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Austria fuori dall'UE?


Alcuni amici mi hanno chiesto lumi su un'iniziativa austriaca di cui, dopo averne dato notizia su Twitter all'inizio di quest'anno, mi ero colpevolmente disinteressato. L'iniziativa in questione è una proposta popolare per l'uscita dell'Austria dall'Unione Europea. Il caso è gustoso perché questa volta non si tratta dei soliti PIIGS improduttivi, svicoloni ecc. ma di coloro che, ex vulgata dominorum, sarebbero tra i più meritevoli beneficiari dell'integrazione europea.

L'Austria è un paese di 8 milioni e mezzo di abitanti, neutrale, pacifico e benestante, e con una fortissima identità nazionale. La sua situazione politica ripropone il classico pattern europeo: un partito storico di sinistra (SPÖ), poi degenerato in centrosinistra, che governa in coalizione con il centrodestra (ÖVP), e una destra nazionalista in continua ascesa elettorale i cui due principali partiti (FPÖ e BZÖ) occupano già oggi il 28,2% dei seggi della Dieta.

È molto difficile pensare che gli austriaci rinuncino alla propria indipendenza e neutralità per sciogliersi nel melting pot europoide. È però vero che, mentre la resistenza delle masse alla globalizzazione trova il suo primo sbocco nella xenofobia (altro classico pattern), nel Paese di Eurovision la presa di coscienza delle responsabilità e dei veri obiettivi dell'integrazione europea è - come un po' ovunque - ancora agli inizi e appannaggio di poche avanguardie intellettuali. Tra queste va citata l'Initiative Heimat & Umwelt (Iniziativa Patria e Ambiente), nel cui seno nasce l'EU- Austritts-Volksbegehren (proposta popolare per l'uscita dell'Austria dall'UE).

Per capire la portata e il significato dell'iniziativa, Il Pedante ha intervistato una sua vecchia conoscenza, il prof. Heinrich Wohlmeyer - già docente di Economia delle risorse all'Università di Vienna, oggi scrittore e seguito conferenziere no-global - e la dott.ssa Inge Rauscher, entrambi membri del comitato promotore.

Prof. Wohlmeyer, dott.ssa Rauscher, perché secondo Voi l'Austria dovrebbe uscire dall'Unione Europea?

(Entrambi gli intervistati hanno risposto inviandomi materiali informativi che traduco, in alcuni casi riassumendo, nel seguito, n.d.t.)

  • Per riconquistare libertà e autodeterminazione: l'Unione Europea è un colosso statale dove i cittadini non contano nulla. L'80% delle leggi austriache è discusso a Bruxelles sotto l'egida delle lobby.
  • A causa del deficit democratico dell'Unione: la costituzione europea (Trattato di Lisbona) è una costituzione dittatoriale priva di legittimazione democratica.
  • Per mettere fine ai finanziamenti forzati per i salvataggi bancari: le somme enormi che l'Austria deve versare per (illegittima) decisione di Bruxelles devono tornare a disposizione dei bisogni interni.
  • Per mettere fine ai contributi all'Europa: l'Austria è un "creditore netto" dell'Europa. Ogni anno versa a Bruxelles miliardi di cui si vede restituire solo una parte, che qualcuno ha anche il coraggio di chiamare "aiuti UE". Siamo noi ad "aiutare" l'UE, non viceversa.
  • Per frenare l'aumento della disoccupazione: applicando il "principio del paese d'origine" invece di un più economicamente e socialmente sostenibile "principio del paese destinazione", la Corte di giustizia europea favorisce le importazioni dai paesi a bassi salari e distrugge posti di lavoro in Austria.
  • Per difenderci dai rovinosi trattati di libero scambio con USA e Canada (TTIP, CETA, TISA): il modo più sicuro per scongiurare l'entrata in vigore di questi trattati, tutelando i nostri produttori e sbarrando la strada alle previste privatizzazioni di beni pubblici - dall'acqua alla sanità - è l'uscita dall'UE.
  • Per ricostruire un'economia popolare al servizio dei cittadini: un'occupazione dignitosa, duratura e a prova di crisi è possibile solo attraverso una prevalenza di piccole e medie imprese radicate nel territorio, forniture locali e vie di trasporto a bassa intensità energetica e basso impatto ambientale: l'esatto contrario di ciò che persegue l'UE.
  • Per ritornare a una politica di neutralità e di pace: l'UE è ben lontana dall'essere un "progetto di pace". Gli stati europei - e quindi anche l'Austria - sono stati coinvolti in tutte le ultime guerre al fianco degli Stati Uniti, a causa delle quali sono morti milioni di civili. Ma la "neutralità permanente sul modello della Svizzera" è ancora uno dei punti fondanti della Costituzione federale austriaca. In un'Austria davvero neutrale - e quindi fuori dall'UE - le sanzioni economiche contro la Russia sarebbero inconcepibili.
  • Per un'agricoltura più equa: dopo l'entrata nell'UE, 72.000 agricoltori hanno dovuto abbandonare i campi. I cosiddetti aiuti europei all'agricoltura beneficiano in primo luogo gli allevamenti intensivi e l'industria alimentare. Nonostante le "compensazioni", i piccoli coltivatori si stanno impoverendo.
  • Per tutelare la salute, l'ambiente e gli animali e dire no al nucleare e agli OGM: l'abolizione delle dogane rende impossibili i controlli sulla qualità delle importazioni di merci e animali vivi, il cui numero è salito massicciamente. L'Austria (che ha bandito il nucleare con un referendum nel 1978, n.d.t.) in quanto membro UE fa parte di EURATOM e versa milioni a Bruxelles per la ricerca sul nucleare. I trattati segreti di libero scambio apriranno la strada a un'invasione di prodotti OGM d'oltreoceano nel mercato europeo.

Dopo l'uscita dall'UE saremo ancora membri dell'Organizzazione mondiale del commercio dove, al contrario dell'EU, vale il "principio di destinazione", potremo comunque accedere all'EFTA (a cui infatti aderisce anche la Svizzera), esercitare una democrazia diretta, abbandonare l'euro e adottare una valuta nostra, riprendere il controllo sui confini e utilizzare il denaro guadagnato per il bene dell'Austria e non per sostenere perversamente i settori bancari di altri paesi o per il riarmo (vedi Ucraina).

Come funziona un'iniziativa popolare nel diritto austriaco? Qual è la procedura? Con quali obiettivi?

Rauscher: A differenza di un referendum, dove ci si reca nel proprio seggio elettorale per apporre una croce su un determinato tema, l'iniziativa popolare austriaca (Volksbegehren) è una raccolta di firme all'interno del seggio a sostegno di una proposta, in questo caso l'uscita dall'UE. Un'altra differenza rispetto al referendum è che, mentre quest'ultimo deve svolgersi nell'arco di una sola giornata, per sottoscrivere un'iniziativa popolare i cittadini hanno una settimana di tempo a disposizione: la "Eintragungswoche" ("settimana di registrazione") stabilita per legge, che nel nostro caso cade nei giorni tra il 24 giugno e il 1 luglio 2015.

È necessario raccogliere, in tutta l'Austria, almeno 100.000 firme, affinché i "nostri" politici siano obbligati a occuparsi della questione in Parlamento. Purtroppo non siamo la Svizzera dove i referendum possono essere decisi direttamente dai cittadini. Ma abbiamo - almeno per ora - la possibilità di promuovere un'iniziativa popolare in tal senso. L'obiettivo a lungo termine è far sì che i "nostri" politici siano indotti a indire un referendum sull'uscita dall'UE.

Quanti più austriaci firmeranno, tanto meglio. A questo scopo, cioè per far conoscere a tutti l'iniziativa, stiamo lavorando su base volontaria, giorno e notte. Se raggiungessimo le 100.000 firme ci riterremmo comunque soddisfatti. Ma, indipendentemente dal numero, lo scopo di questa iniziativa popolare è anche quello di dare slancio al tema dell'uscita dall'UE, di far sì che venga discusso pubblicamente! In altri termini: con questa iniziativa vogliamo lanciare un messaggio, con la speranza che arrivi anche in altri paesi, tra cui l'Italia! Se queste informazioni e questo impegno contribuiranno a rilanciare anche in Italia i temi dell'indipendenza e della sovranità, saremmo felicissimi per il vostro paese.

Wohlmeyer: Abbiamo dovuto raccogliere 10.000 firme, formulare l'oggetto e presentare una richiesta al Ministero dell'interno. La proposta prevede di celebrare un referendum che la Dieta nazionale, cioè il Parlamento, dovrà ratificare. I dettagli della procedura sono meglio descritti sul sito www.volksbegehren-eu-austritt.at.

In generale, gli austriaci ne hanno abbastanza dell'Unione Europea? Prevedete di raccogliere molte firme?

Rauscher: Da anni, diversi sondaggi ci mostrano che l'Austria è tra i paesi membri dove l'intolleranza per l'Unione Europa è più alta. Quanti cittadini firmeranno la proposta? Lo sapremo solo il 1 luglio... Del resto ciò dipende molto da quanti di loro sapranno che l'iniziativa esiste! Noi facciamo ciò che possiamo per darne la massima diffusione. I media non ci aiutano molto.

Non siete soddisfatti della copertura mediatica?

Rauscher: Ad oggi abbiamo convocato otto conferenze stampa e ad ognuna di esse abbiamo invitato i giornalisti. Se si esclude la notevole eccezione del Salzburger Nachrichten, che la settimana scorsa ha scritto di noi in modo ampio e obiettivo, a malapena una rivista ne ha dato notizia. La nostra speranza è che questo atteggiamento negativo si ammorbidisca almeno all'avvicinarsi dell'apertura dei seggi e che i media e la ORF (la televisione pubblica austriaca, n.d.t.) rompano il silenzio.

Wohlmeyer: I mass-media finora sono rimasti muti come pesci, ma in qualche caso stiamo riuscendo a rompere il muro del silenzio. Al momento contiamo molto sui social media.

La vostra iniziativa è sostenuta, ufficialmente o ufficiosamente, da rappresentanti politici e/o partiti?

Rauscher: La nostra iniziativa, che nasce da questa proposta popolare grazie a quasi 10.000 firme certificate e depositate, è apartitica. I proponenti sono tutti semplici cittadini, non c'è nessun politico. Non siamo sostenuti da nessun partito o rappresentante politico, né in forma ufficiale né semiufficiale. Questa iniziativa "vive" esclusivamente grazie alle donazioni dei lettori del nostro (dell'Initiative Heimat & Umwelt, n.d.t.) organo di informazione, "WEGWARTE" ("Cicoria") e degli stessi promotori della proposta.

Wohlmeyer: Noi ci posizioniamo espressamente come movimento sovrapartitico. Ad oggi nessun partito ci ha offerto sostegno, né ufficialmente né ufficiosamente. I parlamentari europei, ben pagati e senza nessuna speranza di essere eletti in patria, temono per le loro prebende e pertanto ci remano contro. L'iniziativa ha del resto anche lo scopo di far sì che i politici a Bruxelles e Strasburgo ci pensino due volte prima di dire di sì a qualsiasi cosa: MES unione bancaria, CETA, TISA, TTIP, regolamento sugli allergeni (il Regolamento UE 1169, non ancora completamente recepito in Italia, obbliga esercenti e produttori alimentari a segnalare tutte le sostanze potenzialmente allergeniche su menù ed etichette. I ristoratori austriaci lamentano le difficoltà e i costi dell'adeguamento, e le continue sanzioni, n.d.t.).

Nell'augurare il miglior successo ai nostri amici austriaci (e quindi, indirettamente, anche a noi), mi piace da buon pedante trarne una morale.

Chi sostiene l'Unione lo fa paradossalmente alimentando una divisione tra membri sottosviluppati (il sud) ed evoluti (il nord), indicando in questi ultimi un modello di adesione virtuosa al sogno europeo. Al contrario, i nemici dell'Unione denunciano ovunque i medesimi problemi e i medesimi effetti di un progetto lucidamente disegnato per non risparmiare nessuno, a nord come a sud, salvo uno sparuto manipolo di ricchi e apolidi beneficiari.

Il che ci suggerisce quale debba essere l'unica, possibile e auspicabile unione tra popoli diversi. Quella contro un nemico comune - il capitale transnazionale dove tutto si compra e nulla si produce - che oggi, solo per un fortuito caso di mimesi storica, chiamiamo Europa.


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