciare da Stanley Payne e Roger Griffin. Che poi è l'unico motivo per cui ne so qualcosa sulla Romania. Nel 1947 finisce, purtroppo per loro, nella sfera d'influenza dell'Unione Sovietica ed è una catastrofe ma con una precisazione importante: la dittatura comunista ha danneggiato il sistema economico rumeno tanto quanto la dittatura fascista ha danneggiato il sistema economico italiano. E il nesso tra forma di governo e sviluppo economico/sociale è lampante: le dittature, rosse o nere o pallini verdi, hanno la tendenza a sfasciare l'economia. Nemmeno la Germania ne è immune, pur avendo una struttura sociale ed economica decisamente più avanzata dell'Italia o della Romania (e non lo dico io, lo scrive Adam Tooze nel libro The Wages of Destruction, forse il miglior testo sull'economia tedesca nel periodo 1933>1945).
Chinacat

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↪ Bombadillo

Caro disperato,
non vorrei essere frainteso, io sono anti-capitalista (e il riferimento metasorico alla monarchia, insito nel mio stesso n. n., è solo in funzione, appunto, anti-capitalista), ma non nel senso marxista dell'espressione. Per i comunisti, i "cattivi", i capitalisti, sono i borghesi, addirittura i contadini che hanno il torto di essere "non poveri": sotto questo punto di vista, è paradigmatica la Costituzione dell'Unione Sovietica che riconosce (teoricamente) una serie di diritti agli operai (tutti) e ai contadini (ma specificando: solo a quelli poveri). Per questo Stalin stermino i kulaki come classe, col brillante risultato di affamare l'intera Russia. Avevano il torto di essere non poveri, borghesi, se vogliamo. I capitalisti, però, non sono né i borghesi né gli imprenditori, ma solo i prestatori professionali di denaro. Sono loro, quelli che hanno interesse esclusivamente alla rendita parassitaria (e quindi alla deflazione) che hanno un interesse opposto a quello di tutti gli altri.
Bisognerebbe intervenire su signoraggio primario e secondario. Insomma, semplificando, basterebbe tornare indietro su divorzio, scala mobile, statuto BdI (giusto quello fascista, sbagliato quello modificato dalla democrazia parlamentare, con legge elettorale costituzionale: come la mettiamo?), e per il secondario, poi, c'è sempre la proposta di Maurice Allais, che non aveva neppure il grave torto di essere universitario, perché era del CNR (francese, ovviamente).
Tom

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↪ chinacat

Gentile @Bombadillo ,
"statuto BdI (giusto quello fascista, sbagliato quello modificato dalla democrazia parlamentare, con legge elettorale costituzionale: come la mettiamo?)"
Anche un regime democratico può prendere decisioni sbagliate; quando diventano sistematiche vuol dire che non siamo più all'interno di un regime democratico, come nel caso da Lei citato.
Però... se si riferisce alla riforma della Banca d'Italia del 1936 definendola "giusta" (ed in parte lo è) la domanda è inevitabile: ma se era giusta, perché aspettare il 1936? Sono al governo (si fa per dire) dal 1922 e per fare UNA cosa giusta ci mettono 14 anni?
Perché l'hanno fatta nel 1936 e non nel 1926, dato che non c'era nessuno che potesse di impedirgli di fare quello che volevano? Perché non farla nel 1930 o nel 1931, quando era più urgente ancora, visti gli effetti del 1929?
Chinacat

Rispondi

↪ disperato

Gentile @Bombadillo , non ho mai pensato che Lei fosse marxista, e anche se cita persone che non conosco (Guenon, Allais) credo di comprendere bene il Suo pensiero, e lo condivido: basterebbe ritornare all'assetto economico-sociale che abbiamo avuto dal '45 agli anni '70. Oggi noi abbiamo politica ed economia reale al servizio della finanza, mentre dovrebbe essere (e in passato, almeno in parte, era) il contrario.
Poi semplicemente facevo notare come, a mio avviso, il comunismo si sia rivelato fallimentare in un senso non emendabile (non tutti la pensano così) . Quindi auspicavo un ritorno al mondo passato, non utopico e irrealizzabile, ma solo passato.
Certo se anche persone come Lei, istruite e intelligenti, rinunciano al diritto di voto, la vedo dura.
Anche perché questo diritto non è detto che ci sarà lasciato ancora a lungo: se prevarranno Pd, 5stelle e Forza Italia credo che la schiavitù per il popolo italiano sia inevitabile.
Saluti.

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chinacat

2) L'altro problema legato è quello legato alla mancanza di collegamenti con altre discipline (storia, economia, linguistica) o per meglio dire:
"Secondly, most early theories of gatekeeping provided questions, solutions, and foundations contextualized to their own field or discipline."
(Gatekeeping: a critical review, Karin Nohan, University of Washington, pag. 31)
Questa mancanza porta ad un nuovo paradosso. Lei utilizza l'esempio della pubblicità ma non è affatto detto che ciò che funziona bene per la vendita dei biscotti, possa funzionare bene anche per la "vendita" di una teoria economica o di una ideologia politica: i primi cambiamenti si trovano nel linguaggio utilizzato ma non ci sono studi in merito. Eppure, se ci pensa bene, la prima cosa che cambia è il linguaggio.
Il terzo fondamentale problema, legato ai due precedenti, è ben sintetizzato qui:
"Thirdly, the findings of this study show that the majority of articles focuses on gatekeepers’ roles."
(pag. 33)
Eh già, perché ogni messaggio ha un emittente ed un ricevente e purtroppo la maggior parte degli studi sono focalizzati sul primo soggetto e non sul secondo. Per chi scrive Tucidide? A chi rivolge Giulio Cesare? E chi legge, nel 1300, la Divina Commedia? E poi: se sei guelfo la leggi in un modo, se sei ghibellino la leggi in tutt'altro modo. Lei fa l'esempio del cinema di Hollywood ma ancora una volta ci troviamo di fronte ad una singola disciplina: interessante sicuramente ma se ci pensa bene la platea di un cinema include persone con diversa cultura, diversa educazione, diversa estrazione sociale. Come fa ad essere sicuro che tutti recepiscano lo stesso identico messaggio nello stesso identico modo (calcolando in più che si tratta di un prodotto che deve soddisfare uno che abita a Calcutta e uno che abita a Bergamo)?
Detto questo: il gatekeeping esiste e prospera come tutte le svariate tecniche di manipolazione delle masse ma sul come funziona ci sono ancora dei punti importanti da chiarire altrimenti non solo diventiamo tutti gatekeeper ma rischiamo di confondere i ruoli. Mi spiego meglio: si tende ad utilizzare il termine gatekeeping con forte accezione negativa ma ci sono professioni dove è più che doveroso fare del gatekeeping. Il direttore dell'Oxford Economic Papers riceve dozzine di articoli e studi tutti i giorni e se non facesse del gatekeeping finirebbe per dover pubblicare gli articoli di Oscar Giannino (e chiuderebbe dopo due giorni). Certo, può fare gatekeeping per ideologia... ma come la mettiamo con i lettori, che sono tutti accademici di quello specifico settore? Se sbatte la testa e diventa marxista quelli se ne accorgono.
Se però... riesco a trasformare il quotidiano l'Unità da organo del Partito Comunista Italiano a succursale della Goldman & Sachs... e non se ne accorge nessuno (!!) ..., allora la cosa si fa molto ma molto interessante. Purtroppo, come Le ho fatto notare, non è proprio tutto così semplice e chiaro come sembra ma spero di aver contribuito a complicare le cose :)
Chinacat
PS
Lo studio "Gatekeeping :a critical review" è del 2009 e lo si trova facilmente on line.

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↪ disperato

Gentile @chinacat, Lei è davvero sicuro che Giannino (o chi per lui) non possa pubblicare su qualche prestigiosa rivista? Ed è sicuro che questo sia un bene?
Voglio dire a parte il caso Giannino (il quale millantando lauree inesistenti si è screditato da solo, e probabilmente verrebbe davvero ignorato da eventuali riviste, ma non per quello che dice ma in quanto sprovvisto dei titoli formali per presentarsi), Lei crede che la scrematura degli articoli funzioni e sia positiva per la scienza?
In altri termini la domanda è: quis custodiet ipsos custodes?
Dovrebbe essere la Natura a incaricarsi di stabilire ciò che è vero e ciò che è falso, non qualche referee spesso in conflitto di interessi (non solo di natura economica e non necessariamente in palese malafede).
Sappiamo che molto di quello che viene pubblicato è falso (ha esperimenti non riproducibili), e probabilmente molto di quello che viene scartato (alla lunga) si rivela vero.
Spostandoci dalla scienza alla società civile, Lei pensa che l'ordine dei giornalisti sia una buona cosa, o non sarebbe meglio abolirlo?
Quando si censura lo si fa sempre a fin di bene, come dichiarazione d'intenti, ma nella pratica non è (quasi) mai una buona cosa: impedisce la nascita di idee differenti e alla fine autorizza l'idea dell'unico mondo possibile (per quanto, ormai, anche per i suoi sostenitori schifoso). Il pensiero TINA (there is no alternative).
Insomma a mio avviso il gatekeeping non è mai positivo, e quando praticato da personaggi che possiedono patrimoni di decine di miliardi (di dollari) diventa esiziale per la democrazia. Ovviamente non si può pensare che gli uomini si comportino bene per natura, semplicemente in una società sana (e veramente democratica) non dovrebbe essere possibile per nessuno possedere patrimoni miliardari.

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↪ chinacat

Gentile @disperato, provo a rispondere.
" Lei è davvero sicuro che Giannino (o chi per lui) non possa pubblicare su qualche prestigiosa rivista? Ed è sicuro che questo sia un bene?"
Quanto al primo quesito, lo escludo a priori stante lo scarsissimo livello delle "argomentazioni". Che sia un bene è evidente, altrimenti tanto vale la pena mettersi a discutere se non sia meglio fare le ruote quadrate.
Con un però. Non si può isolare il ruolo di questo tizio come gatekeeper dal contesto in cui opera, perché il punto non è tanto che dica stupidaggini ma che venga regolarmente pubblicato o chiamato in televisione. Questo è uno dei punti più importanti da tenere presente: il gatekeeper da solo non esiste.
"Lei crede che la scrematura degli articoli funzioni e sia positiva per la scienza?"
Ne fa parte, in quanto la "scienza", a mio avviso, non è concepibile senza un "metodo scientifico". Il fatto stesso, come fa sempre giustamente notare il Pedante, che stiano cercando di separare le due cose cose agli occhi dell'opinione pubblica ne è la prova. La "scrematura" altro non è che la messa in pratica del più antico metodo scientifico: qualcosa devo escludere. Naturalmente, se ci riferiamo alle pubblicazioni specialistiche si tratta di un discorso ben diverso da quello delle pubblicazioni di massa.
quis custodiet ipsos custodes?
In teoria i sorvegliati. In teoria. Il problema però non è tanto ciò che è falso poiché di falsità ne verranno sempre scritte: il problema arriva quando qualcosa di oggettivamente falso diventa oggettivamente vero "PER TUTTI". Ed il gatekeeper serve proprio a questo: la notizia che crea problemi viene scartata. O peggio ancora: si pubblica direttamente un dato falso, come ha fatto il Corriere della Sera con le cifre sulla disoccupazione in bella vista in prima pagina. Ciò che rende spaventoso questo fatto è che i famosi "TUTTI" non solo non hanno detto nulla ma hanno avallato la cosa con il loro silenzio.
Il legame tra forma di governo, società e falsità è evidente: nel 1930 il gatekeeper delle notizie era uno solo ed ci è perfettamente chiaro come funzionasse. Tutti i quotidiani scrivevano la stessa identica balla. Facile. Riuscire a farlo nel 2018 è qualcosa di molto diverso e molto preoccupante.
"Lei pensa che l'ordine dei giornalisti sia una buona cosa, o non sarebbe meglio abolirlo?"
Finché non verrà rivisto completamente il ruolo dell'informazione nella moderna società di massa, averlo o non averlo cambia ben poco. Fosse per l'ordine dei giornalisti, il Corriere della Sera potrebbe scrivere che la luna è verde: ergo è inutile. Quel che ci siamo dimenticati dopo il 1945 è che ha fatto più morti Der Angriff che Hiroshima e Nagasaki messe insieme.
Chinacat

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↪ disperato

Gentile @chinacat, probabilmente mi sono espresso male, è ovvio che la scrematura degli articoli scientifici va fatta e fa parte dello stesso metodo scientifico, mica tutte le affermazioni possono essere vere e accettate contemporaneamente (per il principio di non contraddizione trovato da Platone e alla base del pensiero occidentale e della scienza). Semplicemente sostengo che la scrematura dovrebbe essere lasciata al tempo, non ai referee, perché chi dice la verità prima o poi viene scoperto.
Lei poi afferma che l'ordine dei giornalisti in Italia non funziona, ma se capisco bene, solo perché mal gestito. Allora Le chiedo, e non è domanda retorica, Lei conosce una nazione dove l'ordine dei giornalisti esiste e permette una buona informazione? così per curiosità (la mia modestissima opinione è che, l'unico modo per far funzionare il giornalismo, è avere degli editori puri, non proprietari di altre aziende, in competizione tra loro, possibilmente non troppo ricchi, quando invece abbiamo i Bezos che si comprano il Washington Post è finita).

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↪ chinacat

Gentile @disperato, se restiamo nel campo delle pubblicazioni specialistiche, la figura del "referee" è purtroppo necessaria. Ovviamente vanno prese tutte le precauzioni possibili per evitare dei conflitti di interessi ma restano necessari. Sarebbe bello poter contare sul tempo, come suggerisce Lei, ma i tempi di noi poveri mortali non coincidono con quelli della "verità che prima o poi salta fuori".
"Allora Le chiedo, e non è domanda retorica, Lei conosce una nazione dove l'ordine dei giornalisti esiste e permette una buona informazione?"
No ma se è per questo non conosco nemmeno una nazione dove non esista e ci sia una buona informazione. Che il modello italiano sia peculiare non lo nego (e viste le origini, la cosa non mi stupisce, immagino Lei sappia da chi fu voluto) ma il nesso tra un albo professionale come quello dei giornalisti ed una corretta informazione non lo vedo (in questo contesto storico).
In Germania, il modello dei maniaci della UE, esiste la DJV (Deutscher Journalisten-Verband) ma questo non ha certo impedito di fare le riforme Hartz: hanno informato i lavoratori tedeschi che il loro salario sarebbe diminuito? Ho dei seri dubbi ... dato che poi, in ossequio alle regole del buon giornalismo teutonico, virtuoso e onesto, basta dare la colpa ai greci oppure ai pagliacci italiani. E ci credono.
Una precisazione: non è semplicemente una questione di "soldi". Il limite di velocità è indipendente dal costo della macchina e comunque si chiama democrazia. Oppure: il limite dell'istruzione di un cittadino deve essere indipendente sia dal costo che dalla disponibilità (art. 3 della Costituzione).
POI. Se chi ha i soldi abolisce per legge il codice della strada, quello è un problema diverso cioè il nostro: abbiamo venduto la Costituzione.
Chinacat

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↪ disperato

Gentile @chinacat, i conflitti di interesse possono essere di tipo economico-carrieristico o psicologico, e contro questi ultimi credo che ci sia ben poco che si possa fare se non bypassare la figura del referee. Famosa a questo proposito, anche se probabilmente eccessiva, è la frase di Max Planck: "Una nuova verità scientifica non trionfa perché i suoi oppositori si convincono e vedono la luce, quanto piuttosto perché alla fine muoiono e al loro posto si forma una generazione a cui i nuovi concetti diventano familiari",(in realtà l'affermazione viene smentita dal comportamento professionale dello stesso Planck interessatissimo al lavoro di Einstein, quindi della generazione più giovane, sulla teoria della relatività ristretta, e non entro nel merito se tale teoria vada attribuita a Poincaré (che si era posto il problema della simultaneità di eventi separati per primo) o Einstein, mentre la relatività generale è un parto quasi solitario dello scienziato tedesco, perché sono già abbastanza o.t.).
Tornando al problema del giornalismo non ho capito, Lei ritiene l'esistenza dell'ordine dei giornalisti irrilevante o positivo?
Comunque ricordo di aver letto (o forse sentito alla televisione?) Indro Montanelli, quindi probabilmente il più grande giornalista italiano, che affermava che il vero problema della stampa (e tv) italiana era la mancanza di editori puri. Io mi sono convinto che sia così, non tanto per l'autorevolezza della fonte, quanto perché se il tuo core business sono le automobili (puta caso) o le vendite online (amazon di Bezos) tu userai i mezzi di informazione in tuo possesso per fare pubblicità ingannevole. Non parliamo poi quando in gioco c'è il controllo dello Stato.
P.S. un editore puro a mio avviso è tale se e solo se si finanzia solo con i soldi dei lettori, quindi non deve avere altre aziende ma nemmeno vendere spazi pubblicitari ad altre aziende.

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↪ chinacat

Gentile @disperato, per quel che riguarda la figura del referee, basta metterlo in una situazione tale dove eventuali conflitti di interessi siano il meno probabile possibile. Abolirli del tutto è impossibile, ridurli di parecchio è possibile. Ma, va ripetuto, siamo comunque all'interno della categoria delle riviste specialistiche, cioè soggetti che scrivono di cose che conoscono per lettori che sanno cosa leggono.
"Lei ritiene l'esistenza dell'ordine dei giornalisti irrilevante o positivo?"
Per come la vedo io, l'albo dei giornalisti deve essere utile per i cittadini cioè la comunità, Ma questa è la mia opinione su come io vedo la società: i cittadini devono disporre di fonti di informazioni il più diversificate ed il più attendibili possibili. E parte di questo compito (aspetto non secondario) spetta allo Stato, non solo ed esclusivamente al settore privato. L'ordine dei giornalisti ha una sua utilità all'interno del contesto in cui può svolgere la sua funzione.
" Indro Montanelli, quindi probabilmente il più grande giornalista italiano, che affermava che il vero problema della stampa (e tv) italiana era la mancanza di editori puri"
Purtroppo non condivido la Sua stima su Montanelli, forse perché ne conosco la storia e quindi so come alcuni dei suoi giudizi siano basati sulla sua memoria e non sulle risultanza storiche. Lasciando da parte le esperienze storiche (che sarebbero però da valutare) resta un problema:
ammettiamo pure che il risultato migliore lo si ottiene con gli editori puri, cioè quelli che si finanziano solo con i soldi dei lettori (senza pubblicità, quindi)... siamo consapevoli che cesserebbero istantaneamente TUTTI i quotidiani in circolazione? Se dal bilancio di un qualunque quotidiano toglie: a) il finanziamento pubblico e b) la pubblicità, chiudono tutti. Piaccia o meno, è un dato di fatto oggettivo. Ed è già un punto su cui riflettere.
E le polemiche sul finanziamento pubblico o sulla pubblicità sono sterili se prima non si stabilisce qual'è il ruolo dell'informazione in una moderna società di massa: il monopolio delle informazioni spetta ai privati? O spetta allo Stato?
Anche io vorrei editori puri... ma sapendo che ciò non è possibile sono disposto a compromessi che però tutelino il diritto ad una corretta informazione. Compromessi, non rese senza condizioni.
Chinacat

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↪ disperato

Gentile @chinacat, ammetto le mie colpe, effettivamente stimo Montanelli, sia perché scriveva molto bene (a mio avviso), sia perché quando Berlusconi entrò in politica preferì farsi cacciare dal Giornale, che aveva fondato, pur di non mettersi a fare il pubblicitario anziché il giornalista (come dire che si è spezzato ma non piegato). E comunque Montanelli ha sempre dimostrato coraggio nella sua vita, e io ammiro i coraggiosi. A Lei perché non piace?
Sugli editori puri, Lei dice che non possono esistere. Certo, finché devono competere con editori (im)puri ovvio che no, ma in un sistema regolamentato in modo diverso, col divieto legale di esercitare per gli altri, forse si potrebbe anche fare. Dopotutto mi pare che non siamo così pochi disposti a pagare qualche soldo pur di avere un'informazione corretta. Bisognerebbe provare, cambiando le regole del gioco. L'unica certezza, a mio parere, è che non dobbiamo pensare che questo sia l'unico mondo possibile, è quello che vogliono farci credere, ma ovviamente è falso.

Rispondi

↪ chinacat

Gentile @disperato, Montanelli è stato sicuramente un grande giornalista ed una gran "penna" ma è stato anche protagonista di un brutto episodio che ne ha messo in luce il limite intellettuale: la polemica con Angelo Del Boca sull'uso dei gas in Etiopia Tutti i dettagli li trova qui: "Le guerre coloniali del Fascismo" a cura di A. Del Boca.
Quest'ultimo scrisse sempre e sin dagli anni '60 che fossero stati usati i gas mentre Montanelli lo negò sempre. Quel che trovai sorprendente fu la spiegazione di Montanelli: siccome io sono stato in Etiopia durante quella campagna, disse Montanelli, e non li ho visti usare, vuol dire che non li hanno usati.
Ed è rimasto su questa surreale posizione fino a quando, nel 1996, l'allora ministro della difesa Domenico Corcione tirò fuori i documenti ufficiali che ne provano l'uso. A quel punto, da gran signore quale era, ammise di aver sbagliato ma ai miei occhi il danno intellettuale è fatto. Prove che fossero stati usati i gas c'erano anche prima dei documenti ufficiali ma continuare a sostenere il contrario sulla base della sua memoria è un pessimo esempio di uso del metodo giornalistico: la memoria non è sempre "storia".
Quando poi si avventura nelle analisi sul fascismo, c'è da piangere: non ne azzecca una. Ma ancora una volta il suo limite è stato confondere la sua memoria con la storia. Grande giornalista, pessimo storico.
Chinacat

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↪ uchuunokishi

Gentile @chinacat,
riguardo Montanelli, oltre i suoi commenti, aggiungerei anche la posizione di critica a dir poco acrimoniosa contro la politica di Mattei (vedasi "Colonia Italia" di Mario José Cereghino,Giovanni Fasanella). Montanelli fu personaggio con luci e ombre : mi fermerei qui, invitando alla lettura del libro e non solo delle sue parti relative alla vicenda Montanelli- Mattei.
Grazie per le sue interessanti note.
Saluti!

Rispondi

chinacat

Gent.mo Pedante, come al solito e per fortuna Lei mi costringe ad usare un sacco di neuroni ma spero di riuscire a fare altrettanto sia con Lei che con i lettori i quali, mi sembra di capire, danno per scontata la "teoria del gatekeeping".
Una premessa metodologica: le mie considerazioni partono dall'assunto di migliorare questa teoria (che ha alcuni punti deboli) e non di demolirla.
Le basi della "teoria del gatekeeping" si trovano negli studi dello psicologo Kurt Lewin (citato infatti all'inizio dello scritto di David Manning White). Ora, si da il caso che Kurt Lewin si trovi a vivere in un periodo molto specifico della storia in quanto: a) è ebreo; b) è socialista; c) vive in Germania e dulcis in fundo, D) è l'anno del Signore 1933. Peggio di così non gli poteva andare... per cui nel 1933 lascia la Germania e si trasferisce negli USA dove finisce all'MIT insieme ad altri fuoriusciti (Marcuse, Neumann, Einstein).
Per quale motivo finisca per occuparsi di "psicologia sociale" è abbastanza evidente; ha assistito al passaggio dalla democrazia di Weimar al regime nazista, quando circa 12 milioni di suoi concittadini hanno trasformato il partito di Adolf Hitler da piccola formazione bavarese a primo partito del Reichstag.
La prima teorizzazione del "gatekeeping" avviene nel 1943 in un suo scritto e da quel momento in poi è stata costantemente elaborata e perfezionata, vedi ad esempio lo scritto di David Manning White a cui Lei fa riferimento che però non è uno psicologo e nemmeno uno storico ma un giornalista ed applica questa teoria al SOLO giornalismo: perché una notizia viene scartata o invece viene pubblicata? E chi decide cosa pubblicare o cosa scartare?
E' qui che iniziano i problemi. Il primo è che non tiene conto del rapporto tra forma di governo e società governata; il secondo è che manca sostanzialmente un rapporto con altre discipline.
Per quel che riguarda il primo problema, credo che le complicazioni siano evidenti: se utilizziamo la formulazione da Lei correttamente espressa ("Per gli scienziati della comunicazione il termine gatekeeping indica l'omissione selettiva delle notizie da parte di un organo di stampa o di un'autorità politica, per influenzare l'opinione pubblica") ci troviamo davanti ad un paradosso.
A questo punto Tucidide risulta essere uno dei primi gatekeeper: quel che sappiamo sulla guerra del Peloponneso lo sappiamo da lui ma non abbiamo idea di cosa possa aver omesso. Ancora: Giulio Cesare scriveva pagine su pagine quando era in Gallia, poi le spediva a Roma per far sapere al Senato quanto era stato bravo. E che dire di Dante Alighieri e la magnifica Divina Commedia? Puro gatekeeping con tanto di scritta ammonitrice sul cancello; anzi, è lo stesso Dante che controlla il cancello e piazza arbitrariamente i personaggi dove gli pare.
Gli esempi possono essere infiniti ma il problema resta sul tappeto poiché messa giù così sembra che Tucidide, Giulio Cesare e Dante vivano nello stesso identico spazio/tempo e così non è. Se poi facciamo un passo avanti e passiamo alla società "moderna" le cose si complicano ulteriormente: nel 1935, per esempio, i quotidiani della liberale Gran Bretagna sono nelle mani di poche famiglie, legate a doppio filo dal potere politico ma comunque indipendenti; in Germania tutti i media sono controllati da una sola persona, Joseph Goebbels; negli U.S.A. (e qui qualcuno strabuzzerà gli occhi) non ci sono quotidiani nazionali come li concepiamo noi, sono tutti locali o al massimo "statali" (nel senso di Stato) e difatti basta vedere come si chiamano (il primo quotidiano a copertura nazionale arriva nel 1982 con USAToday).
Fare gatekeeping in Germania non è la stessa cosa che farlo negli USA poiché i collegamenti tra forma di governa e società sono troppo lampanti ma purtroppo trascurati nella elaborazione della teoria. E lo stesso vale per l'Italia del 2018.

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Analfabeta Funzionale

"[...] il leader greco fondava l'archetipo del gatekeeping europeista, di un progetto politico continentale che ormai si regge solo sulla negazione di sé, sull'eterno rimando a un'«altra» Europa che non esiste né si intravede."
Perché i richiami ad un'Altra-Europa sono di fatto una perpetuazione di Questa-Europa.
Questa-europa è costituita da un sistema di regole e trattati che vincolano gli stati aderenti a certi comportamenti che producono certi effetti; sono questi ultimi che non stanno bene alla maggioranza dei lavoratori e che quindi i lavoratori vorrebbero cambiare.
Una Altra-europa non potrebbe essere che un nuovo sistema di regole e trattati che devono produrre effetti diversi dagli attuali, entrando quindi necessariamente in conflitto con Questa-europa.
Se i nuovi vincoli e trattati fossero compatibili con gli attuali, allora la Altra-europa avrebbe gli stessi effetti di Questa-europa e sarebbe semplicemente la stessa cosa espressa con parole diverse.
Uno Stato o aderisce al primo sistema (Questa-europa) o al secondo (Altra-europa). Non può aderire ad entrambi poiché sarebbe costretto o ad applicare il primo venendo meno al secondo, o applicare il secondo venendo meno al primo.
Quindi: non è possibile fare una Altra-europa senza prima disfare Questa-europa, ne consegue che tutti coloro che credono realmente di "cambiare l'Europa da dentro", stanno in realtà facendo il gioco di chi vuole mantenerla così com'è.

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Vincenzo Cucinotta

Chiarissimo come sempre.
Mi chiedo soltanto se isolare il concetto di "gatekeeping" rispetto al complesso delle strategie dei media manipolati, non possa finire con l'introdurre separazioni di strategie di fatto inesistenti.
Fino alla prima parte degli anni sessanta, si usava brutalmente la censura, tipicamente nella TV di stato, l'unica allora esistente, cioè un "segnale" che non si voleva fosse comunicato, veniva semplicemente occultato. Già dalla fine di quel decennio, è cominciata a sorgere una strategia del tutto diversa.
Poichè ciò che conta nella rivelabilità di un certo segnale non è la sua intensità, ma il suo rapporto con il rumore di fondo, un segnale può perdere rivelabilità semplicemente aumentando il rumore di fondo, cioè in campo mediatico distraendo l'osservatore con una miriade di informazioni che competono per l'attenzione pubblica.
Insomma dall'informazione impedita tipica del passato, si è passati alla informazione compulsiva che finisce per ottundere la capacità percettiva delle persone, bombardate da così tante notizie, da provocare spesso una comprensione piatta, a causa della difficoltà a selezionare con la dovuta cura le informazioni ricevute.
E' chiaro che tanto più prossime sono le notizie a quella "vera" o meglio significativa, tanto più sono efficaci ad allentare l'attenzione su di essa, e questo sarebbe un caso di gatekeeping che in questa visione diventerebbe un caso particolare del fenomeno più generale della saturazione con rumore di fondo il settore mediatico.

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Peppe

Spin doctor, gatekeeper, manipolatore.
La manipolazione comprende tutti quegli atteggiamenti o comportamenti messi in atto al fine di modificare, nella direzione voluta, il comportamento, le opinioni, le emozioni e le percezioni di un’altra persona senza che quest’ultima possa attivare un pensiero critico per rendersi conto di quanto sta accadendo.
I manipolatori emotivi rendono patologiche e dannose le relazioni perché adottano questa modalità pervasivamente con l’intenzione (deliberata o inconscia) di esercitare un potere sull'altro strumentalizzandolo perversamente per i propri scopi.
Caratteristiche dei manipolatori emotivi
1. Comunicazioni incongrue e distorte. I manipolatori emotivi comunicano con le loro “vittime” in modo incongruo, contraddittorio o inadeguato alla circostanza. Manca sempre una la chiarezza e trasparenza nei loro messaggi che risultano invece caratterizzati dall'ambiguità: quello che dicono può voler dire tutto e il contrario di tutto. Questi soggetti parlano in modo criptico, allusivo o sarcastico oppure si comportano in modo incoerente mantenendo improvvisamente lunghi silenzi o atteggiamenti di distanza alternati da comunicazioni assidue e serrate. Tutto questo crea confusione nella vittima che non è mai certa di aver decodificato con chiarezza i messaggi.
2. Induzione di sensi di colpa. Alcuni manipolatori emotivi possono irretire le loro vittime mostrandosi improvvisamente vittime indifese e vulnerabili.
3. Violenza. Una volta adescata la vittima, il manipolatore emotivo abbandona la facciata seduttiva e ammaliante che mostrava in precedenza per agire in modi sfacciatamente aggressivi e prevaricatori nei confronti dell’altra persona per la quale non è in grado di provare né empatia né sensi di colpa. È dunque esclusivamente centrato su sé stesso.
link

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Giulio

Illuminante (come sempre...).

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Keev

Eccellenza lei ha mai spiegato, in uno dei suoi articoli, interventi o saggi, com'è che da "solo gli idioti non hanno mai dubbi" siamo arrivati all'odierno "chi dubita (della versione ufficiale/mainstream) è un idiota"?

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GBSanviti

Estremamente chiaro.
Estremamente lucido.
Estremamente vero.
Chi non lo volesse capire è estremamente idiota.
Grazie.

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Rob roy

Finalmente ho capito che cazzo voleva dire. Grazie . Comunque è quello che fanno tutti : politici, storici, giornalisti, polemisti da bar sport.

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Ivan Ingrillì

Suggerisco la lettura di "Divi di Stato" di (pseudonimo) John Kleeves

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kranz

Riportando panem et circenses ai giorni nostri, si può osservare che la vomitevole aura di superiorità morale di cui si ammanta, impedisce a chi di gatekeeping ci ferisce di capire che non possono ANCHE lesinare il panem... e non c'è bisogno di essere russi per aver ribrezzo di quelli che vorrebbero vederci gioire solo perché la garrota ci viene allentata un pochino.
Rispetto ai russi bisognerebbe che, invece di debosciarci in una tenda kirghiza o di giocare alla roulette, noi iniziassimo, in modo volutamente plateale, a ri-ficcare le briciole di panem sotto al portacoda dei gatekeeper.
Solo allora, forse, qualcun'altro potrebbe darci una mano

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