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La messa in latino


Who is going to save our Church? Not our bishops, not our priests and religious. It is up to you, the people. You have the minds, the eyes, and the ears to save the Church. Your mission is to see that your priests act like priests, your bishops act like bishops, and your religious act like religious.

— Ven. Fulton J. Sheen —

Nisi Dominus aedificaverit domum, in vanum laboraverunt qui aedificant eam.

— Salmo 126 —

Per quanto non inattesa, ha suscitato scalpore la lettera apostolica in forma di motu proprio del 16 luglio scorso con cui papa Francesco ha revocato la decisione del suo predecessore di autorizzare senza vincoli la celebrazione della messa secondo l'antico rito tridentino, in quanto «espressione straordinaria della stessa lex orandi della Chiesa cattolica di rito latino» (Summorum pontificum, art. 1, 2007). La messa in latino secondo il canone del Missale Romanum del 1962, ultima revisione di una tradizione liturgica quasi bimillenaria ufficializzata da Pio V nel 1570, torna così a essere un'eccezione subordinata all'autorizzazione del vescovo competente, e la messa postconciliare in vernacolo «l'unica espressione della lex orandi del Rito Romano» (Traditionis custodes, art. 1). Un'eccezione, puntualizza oggi Francesco, da tollerare esclusivamente a beneficio di «quanti si sono radicati nella forma celebrativa precedente e hanno bisogno di tempo per ritornare al rito romano promulgato dai santi Paolo VI e Giovanni Paolo II» (Traditionis custodes, lettera accompagnatoria ai vescovi, corsivo mio) e dunque da accompagnare verso una progressiva estinzione, non potendo peraltro i vescovi «autorizzare la costituzione di nuovi gruppi» (Trad. cust., art. 3 par. 6).

Da cattolico praticante il «rito antico» mi sento chiamato in causa da questa decisione, le cui ragioni e i cui effetti offrono uno spaccato delle fatiche della Chiesa di oggi. Nel breve commento che accompagna il motu proprio il Pontefice non avanza scrupoli dottrinali, non mette cioè in discussione l'ortodossia del rito preconclilare, ma ne denuncia «l'uso strumentale» che se ne farebbe, «sempre di più caratterizzato da un rifiuto crescente non solo della riforma liturgica, ma del Concilio Vaticano II, con l’affermazione infondata e insostenibile che abbia tradito la tradizione». Egli vede «sempre più evidente nelle parole e negli atteggiamenti di molti la stretta relazione tra la scelta delle celebrazioni secondo i libri liturgici precedenti al Concilio Vaticano II e il rifiuto della Chiesa e delle sue istituzioni». L'abrogazione delle concessioni avrebbe dunque lo scopo di «difendere l’unità del Corpo di Cristo... Questa unità [che] intendo che sia ristabilita in tutta la Chiesa di rito romano».

Pur astrattamente nobile, la motivazione appare problematica se non proprio contraddittoria. È infatti vero che alcuni gruppi dediti al tradizionalismo liturgico sono assai critici verso la Chiesa scaturita dal Vaticano II, fino a considerarla apostatica. Il fatto è che però tutti questi gruppi, essendosi resi indipendenti dalla gerarchia diocesana, non rispondono all'autorità dei vescovi e quindi non sono colpiti dalla decisione del Pontefice. Al contrario, coloro che fino a un mese fa fruivano della Summorum pontificum e che oggi vedono minacciata la propria libertà liturgica avevano scelto di esprimere una sensibilità più tradizionale restando in comunione con la Chiesa, come era in effetti nelle intenzioni di Ratzinger. Ora invece è facile prevedere che il «fuoco amico» di Francesco realizzerà i timori del papa emerito e spingerà molti tradizionalisti verso i lidi scismatici, come sta avvenendo. Quanto è plausibile che un epilogo così esiziale per «l’unità del Corpo di Cristo» non sia stato previsto? E se lo è stato, qual è allora lo scopo di questo giro di vite?

Da qualunque parte si guardi la vicenda, è difficile allontanare il sospetto che si sia voluto colpire proprio il rito e non il suo «uso strumentale». Altrimenti, perché bloccarne preventivamente e indiscriminatamente la diffusione? Se fosse solo uno strumento incolpevole, perché invece non salvarlo da chi ne «abusa»? E ancora, quanto è illogica la speranza di contrastare o convertire chi cova un «rifiuto della Chiesa e delle sue istituzioni» bucandogli il pallone, oscurandone una peraltro nobilissima espressione? Si è mai curata una malattia sopprimendo i suoi sintomi?

Si resta vieppiù perplessi considerando il contesto, di una partecipazione popolare al sacrificio eucaristico che almeno nell'emisfero sviluppato si è ridotta ai minimi storici e declina ininterrottamente dai primi anni Ottanta fino all'ultimo, spettacolare tracollo del biennio «pandemico». Dopo l'incredibile sospensione dei sacramenti la frequenza nelle chiese diocesane riaperte e ospedalizzate è arrivata anche a dimezzarsi. Come si ripete da anni, l'abbandono della messa è il culmine di una più generale diserzione che si riflette anche nel crollo delle offerte, dell'otto per mille, delle ordinazioni, dei matrimoni religiosi, della partecipazione alla vita parrocchiale.

In questa crisi il fronte tradizionale sembra invece non solo resistere, ma anzi crescere in controtendenza. Il Pontefice ha purtroppo scelto di non divulgare i risultati di un'indagine conoscitiva sul fenomeno, ma da altre fonti sappiamo che ad esempio negli Stati Uniti le parrocchie tradizionali si moltiplicano mentre diminuisce il numero dei cattolici, che in Francia un quinto dei seminaristi avrebbe scelto l'indirizzo tradizionale, che nell'ultimo decennio le celebrazioni in vetus ordo nel mondo sarebbero più che raddoppiate. Nelle due cappelle in cui seguo messa in latino le presenze continuano ad aumentare da quando le frequento, anche nelle settimane di «zona rossa» e specialmente all'indomani della Traditionis custodes, tanto che nell'ultimo mese molte persone sono state costrette a seguire dall'esterno. Tutti si comunicano, l'assemblea scandisce unita i responsori e segue il canto, l'accompagnamento musicale e corale è di livello professionistico.

Mentre mi interrogo sul senso di sfrondare l'unico «asset» fiorente di un'organizzazione altrimenti in emorragia cronica di fedeli e di fede, mi viene spontaneo confrontare questa vitalità con i rari nantes in gurgite vasto che resistono distanziati e guardinghi nelle nostre parrocchiali. E in questo nuovo rinchiudersi nell'impopolarità e nel fallimento vedo l'indole tirannica oggi comune a molti poteri: di spregiare il consenso, di esprimersi solo con la costrizione e il divieto, di enfatizzare un nemico per criminalizzare tutti e di imporre a dispetto di tutto una modernità ormai a corto di seduzioni, ormai vecchia. In effetti, ciò che apparenta la Traditionis custodes ai provvedimenti più recenti del governo civile è l'assenza di un benché minimo tentativo di spiegarsi le ragioni di chi coltiva un'alternativa o un rifiuto. Non c'è nulla da capire, è il popolo che deve capire. E se non capisce, si farà a meno del popolo.

Alle domande che Francesco non si pone provo a rispondere nei limiti della mia esperienza, sperando di dare una testimonianza almeno parziale di ciò che «ribolle» nella base. Innanzitutto sì, trovo anch'io che la liturgia secondo la lezione di sempre rappresenti in se e non nella strumentalità eventuale del suo esercizio una critica implicita al modello spirituale e chiesastico del Vaticano II, se non altro per l'ovvio motivo che il suo superamento fu deciso proprio in quel consesso. Restando le migliori intenzioni del papa bavarese e i molti meriti pratici della liberalizzazione che porta la sua firma, molti anni prima ebbe egli stesso a riconoscere che «dietro ai modi diversi di concepire la liturgia ci sono... modi diversi di concepire la Chiesa, dunque Dio e i rapporti dell'uomo con Lui. Il discorso liturgico non è marginale: è il cuore della fede cristiana!» (Rapporto sulla Fede, 1985). Che queste diversità dovessero tornare a scontrarsi era inevitabile, forse anche salutare.

La scarsa consapevolezza di come il cambio di rito sia stato insieme effetto e causa di un cambio di paradigma è segnalata dal persistere di certi miti apologetici della riforma. Ad esempio sull'uso del latino, ritenuto d'ostacolo alla comprensione e alla partecipazione dei fedeli quando al contrario rimuove le barriere che renderebbero le medesime formule inintelligibili a ministri e fedeli di lingue diverse. Le declamazioni fisse della messa in latino sono meno di quaranta, distribuite in parti più o meno uguali tra sacerdote e assemblea. Con l'eccezione di Confiteor, Gloria e Credo, si tratta di formule brevi o brevissime facili da memorizzare nel significato e nella lettera consultando un messale con il testo a fronte, dove si possono anche seguire le parti proprie e le letture del giorno (che ormai è uso ripetere anche in lingua) nella doppia versione. Con questo bagaglio minimo si può partecipare alle messe di tutto il mondo. Oggi invece basta spostarsi a Bolzano per non capirci una virgola. È in ogni caso dubbio che per comprendere una formula liturgica sia sufficiente farsela tradurre, senza afferrarne anche il significato teologico e la funzione. La sovrapposizione con la lingua d'uso può anzi dare luogo a equivoci e «falsi amici» (come la famosa formula pro perfidis Iudaeis, poi rimossa). Per questi motivi e non certo per intellettualismo tutte le grandi religioni utilizzano nei loro riti una lingua antica e dedicata, scevra da incertezze.

Paradossale è anche la critica di chi vede una sorta di separazione «classista» nella postura del sacerdote che celebra rivolto verso l'altare senza interagire frontalmente con l'assemblea, quasi a escluderla dal Mistero. Solo a un occhio offuscato dal furore ideologico può sfuggire che invece è proprio vero il contrario: nel rito di Pio V il ministro non si distingue dai fedeli dando loro le spalle, ma si rivolge alla Presenza nel tabernacolo... come i fedeli! E come i fedeli indirizza silenziosamente le sue orazioni alla divinità, del cui Sacrificio è un umile mediatore. Le implicazioni di questo equivoco sono enormi. Dopo la riforma, il punto focale della celebrazione si è spostato dall'altare al prete e la linea visiva che dagli uomini si apre a Dio si è chiusa tra gli uomini e l'uomo che parla e gesticola dall'altare, con la divinità relegata sullo sfondo. Nasceva il fenomeno delle messe belle o brutte, vivaci o dimesse, appassionanti o noiose, improntandosi ora la cerimonia alla personalità e all'estro di chi celebra, non al Celebrato. Fenomeno del tutto estraneo alla tradizione liturgica antecedente, che avendo contenuto l'azione del ministro nella prevalenza del silenzio e in un cerimoniale rigidamente scandito riusciva sempre e solennemente uguale a se stessa, con i suoi ampi spazi meditativi e la ripetizione ieratica di una gestualità senza tempo. È curioso osservare come la volontà di Paolo VI di promuovere la «partecipazione attiva dei fedeli alla messa [affinché] non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede» (Sacrosantum Concilium) si sia tradotta all'atto pratico in una decisa espansione della leadership del pastore. Volendo trarne una suggestione politica, si riflette qui un concetto di democrazia paternalistico e tutoriale molto attuale in cui il popolo «partecipa» nella misura in cui si lascia condurre.

Il rischio più immediatamente tangibile di una liturgia eccessivamente incentrata sulla persona è la sua eccessiva personalizzazione. È significativo che nel presentare la Trad. Cust. lo stesso Francesco raccomandi ai vescovi «di vigilare perché ogni liturgia sia celebrata con decoro... senza eccentricità che degenerano facilmente in abusi», facendo emergere almeno una parte del problema. In modo più puntuale il futuro papa Benedetto XVI inquadrava la permeabilità del rito all'irrompere della contingenza (ibidem):

La liturgia non è uno show, uno spettacolo che abbisogni di registi geniali e di attori di talento. La liturgia non vive di sorprese «simpatiche», di trovate «accattivanti», ma di ripetizioni solenni. Non deve esprimere l'attualità e il suo effimero ma il mistero del Sacro. Molti hanno pensato e detto che la liturgia debba essere «fatta» da tutta la comunità, per essere davvero sua. È una visione che ha condotto a misurarne il «successo» in termini di efficacia spettacolare, di intrattenimento. In questo modo è andato però disperso il proprium liturgico che non deriva da ciò che noi facciamo, ma dal fatto che qui accade qualcosa che noi tutti insieme non possiamo proprio fare.

Ciò che i due papi omettono di commentare è il filo che collega queste derive alla rivoluzione antropocentrica introdotta dall'ultimo concilio, di avere trasferito il baricentro liturgico dall'immutabile Celeste alla volubilità dell'essere umano, delle sue inclinazioni e delle sue vicende. E che in questa centralità dell'uomo si declina e si realizza anche il nodo profondo della polemica tradizionalista, di una secolarizzazione che dai riti si trasmette alla dottrina, agli atti, al senso di dirsi e di sentirsi cattolici. Commentando l'editto bergogliano, il superiore generale della Fraternità sacerdotale San Pio X don Davide Pagliarani ha ricalcato il nesso con decisione indicando nella messa di Paolo VI

[l']espressione autentica di una Chiesa che si vuole in armonia con il mondo, che presta orecchio alle istanze del mondo; una Chiesa che, in fondo, non deve più combattere il mondo perché non ha più nulla da rimproverargli; una Chiesa che non ha più niente da insegnare perché è in ascolto delle potenze di questo mondo... una Chiesa che non ha più per missione di restaurare la regalità universale di Nostro Signore, poiché vuole portare il suo contributo all’elaborazione di un mondo migliore, più libero, più ugualitario, più eco-responsabile; e tutto questo con dei mezzi puramente umani. A questa missione umanista che gli uomini di Chiesa si sono dati deve necessariamente corrispondere una liturgia ugualmente umanista e desacralizzata.

***

Occorre dire che per molti l'esigenza di interrogarsi criticamente su questo modello si è imposta solo all'avverarsi delle sue conseguenze più evidenti, cioè con gli anni dell'ultimo pontificato, sotto il cui si segno si è assistito a una tale accelerazione dell'impeto secolarizzante da rendere per la prima volta concepibile l'abbandono della «comfort zone» in cui si era nati e cresciuti. Per quanto mi riguarda, poco o per nulla hanno influito in questa crisi le deviazioni dottrinali attribuite da alcuni al papa argentino, né sono state determinanti le sue prese di posizione, almeno non in sé. Ciò che mi riusciva inquietante era l'inesorabile convergere dell'istituzione verso i messaggi «delle potenze di questo mondo» nei contenuti, nel linguaggio e specialmente nei tempi. Era la prontezza con cui la Chiesa e le chiese rilanciavano con una spruzzata di incenso le priorità di volta in volta dettate dai potentati sovranazionali della politica e dell'industria, dalla stampa a tiratura mondiale, dagli intellettuali televisivi e in breve da chiunque il mondo accreditasse in quel momento tra i «migliori».

Nel periodo (non prima, non dopo, non oggi) in cui il mondo puntava i riflettori sulle difficoltà di chi emigra, alla messa domenicale si ostendeva il legno di una zattera spiaggiata e si predicava l'accoglienza mentre dal pulpito parlavano fornai egizi, operai cingalesi e tate ucraine. Calato il sipario, venne il turno del cambiamento climatico. Come tutti i potenti, anche l'autore della Laudato si' ricevette la ragazzina svedese «che fa tremare i potenti» promossa dai potenti di Davos. Pochi mesi dopo inaugurava il Sinodo per l'Amazzonia «per una ecologia integrale» tra i cui momenti si ricorda anche la cerimonia di adorazione di una «Madre Terra» pagana. Mentre il mondo puntava il dito contro il «populismo» riscriveva la storia tedesca addebitando al popolo di «tutta la Germania» l'elezione di Hitler del '33.

Le assonanze col mondo si estendevano anche al lessico, anche alle parole d'ordine più contaminate e controverse. Nel 2014 il filosofo Edgar Morin articolava in un libro-manifesto l'auspicio di un «nuovo umanesimo» la cui formula circolava già da qualche anno nelle allocuzioni delle logge massoniche (Gran Loggia Regolare d’Italia, 2002; Grande Oriente d’Italia, 2007) e che l'anno successivo avrebbe dato il titolo al 5° Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze: In Gesù Cristo il nuovo umanesimo. Di un «nuovo umanesimo» hanno scritto autorevoli teologi come Galantino, Lorizio, e Forte. Lo stesso Francesco lo ha invocato lanciando il «Global Compact on Education» (una specie di circolare attuativa dei principi pedagogici moriniani) e durante la cerimonia di consegna del Premio Carlo Magno conferito ai più illustri fautori dell'integrazione europea. Ma prima ancora vi aveva fatto cenno Paolo VI in chiusura dei lavori del Vaticano II, con l'ammissione che «l’umanesimo laico profano alla fine è apparso nella terribile statura ed ha, in un certo senso, sfidato il Concilio. La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio» e l'inquietante conclusione che non vi fu scontro tra i due fronti: «poteva essere; ma non è avvenuto».

Il Papa ha ricevuto Morin in udienza privata nel 2019 e ne ha recentemente celebrato il centenario nell'ambito di una giornata speciale istituita dall'Unesco, istituzione che a sua volta canta nel coro dei «nuovi umanisti» già da almeno un decennio. La stima tra i due è reciproca. Il francese considera l'argentino «il solo ad avere una coscienza planetaria» e legge nell'ultima enciclica, già elogiata per gli stessi motivi dal Gran Maestro del GOI, il programma a sé caro di un rinnovamento sociale all'insegna della fratellanza dei popoli figli di una stessa, pachamamica «Terre-Mère». Per Morin l'essere «fratelli tutti» è anche preludio di un'unione politica planetaria per accelerare la quale, scriveva nel 2002, «ci vorrebbe un aumento improvviso e terribile dei pericoli, la venuta di una catastrofe che agisca come un elettroshock necessario alla presa di coscienza e all'assunzione delle decisioni». Il nuovo faro del Cattolicesimo romano, che all'anagrafe si chiama Edgar Nahoum, ha militato prima nel partito comunista e poi in quello socialista, si definisce un «non credente radicale» la cui sola fede è «nella fraternità e nell'amore» e considera le religioni «realtà antropologiche» utili ad esempio come «parapetto contro la corruzione di politici e amministratori» (sic), purché rinuncino a ogni pretesa veritativa.

Senza addentrarci oltre in queste e altre coincidenze teoretiche, poco appassionanti nel merito ma istruttive nel metodo, torniamo ai più tangibili fatti dell'epidemia globale da Covid-19 e delle sue politiche di contenimento, che per molti hanno rappresentato il punto sinora apicale dell'identità Chiesa-mondo. Nella storia della cristianità le sospensioni dei servizi religiosi cum populo sono state rarissime e circoscritte. Tra tante guerre ed epidemie, l'unico precedente certo in Italia è quello della peste del 1576-77 a Milano, che in pochi mesi fece 18.000 morti in una città di 130.000 (come se oggi morissero 8,2 milioni di italiani) e durante la quale il card. Borromeo organizzava processioni e imponeva ai prelati di portare i conforti della fede nelle case dei milanesi in quarantena. Si comprende lo sgomento di chi, come il non certo tradizionalista Andrea Riccardi, ha visto riproporre le stesse misure ma in scala più severa, nazionale e internazionale, per un'epidemia i cui tassi di mortalità si approssimano allo zero per la maggior parte della popolazione.

La prontezza con cui la Chiesa ha ritirato i suoi presidi è pari a quella con cui ha fatto suo il discorso pandemico iniziato dal mondo e lo ha trasmesso alle chiese lasciando che occupasse ogni spazio, fisico e spirituale. Nei templi impregnati di cloro, con l'acqua «ad effugandam omnem potestatem inimici» sostituita dagli impiastri alcoolici del supermercato e i pasdaran dell'igiene a castigare la prossimità del prossimo, queste orecchie hanno udito dal pulpito che «oggi Elia e Gesù ci direbbero di tirare le mascherine fin sul naso». Hanno ascoltato mese dopo mese invocare ascolto al Signore per medici, paramedici, infermieri, farmacisti, ricercatori, OSS ecc. ma anche per «la scienza» e «affinché ci siano vaccini per tutti». Questi occhi hanno visto i fedeli fregarsi le mani coi disinfettanti portati da casa pochi istanti prima di prendere il Corpo di NSGC dalle mani già disinfettate del prete, nemmeno fosse la crosta di un lebbroso. Più che i corpi, il virus infettava le omelie e non mancava mai di ispirare alla fantasia del predicatore metafore, appelli e nuove categorie dottrinali. Il lockdown diventava un periodo di riflessione e purificazione (?), la pandemia un'occasione «per interrogarsi sull'essere comunità», il distanziamento una «riscoperta del prossimo». La via medicale alla secolarizzazione procedeva per facili contaminazioni: tra quarantena e quaresima, sacrifici sanitari e ascesi, isolamento e preghiera, guarigione e conversione, isolamento e carità fraterna, salute del corpo e dell'anima.

L'apice dell'apice si è raggiunto con l'arrivo dei nuovi vaccini. Sullo stesso tema la Chiesa si era invero già espressa qualche anno prima rispondendo a un'altra chiamata del mondo. Allora, era il 2017, si trattava di estendere per decreto gli obblighi di profilassi per l'infanzia sulla spinta di una presunta epidemia di morbillo, il cui vaccino polivalente è stato sviluppato utilizzando anche tessuti di feti umani abortiti volontariamente. C'era però un problema: in un parere del 2005 la Pontificia accademia per la vita aveva censurato questi prodotti raccomandando di «usare i vaccini alternativi e di invocare l’obiezione di coscienza riguardo a quelli che hanno problemi morali». Soluzione: poco più di un mese dopo l'entrata in vigore del decreto italiano la stessa Accademia pubblicò un successivo parere che ribaltava il precedente, questa volta negando «che vi sia una cooperazione moralmente rilevante tra coloro che oggi utilizzano questi vaccini e la pratica dell’aborto volontario». Alle stesse conclusioni sarebbe poi giunta anche la Congregazione per la dottrina della fede con una tempestiva Nota sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid-19 del 21 dicembre 2020.

Questi viraggi dottrinali pro re nata non erano che il preludio di una poderosa discesa in campo tra le fila del mondo per abbracciarne la nuova battaglia e ricondurre i recalcitranti al suo ovile, affidando agli altari la missione improbabile di spingere una campagna farmacologica. Qui possiamo solo offrire una scarna antologia degli eventi, partendo dall'alto. Nell'ultimo messaggio di Natale il Pontefice apriva le danze celebrando accanto alla «luce del Cristo che viene al mondo» anche «diverse luci di speranza, come le scoperte dei vaccini». Due settimane dopo era già passato all'imperativo: «C'è un negazionismo suicida che io non saprei spiegare, ma oggi si deve prendere il vaccino». A Pasqua esortava i capi di Stato «nello spirito di un internazionalismo dei vaccini» e il mese dopo ribadiva il concetto in un videomessaggio indirizzato al pubblico del concerto Global Citizen (sic) VAX Live, allestito coi quattrini del gotha capitalistisco planetario «per celebrare gli incontri e la libertà che il vaccino ci sta portando». Negli stessi giorni Anthony Fauci e i CEO di Pfizer e Moderna partecipavano a una conferenza sulla salute (ovviamente) globale organizzata dalla Santa Sede. In agosto lanciava un altro spot ai presuli sudamericani e al mondo: «vaccinarsi è un atto d'amore».

Il coinvolgimento delle gerarchie ecclesiastiche non è stato né casuale né spontaneo. In marzo il nuovo dicastero vaticano per il Servizio dello sviluppo umano integrale diffondeva un "Kit per rappresentanti della Chiesa" nelle cui pagine si trovano le risposte da dare ai fedeli dubbiosi, «risorse per omelie e conversazioni» e contenuti preconfezionati da diffondere sui social per trasformare ogni sacerdote in un apostolo della missione. I vescovi rispondevano con lo zelo di chi deve dare l'esempio. Quello di Pinerolo farà il testimonial in una campagna pubblicitaria della ASL per convincere gli indecisi, quello di Treviso promuove il siero nei TG, quello di Nuoro si fa i selfie con l'hashtag #iomivaccino, quelli campani promettono al presidente della loro regione «tutta la collaborazione possibile per velocizzare e rafforzare la campagna di immunizzazione attraverso la sensibilizzazione dei fedeli», quello di Macerata denuncia dal pulpito le fake news che si leggono in rete, quello di Rovigo aggiunge nuove definizioni al catechismo («chi si oppone al vaccino con motivazioni etiche e religiose, rifiuta la dottrina della Chiesa cattolica»), quello di Tempio Pausania esclude religiosi e laici non vaccinati dai servizi comunitari. In alcune diocesi le iniezioni si fanno direttamente nelle chiese consacrate, una scelta oggettivamente senza necessità e senza senso, se non appunto quello di rinsaldare il cerchio tra fiducia nel mondo e fede nell'oltremondo, di sacramentalizzare l'atto secolarizzando il tempio.

Qui possiamo e vogliamo tralasciare i giudizi sulla direzione di questi interventi. Non ci interessa quanto siano desiderabili la riduzione del biossido di carbonio, l'internazionalismo, le vaccinazioni contro la polmonite, le mascherine chirurgiche, le migrazioni dai paesi poveri. Da abitatori del mondo, ragioniamo di queste e altre cose nel mondo. Da cristiani, cerchiamo nelle chiese l'Eterno. Non ci disturbano la militanza e l'applicazione dei messaggi eterni alla comprensione e alla correzione dei tempi, al contrario! Ci rattrista la loro assenza, il loro liquefarsi nella ripetizione dei dettati del secolo e dei pruriti dei suoi padroni. Non bisogna stupirsi se le chiese si svuotano. Perché andare a messa se gli stessi messaggi li si può leggere su un giornale a caso o ascoltare in un monologo a caso di un politico a caso? Chi cerca il mondo non sa che farsene di un'imitazione sghemba appesantita da riferimenti sacri tutt'al più retorici, ma fuori contesto. Chi invece cerca il Cielo è un po' stufo di dover setacciare una particola di eternità rovistando tra educazione civica, veline editoriali, consigli per la profilassi, ciarle filosofiche, logorrea pastorale, fantasie ermeneutiche, patetismo mediatico e contaminazioni spacciate per «dialogo».

Il punto della messa in latino è tutto qui. Non la si segue per snobismo intellettuale né per affermare un credo politico, ma anzi per scrollarsi di dosso queste e altre miserie celebrando una promessa che conduce altrove e che in quell'altrove fissa le sole coordinate sicure per vivere e interpretare i rivolgimenti del mondo. La messa in latino non è solo il simbolo di una Chiesa la cui missione non doveva esaurirsi nell'imitazione del secolo. Lo è certamente, ma solo perché offre essa stessa uno strumento perfezionato nei millenni per avverare quella concezione organizzando l'azione e il pensiero in funzione di Dio.

Se alle ragioni zoppe della censura bergogliana si aggiungono da un lato la constatazione delle derive mondane in cui si sta avviluppando il suo pontificato e dall'altro la conta delle diserzioni di popolo con cui sconta l'omaggio alle centrali del pensiero laico e laicista, si è davvero tentati di dare ragione a chi vede nel suo decreto un attacco indirizzato non tanto a uno dei modi di vivere la fede, ma proprio alla fede come esperienza anche stilisticamente altra dal mondo. Non spetta a me dire se questo risultato sia stato perseguito con intenzione o se persino covasse già nei pianidi qualche architetto conciliare, come ha argomentato qualcuno. Dal mio piccolo punto di osservazione registro la sua coerenza con ogni altro fenomeno di una modernità che si fa tanto più dispotica quanto più s'ingracilisce nella vecchiaia. Più che esprimere giudizi dovremmo forse allora prendere atto del conflitto insito in ogni crisi e sforzarci di salutare, pur tra tante lacerazioni e disagi, l'opportunitàdi riaffermare la radice eterna dell'esperienza religiosa separandola dal suo involucro, la Presenza che le dà senso e il suo solo poter essere un aggancio che non si integra ma trascende, che offre al mondo un modello ma rifiuta il modello del mondo, che del mondo accetta la persecuzione ma non la suggestione.

«Il compito dell’era moderna è stato la realizzazione e umanizzazione di Dio», annotava lucidamente Ludwig Feuerbach nei Principi della filosofia dell'avvenire (1843). Allo sforzo antico e mortifero di fare una religione senza Dio o con un dio cosmetico, periferico, di cartone, si oppone l'affidarsi fiducioso al Suo progetto che non è degli uomini ma per gli uomini, affinché non siano prede degli idoli, imperscrutabile nei modi ma chiaro nel suo compimento glorioso. La messa di sempre è la celebrazione di questo bisogno di sempre, di questa verità di sempre.


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Commenti

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Forse il suo pezzo più importante di sempre, non solo perché in un certo senso come temi racchiude e porta a compimento tutti gli altri, ma soprattutto perché a tratti vi si trova raffigurata piuttosto precisamente "quell'acqua che è fonte di vita, bevendo la quale non si avrà più sete in eterno".
Io non ho mai partecipato a una Messa in rito antico, ma tempo fa, trovandomi casualmente a riflettere su un particolare della stessa (che comunque mi era già noto) ero arrivato a conclusioni abbastanza simili alle sue (link), seppur lì esposte in maniera molto più scarna e semplicistica.
Questo per dire che l'idea che mi son fatto allora (e che leggendola pare grossomodo corrispondere alla realtà) di una Messa "ove tutti sono rivolti verso qualcosa di altro", officiata da un primus inter pares che in questo modo sarebbe vero *rappresentante* di una comunità, o ancor meglio di un'ἐκκλησία, e non in astratto o tramite l'esegesi delle scritture, ma proprio lì e in quel momento, con gesti, voce e presenza fisica, corrisponderebbe in effetti a quella di un rito "pieno" e significativo, volto a placare quell'anelito che ho modo di credere sorgerebbe ancora più forte trovandocisi dentro (dentro a un rito di quel tipo, voglio dire), anelito che oltretutto, compresso e soffocato e risbattuto dai potenti nella clandestinità delle origini, sarà il motore che farà rifiorire il Cristianesimo, o quantomeno l'unica forza all'altezza del compito.
Chiudo con una citazione, che in qualche modo mi sembra appropriata:
"La cattiveria è degli sciocchi, di quelli che non hanno ancora capito che non vivremo in eterno."
Alda Merini
Saluti,
Alessandro

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franz

immenso

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Orso

Fa riflettere.Ds discutere.Non sottoscrivibile integralmente.

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il Gesuita

Teniamo conto che negli ultimi 2000 anni quasi mai la Chiesa si è posta in confronto diretto col Potere di turno, e quando l'ha fatto quasi sempre ne è uscita perdente. La Chiesa, per esperienza, preferisce il compromesso, quando il Potere di turno appare invincibile (e nell'ultimo anno e mezzo lo è stato), preferisce una sottomissione formale dei suoi vertici al pensiero dominate, per conservare ambiti di autonomia in cui portare avanti la propria contro-cultura a livello micro, giocando sul lungo periodo, sapendo che prima o poi tutti gli imperi crollano (e quindi anche il Finanz-capitalismo globalità crollerà). Insomma quello che alcuni considerano tradimento, potrebbe essere una classica STRATEGIA

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↪ disperato

Gentile @il Gesuita,
credo che l'obiettivo reale non miri alla sua salvezza, ovvero la Chiesa e`stata infiltrata dalla massoneria fino ai piu`alti livelli e la strategia portata avanti mira scientemente alla sua autodistruzione.
La invito a leggere sul sito di byoblu gli scritti di Andrea Cionci che dimostrano, a mio avviso oltre ogni ragionevole dubbio, come Bergoglio sia un antipapa massone (e le sue elezioni invalide...)
Sono 27 articoli: https//www.byoblu.com/2021/10/09/papa-antipapa-inchiesta-27/
Saluti.

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Claudio Borghi

¡Hola desde Argentina, el Pedante!
Me llamo Claudio Borghi, y soy un ex-jugador de futbol. ¡¡¡ Jugai al Como en los anos 80, despues que fui aquistado para Berlusconi por el AC Milan (¡diceba que estabo muy prometiente!), ma Arigo Sacchi me preferìa Gullit, y entonces m'a enviado al Como, maldido !!!
Mirame que guapo que ero:
con los meas rivalos Gullit y Basten: link
despuès,al Como: link
¡Me puede buscàr en la wikipedia, estoy là, tiengo una pagina!
¡¡¡ Yo te quero dirte que amo mucho lir todos tuas escritos, porqué me parecen tres intellectuàles !!! ¡Complimentos!
Por cìerto, quieraba citarte un poquito, y despuès hacer una observaciòn:
Il ["]francese["] considera l'argentino «il solo ad avere una coscienza planetaria» e legge nell'ultima enciclica, già elogiata per gli stessi motivi dal Gran Maestro dei GOY, il programma a sé caro di un rinnovamento sociale all'insegna della fratellanza dei popoli... Per Morin l'essere «fratelli tutti» è anche preludio di un'unione politica planetaria per accelerare la quale... Il nuovo faro del Cattolicesimo romano, che all'anagrafe si chiama Edgar Nahoum, ha militato prima nel partito comunista e poi in quello socialista, si definisce un «non credente radicale» la cui sola fede è «nella fraternità e nell'amore»
Però! Mi piace costui, percepisco affinità.
Esta estabas mea observaciòn.
¡Hasta luego desde Argentina, el Pedante!

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Ned

Fan-ta-sti-ci! Articolo e commenti: sembra il congresso dei daltonici riuniti per la valutazione di colori e sfumature da stendere sui muri della sede. Rito e forma e codicilli, come quelli che strologano a vanvera sulle mosse dei politici italiani e non sullo spessore degli stessi. Aprite gli occhi, ipocriti, la faccenda è semplicissima, una volta tanto che vale la pena fermarsi al dito senza arrivare alla luna. Amen.

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Alexander

Io non so come ringraziarla per questo suo articolo che trovo perfetto e che esprime lucidamente molte cose che prima solamente "sentivo". Per me, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la recente modifica al messale, in particolare al Padre Nostro, con quella traduzione del "ne nos inducas...", errata, se non al limite dell'eresia (e comunque sfacciata nella sua pretesa di piacere al mondo). Da allora, mi sono promesso di recitarlo solo in latino. Poi c'è stato il Traditionis C., ed è stato il momento in cui mi sono detto "è il segnale, bisogna andare alla messa in latino".

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Michahel

Caro Pedante,
Ho tanto apprezzato il suo articolo pieno di coraggio, mentre la nave della Chiesa Cattolica ed Apostolica naviga in tempesta con vento contrario.
La tempesta dei tempi che stiamo vivendo fu prevista. Tanti sono gli esempi.
Riguardo al Mondo Superiore, possiamo citare le tante apparizioni mariane. (il modernismo, ha demolito la fede, perciò ha indotto le persone a non credere nel "Mondo Superiore", il quale esiste per un cristiano cattolico e si chiama : Chiesa Trionfante) Tra le tante apparizioni:Sabato 12 aprile 1947 la Madonna apparve a Roma, in una grotta nei pressi dell'abbazia trappista delle Tre Fontane, al trentaquattrenne Bruno Cornacchiola (ateo e comunista). La Madonna anticipò la totale corruzione del clero che sarebbe arrivata. Un clero sempre più luciferino e sempre meno votato al Signore. Apparizione avvenuta non lontana dal Vaticano. Non è un caso che il clero moderno abbia sempre posto il velo sopra alle tante apparizioni mariane che segnalarono il pericolo con anticipo.
Riguardo al Mondo Terreno, molti sono coloro che hanno letto i pericoli della modernità e che hanno dato le linee guide per affrontare la tempesta.
A riguardo, "Humanum Genus" un'enciclica di papa Leone XIII, datata 20 aprile 1884, e pubblicata nell'ascesa dell'era industriale (e del marxismo). Essa considera la fine del XIX secolo un'era pericolosa per i cristiani e condanna la massoneria, così come una serie di pratiche connesse con la massoneria, compreso il naturalismo, la sovranità popolare che non riconosce Dio e l'idea che lo stato dovrebbe essere "senza Dio", il comunismo e il socialismo dell'epoca definiti come: "una or l'altra di quelle capitali dottrine, in cui il veleno degli errori massonici pareva che fosse più intimamente penetrato".
Il Papa parla di una vera e propria guerra condotta contro la Santa Sede: "contro l'Apostolica Sede e il Romano Pontefice arde più accesa la guerra. Prima di tutto egli fu, sotto bugiardi pretesti, spogliato del principato civile, propugnacolo della sua libertà e de' suoi diritti; fu poi ridotto a una condizione iniqua, e per gli infiniti ostacoli intollerabile; finché si è giunti a questo estremo, che i settari dicono aperto ciò che segretamente e lungamente avevano macchinato tra loro, doversi togliere di mezzo lo stesso spirituale potere dei pontefici, e fare scomparire dal mondo la Divina istituzione del Pontificato".
Il male luciferino è così penetrato nelle forti difese della bimillenaria Chiesa Cattolica.
Molti cardinali e uomini di chiesa sono corrotti alla mondanità della chiesa apostata di Bergoglio. Il clero non riconosce più l' esistenza del male. Padre Amorth evidenziava come il demonio agisca indisturbato propio laddove non si ponga il quesito della sua esistenza.
Bergoglio con conclave invalido ha nascosto il vero Papa Benedetto XVI, ultimo combattente della fede. Bergoglio ha usurpato il trono di Pietro per demolire il poco che rimane della Chiesa dopo il Concilio Vaticano II. Bergoglio attacca il sacro culto ed il verbo di Dio, bandendo le liturgie in latino. Bergoglio non mette al centro il Sacrificio della Croce e la Madonna, ma offre ai suoi adepti falsi idoli come Amal e Pacha Mama.
Bergoglio dichiara come atto d' amore iniettarsi un siero sperimentale prodotto con feti abortiti.
Bergoglio sostiene l' A.I. in opposizione alle creature di Dio. Bergoglio non parla più di Dio, ma mette al centro i cambiamenti climatici. Bergoglio sostiene il disegno dei suoi "Fratelli" uniti in Lucifer.
La prova è nell'enciclica del 2020 "Fratelli Tutti" di Bergoglio, suddivisa in otto capitoli e 287 punti; il documento si conclude con due preghiere: una «al Creatore» e l’altra «cristiana ecumenica» per infondere «uno spirito di fratelli».
Questi i capitoli:
Capitolo I - Le ombre di un mondo chiuso
Capitolo II - Un estraneo sulla strada
Capitolo III - Pensare e generare un mondo aperto
Capitolo IV - Un cuore aperto al mondo intero
Capitolo V - La migliore politica
Capitolo VI - Dialogo e amicizia sociale
Capitolo VII - Percorsi di un nuovo incontro
Capitolo VIII - Le religioni al servizio della fraternità nel mondo
Non si parla mai del rapporto tra uomo e Misteri di di Dio, ma è la porta verso il progetto ultimo della Massoneria: distruggere tutte le religioni, compresa la Chiesa Cattolica, per creare una super Religione Globale ed asservita a Lucifero. Lo stesso Cardinal Viganò ha messo in guardia da questa enciclica.
Oggi 16 Settembre ricorre la celebrazione dei Santi Papa Cornelio e Cipriano vissuti nel III secolo. Essi si trovarono insieme a lottare contro l' eresia del novazianismo e sopratutto contro una falsa chiesa nata in opposizione. Nel corso della storia ci sono stati tanti episodi con Papa ed antipapa, ma per intercessione dello Spirito Santo la verità ha sempre trionfato. Sia da esempio questa storia come tantissime altre.
Dobbiamo sempre avere fede e non piegarci mai ai falsi idoli come avvenne nell'Esodo per il popolo d' Israele quando fu corrotto dal vitello d'oro creato d' Aronne.
In questa fase delicatissima per le sorti del Cattolicesimo, uno spiraglio di luce esiste.
Benedetto XVI continua nella sua azione di preghiera, mentre una parte del clero come Viganò portano alla luce verità nascoste.
Alla base della Chiesa ci sono dei preti che stanno combattendo una feroce battaglia per diffondere la parola di Dio contro le milizie di Satana. Tra questi molti hanno ricevuto la scomunica da Bergoglio per non essersi piegati alla sua volontà a difesa della Chiesa.
In questa sede voglio citare e ringraziare Padre Alessandro Minutella, il quale sta conducendo in solitudine una battaglia epica. Contro tutto e tutti. Nonostante gli venga tolta la parola sui social, nonostante gli attacchi pubblici della stampa, nonostante fosse stato scomunicato da Bergoglio e nonostante il vescovo di Palermo Lorefice gli abbia tolto la parrocchia: padre Alessandro Minutella si rialza sempre aumentando sempre di più il numero di fedeli al suo seguito in Italia e nel Mondo. Ormai ha più fedeli di molte diocesi, laddove le parrocchie sono ormai deserte e dove non c'è lo Spirito del Signore. Il segreto di Padre Alessandro Minutella: nessuno. Svolge il suo dovere apostolico ed irradia la fede attraverso la vera bimillenaria dottrina della Chiesa. Altro punto in suo favore è stato rinunciare definitivamente al messale post Concilio Vaticano II per ritornare definitivamente alla Messa Tridentina in Latino. Infine Padre Alessandro Minutella insegna ai fedeli la forza del Rosario in latino.
Per quanto le forze Luciferine si possano impegnare a condurre l' essere umano verso la perdizione, non vinceranno mai. Il male si serve delle strutture umane per proseguire la sua opera, tuttavia le persone dentro di loro hanno un disperato bisogno di Dio. Gli esseri umani non trovano soddisfazione nella finitezza del mondo materiale, ma trovano pace soltanto con l' infinito della luce di Dio.
Con questo principio, tutto il sistema malvagio denunciato per anni dall'autorevole e magnifico Pedante: sarà destinato presto a collassare per lasciare spazio ad una rinascita più forte della Chiesa Cattolica Apostolica con a seguito un mondo giusto e compassionevole.
(P.S. Pedante, su questa scia del medesimo suo articolo, la invito ad approfondire la vicenda di Padre Alessandro Minutella, ho il presentimento che i posteri lo ricorderanno come Santo)

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↪ Intelligente

Gentile @Michahel, si rende conto che lei dovrebbe essere scomunicato, vero? "Bergoglio con conclave invalido" Potrei sapere sulla base di cosa dice questa enormità?

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↪ Michahel

Gentile @Intelligente,
Il codice di diritto canonico non contempla le dimissioni di un successore di Pietro. Non è contemplato da diritto canonico che colui che si succede a Pietro: si dimetta. In questo caso la Sede è stata Impedita.
CAPITOLO III (Cann. 412 - 415)
SEDE IMPEDITA E SEDE VACANTE

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↪ Gabri

Gentile @Michahel, can.332 §2. Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti.

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Romeo

Caro Pedante, probabilmente ci siamo sfiorati nei corridoi del Frisi mentre io aspettavo la Franca che usciva dalla tua aula per venire da me.
Hai una lettura del fluire storico meravigliosa e colta alla quale arrivo con fatica, ma ci arrivo.
I nostri piedi poggiano sulle spalle di chi ci ha preceduti ed una generazione dopo l'altra costruiamo torri che, ci stai spiegando guardando in giù, non hanno i crismi per proseguire secondo gli auspici delle fondamenta. Più che costruire torri verso Dio stiamo ampliando sempre più e nel buio, dei volgari... Centri commerciali ove si vendono dalle canottiere al lardo suino.
Voglio essere positivo: forse la modernità, che ci mette davanti agli occhi le disgrazie della gente, assieme all'offuscarsi della trascendenza che ci dava anche un po' di realistico fatalismo, ci ha fatto vedere come le elemosine date una volta al povero - che poi moriva di fame comunque, ma un po' più in là - sono troppo poca cosa e che quindi bisognava puntare a voler un po' più bene al prossimo dandosi da fare. Nobile intento. Questa cosa ci a presto la mano e Dio è passato in secondo piano. Abbiamo capito che per agire bisogna fare politica e questa ci ha assorbito del tutto. Abbiamo pensato di unire gli uomini per poter unire le forze, ma è così difficile che nessuno prega più perché ci siamo mescolati col mondo e questo ci ha assorbiti del tutto. E per navigarci anche con buone apparenti finalità, occorre saperne le scaltrezze e coltivarle. E le abbiamo coltivate facendocene stregare.
Quindi, infatti, Dio lo abbiamo dimenticato, è rimasto il caos delle difficoltà umane e...nel si salvi chi può siamo pure egoisti, poiché una volta coltivata la scaltrezza niente di più facile che metterla al servizio della propria ambizione. La cosa che mi angoscia è che spesso anche i meglio intenzionati calcano sentieri gravemente sbagliati.
Bene dunque, il rispetto del recupero almeno del riti antichi ove il sacerdote, come il fedele nella lingua dei padri, volge il proprio fronte all'Altissimo nel tabernacolo nell'intento non di recitare il proprio show per conquistare simpatie presso gli spettatori, ma rimettersi in umile silenzio, riuscendoci, alla volontà di Dio.

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Cris

Ho fatto la follia di rispondere ad un richiamo interiore, e di andarmi a confessare dopo 30 anni.
Non l'avessi mai fatto.
Malgrado fossi in un Santuario Mariano, il sacerdote mi ha ascoltato come la mucca che guarda i treni passare e mi ha interrotto (più volte) solo per chiedermi di sistemare la mascherina. E io che mi aspettavo pelo e contropelo.
L'assoluzione è comunque valida, avendo io confessato tutto quello che ricordavo con sincerità ed avendola ricevuta da un consacrato. Ma l'esperienza è stata atroce. A ripensarci, avrei dovuto aspettarmelo: è lo stesso santuario dove durante le Messe c'è un pretonzolo figo che cambia le parole, e l'Eucaristia è distribuita da signore impellicciate che passeggiano tra i banchi. Ci sono stata un paio di volte... mai più!
La Messa antica mi mette terribilmente in soggezione, ma proverò di nuovo con quella. Questi qua non si reggono proprio.

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Alessandro70

Per ragioni anagrafiche (sono del 70) non ho avuto modo di conoscere la messa preconciliare, ciononostante ho potuto osservare la parabola discendente che dagli anni '70 ad oggi ha accompagnato la liturgia novus ordo. Probabilmente i sacerdoti che conobbi nella mia infanzia e nella mia adolescenza erano ancora imbevuti di quella formazione preconciliare che traspariva dal loro stile celebrativo; in quegli anni frequentavo una parrocchia retta da una comunità di religiosi, i Padri Oblati, ricordo come nelle loro celebrazioni risuonavano ancora il suono dell'organo e del canto gregoriano ed ogni gesto era denso di verità e di significato. Tutto era stabilito con cura ed attenzione, dagli arredi ai gesti dei ministri e dei ministranti, l'assemblea partecipava anche nel canto benché non ci fosse una schola cantorum propriamente detta.
Poi arrivò la decadenza. Il problema non fu semplicemente l'adozione di un rito o di una lingua ma un crollo strutturale che coinvolse tutti gli aspetti dell'azione liturgica; gesti sciatti, improvvisazione, narcisismo ed autoreferenzialità dei sacerdoti, una musica sempre più banale, insignificante e soprattutto impropria. Ho esperienza come organista e direttore di coro, attività che ho abbandonato per disperazione, vista l'impossibilità di poter attuare quello che ho sempre reputato congruo per una celebrazione dignitosa. Ribadisco che, anche se si tende a dare la colpa alla musica attualmente praticata nelle chiese, il problema della decadenza liturgica è molto più ampio e generale, la sensazione che ho è che la spiritualità tipica di una messa odierna sia quella di una riunione di condominio svolta in un garage.

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↪ Il Pedante

La ringrazio della testimonianza, in cui mi ritrovo. Come organista ho resistito (non Le dico a che prezzo) finché mi hanno cacciato loro dalle celebrazioni domenicali perché «i ragazzi vogliono le chitarre, sennò si annoiano».

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↪ Alessandro70

Gentile @Il Pedante,
Innanzitutto grazie per la risposta e per l'articolo.
Non penso che siano i ragazzi a volere le chitarre ma che siano i cinquantenni, laici e consacrati.
La mia generazione ebbe come imprinting quella che un tempo era chiamata la "messa dei fanciulli", poi "dei ragazzi", quindi "dei giovani" ed oggi "di tutti"; era ed è tuttora quella con le chitarre, i tamburelli e le coreografie tipo le lampadine.
Se un ragazzino di dieci anni fa "le lampadine" durante la messa passi pure (benché personalmente non lo condivida) ma se a farlo sono i genitori o addirittura i nonni, beh, stendiamo il proverbiale velo...
Quando proponevo a ventenni brani polifonici in latino oppure il gregoriano, questi poi alle canzonette non volevano tornare più; le rimostranze arrivavano puntualmente da persone adulte abituate ad altro e soprattutto da preti della stessa fascia di età.
Se posso azzardare un paragone, è un po' come per le abitudini alimentari; se i genitori non hanno tempo o voglia di cucinare e portano i figli sistematicamente a McDonald, questi si abitueranno ad hamburger e patatine disdegnando cibi più salutari ma se con un minimo di sforzo li abituano a mangiar bene e sano poi McDonald diventerà lo sfizio una tantum ma non una consuetudine.
Ora, sia per la musica che per la cucina occorre un minimo di competenza, non è bene che chiunque faccia qualunque cosa per cui dovrebbero dare spazio a coloro che la musica l'abbiano studiata; non dico che si debba tornare alle cappelle musicali professionali (magari!...) ma neppure istituzionalizzare il dilettantismo e l'improvvisazione. Sono d'accordo sul fatto che la messa non sia un concerto ma non dovrebbe neppure ridursi al ritrovo con "gli amici, la chitarra e lo spinello".
A proposito di chitarre, non ho nulla in contrario riguardo all'utilizzo di questo strumento, ammesso che sia correttamente contestualizzato, però occorrerebbe saperlo suonare... esiste anche la chitarra classica ma è tutta un'altra cosa.

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↪ Il Pedante

Gentile utente, ha spiegato molto bene ciò che ho inteso mettendo la frase tra virgolette.

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Andre

Il moloch bergogliano non aveva in realtà nulla da temere dalla pratica della messa antica. L'ha soppressa proprio perché innocua. Non doveva essere riferimento o consolazione nemmeno per quella minoranza della minoranza che la praticava. Il simbolismo di questo ennesimo, perfino gratuito, "toglier di mezzo" è ancor più interessante di quello della messa in latino.

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↪ prvdn

Gentile @Andre, al contrario: questa per il progressismo è una battaglia esistenziale. Cancel culture allo stato puro.

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↪ Andre

Gentile @prvdn, sono d'accordo, se s'intende che la cancel culture si sta impegnando a cancellare, oltre a tutto ciò che può contrastarla sul piano sociale-culturale-politico, anche tutto ciò che continua a vivere in dimensioni minime, umili, direi quasi conventuali o catacombali... dunque un "toglier di mezzo" con determinazione sadica, gratuita nell'accezione più negativa. Chi odia la luce se la prende anche con il lumicino, con la fragile fiammella di una candela.

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↪ prvdn

Gentile @Andre, in merito alla questione "perché accanirsi senza risparmio contro una sparuta minoranza", le segnalo link

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Cavalierepovero

Buonasera, Pedante. La ringrazio per questo articolo, la cui bellezza, a mio avviso, scaturisce oltre che da una solidissima preparazione culturale, anche e soprattutto dall’aver vissuto e coltivato in prima persona una dimensione spirituale profonda.
In merito alle tesi da Lei esposte, desidererei chiederLe cortesemente una sua opinione sui Francescani dell’Immacolata a cui è stato vietato di celebrare il Vetus Ordo dal 2014. Quando sono stati colpiti da questa assurda decisione, i membri (la maggioranza?) di questo Ordine -a mio avviso esemplare- non si sono opposti, non sono usciti dalla Chiesa, non hanno scelto la strada dello scisma, perché, come mi disse uno di loro: “Se si ubbidisce non si sbaglia mai, eccezion fatta solo nel caso in cui sia ordinato un peccato conclamato”. Le chiedo: se la formazione e la sensibilità sono quelle di sempre; se si celebra o, nel caso dei fedeli, si assiste alla S. Messa montiniana con spirito di sacrificio e in virtù dell’obbedienza gerarchica, consapevoli che è un Altro a capo della Chiesa e che è a Lui che spetta di intervenire per eventuali “ritorni” di paradigma… Può, dicevo, anche il Novus Ordo, così vissuto, divenire occasione di straordinarie grazie spirituali che preparano svolte inaspettate, forse impossibili a mano troppo umana? Grazie.

Rispondi

↪ Il Pedante

La ringrazio della stima ma Lei mi attribuisce un'autorità che non posseggo. Sono personalmente convinto, e spero non emerga il contrario dal mio scritto, che molte persone assistano con devozione e profitto alla Santa Messa in rito montiniano. Sono altresì convinto che la conservazione del rito antico giustifichi qualche strappo. L'obbedienza è un valore, ma ad esempio da fine mese io non potrò più suonare nelle chiese della mia diocesi perché sprovvisto di pass, e non escludo che si andrà oltre. Sarebbe interessante un parere del Suo francescano sul tema. Sottoporsi a un trattamento sanitario non è un "peccato conclamato". Quindi?

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↪ barabba

Gentile @Il Pedante,
Lei circa un anno e più fa mi pare avesse scritto di essersela presa direttamente, di essere finito intubato in ospedale con ventilatore e tutto. E' un dettaglio importante per me perché lei sarebbe l'unica persona che conosco a esserselo preso. Quindi dovrebbe avere gli anticorpi e non abbisognare di vaccino.

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↪ Il Pedante

Fortunatamente non ho ricevuto né tubi né ventilatori. Era il 2019, sicché poteva ben trattarsi di altro patogeno (quello che mi hanno diagnosticato, per quel che vale, darebbe immunità per due anni).

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↪ Cavalierepovero

Gentile @Il Pedante, io non ho una risposta. Questi tempi ultimi hanno il merito di svelare quanto l’uomo con le sue uniche forze non possa opporsi al male dilagante e schiacciante. Dobbiamo essere prudenti come serpenti e candidi come le colombe, ma soprattutto imbracciare le efficacissime armi spirituali che ci sono state concesse soprattutto per il momento presente e che è inutile qui specificare.
Lascio parlare due uomini, un santo ed un guerriero – e non a caso-, che da prospettive e sensibilità differenti possono chiarire il pensiero su esposto.
«Le guerre sono vinte da coloro che hanno saputo attrarre dall'alto, dai cieli, le forze misteriose del mondo invisibile e assicurarsi il concorso di queste forze.»
C. Z. Codreanu
«Avete fatto tutto - diceva il Curato d'ars a un altro curato che si lamentava con lui di non poter trasformare il cuore dei suoi parrocchiani - avete pregato, pianto e sospirato; ma avete anche digiunato, vegliato, dormito sulla nuda terra e vi siete dato la disciplina? Finché non sarete arrivato a questo punto non crediate di aver fatto tutto!»
Santo Curato d’Ars

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Roberto

Articolo straordinario per onestà, lucidità e precisione "chirurgica. Grazie infinite.

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Intelligente

Solite cose. Questo Papa non è un Papa, si stava meglio una volta, però avere la presunzione di andare contro al Concilio Vaticano non è male. La realtà è diversa. L'emorragia di fedeli non è degli ultimi anni bergogliani (che Dio l'abbia in gloria, il Papa giusto al momento giusto). Arriva da decenni.

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Mattia

C'è un punto, a dir il vero più una sfumatura, che da cattolico molto praticante trovo errato.
" La messa in latino non è solo il simbolo di una Chiesa la cui missione non poteva esaurirsi e non doveva infangarsi nella temporalità"
La Chiesa è del tutto chiamata a vivere la temporalità, perché 'il verbo si è fatto carne'.
Fine della critica.
Se uno conosce la storia della Chiesa, sa che oggi possiamo dirci perfino fortunati di avere solo questi problemi. Certo è deprimente passare da una visione lucidissima come quella di Benedetto XVI ad una un po' più confusa.
Per la questione vetus/novus ordo, è una questione di gusto credo. Trovo teologicamente più corretto il novus ordo, sicuramente più vicino al rito antico ed epurato dalla reazione esagerata alla riforma protestante. Penso dipenda da questo l'emorragia di fedeli, è più affascinante un Dio esterno ed inarrivabile che l'epiclesi che porta le individualità ad essere un solo pane.

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↪ Il Pedante

Naturalmente non condivido la questione di gusto né mai ho sperimentato o apprezzato l'«inarrivabilità» del Dio del rito antico, il quale precede comunque la riforma luterana e tridentina (il messale del 1570 ricalca quello di un secolo prima). In quanto alla Sua osservazione, capisco che l'espressione può generare equivoci, sicché riformulo.

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↪ Ioannis

Gentile @Mattia,
quali sarebbero gli elementi di maggior correttezza del novus ordo?
Teologicamente è artificiale creato da sedicenti "liturgisti" e pure di sospetta affiliazione massonica come il card. Bugnini (l'artefice) e la sua presunte antichità sono solo supposte e spacciate per tali.
Inoltre ci si è mai preso la briga di leggere le rubriche del nuovo Messale e di come non vengono applicate? Quale norma liturgica del Novus Ordo prevede che il celebrante debba celebrare solo coram populo? E le norme sul canto gregoriano e l'organo ?
Il Novus ordo oltre a non poter vantare alcuna maggior correttezza liturgia, non è neppure eseguito correttamente secondo le Rubriche previste.

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Elena Barontini

Anch'io da un po' di tempo seguo la Messa vetus ordo e ho trovato una sacralità ormai dimenticata dai più. Il vero Guaritore si rivela. Grazie Pedante, bellissimo.

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RiMa

Aggiungo solo un semplice tema.
Dalla storia della Chiesa di sicuro possiamo trarre una lezione: i cristiani danno il peggio di sé quando si impuntano per far prevalere la propria interpretazione dottrinale o liturgica sugli altri cristiani. Certo: tante volte è stato probabilmente necessario (penso alle grandi eresie cristologiche dei primi secoli), ma tante, tantissime, altre, proprio no.

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Michele

Grazie.

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Gb San

Esemplare. Grazie.

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Anna

???????? grazie

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Marcantonio Bragadin

La ringrazio per avermi chiarito la questione del celebrante che dà le spalle all'assemblea. Era forse la mia ultima ritrosia verso questa forma liturgica.

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↪ Lycopodium

Gentile @ Marcantonio Bragadin, Gentile @ Il Pedante Una precisazione sul modo di celebrare "all'antica". Come chiarì l'allora card. Ratzinger, ad esempio nel libro "La festa della fede", non è un rivolgersi verso il tabernacolo, ma verso l'Oriente (è un dirigersi non solo cosmologico, ma soprattutto escatologico: verso Cristo "iterum venturus cum gloria").

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Mirko

Grazie. Ogni volta che la leggo per me è come respirare una boccata di aria fresca!

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disperato

Pur essendo agnostico in questi tempi tristi sarei andato volentieri a messa, ma senza mascherina e con la celebrazione in latino. Ipotesi fantasmagorica con questo papa, ammesso e non concesso che sia davvero papa.
Infatti ricordo, anche se probabilmente lei Pedante ne e`gia`informato, che vi e`tutta una discussione teologica in atto sulla validita`delle dimissioni di Benedetto XVI, ad esempio
link
Per cui vi e`la possibilita`che tutti gli atti di Bergoglio siano nulli.
Mi rendo conto che questo non risolverebbe i problemi della Chiesa in automatico, perche`si tratta di questioni complesse che precedono l'arrivo di Francesco, ma sarebbe sicuramente ossigeno per la sopravvivenza della cultura cattolica, a cui sono legato.

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Stefano Longagnani

Grazie.

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