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Anteguerra


L’entrata dell’Italia nella prima guerra mondiale, avvenuta il 24 maggio 1915, fu un affare rocambolesco e improvvisato. Per chi l’ha studiata sui banchi di scuola non è stato facile capire come il nostro giovane Regno fosse riuscito in poco meno di un anno a passare da un’alleanza trentennale con Austria e Germania alla neutralità, e da lì direttamente a una guerra forsennata contro gli ex alleati. Politicamente, come si sa, si trattò di un mero calcolo: non avendo il nostro Paese l’autorità e i mezzi per imporre una propria politica estera, la sua unica via per espandersi era quella di incunearsi nei conflitti altrui alleandosi col migliore offerente.

Certamente più enigmatica è invece la prontezza con cui l’opinione pubblica di allora aderì a queste evoluzioni, se si considera che fino a pochi mesi prima della dichiarazione delle ostilità quasi tutta la popolazione e quasi tutti i partiti erano convintamente neutrali: i socialisti perché contrari a ogni guerra; i cattolici perché fedeli a Benedetto XV che all’«inutile strage» si era opposto prima, durante e persino dopo, con l’impegno diplomatico affinché non si ripetesse; i liberali perché persuasi dai moniti del vecchio Giolitti che della guerra aveva antevisto con precisione la durata e i costi.

Carlo Linati (1878-1949), giornalista, narratore e traduttore riconducibile al folto gruppo di autori della «Linea Lombarda» che si professavano eredi del magistero manzoniano, ha lasciato una sorprendente testimonianza di quel periodo nel racconto autobiografico «Anteguerra» pubblicato nella raccolta Le tre pievi (1922). Nei ritratti dei due protagonisti, l’autore stesso e l’amico di gioventù Donato Crivelli, si riflette il tipo gozzaniano del giovane di inizio secolo imbevuto di miti tardoromantici e cultura d’oltralpe, nemico della quieta operosità borghese che aveva soppiantato gli slanci risorgimentali. Entrambi avvocati controvoglia, i due amici coltivano la passione della pittura e della poesia in una Milano gretta e frenetica, «una città ch’è l’opposto dell’arte… dispietata verso gli spiriti francescani» dove – avrebbe amaramente commentato negli stessi anni Carlo Emilio Gadda – «soltanto chi fabbrica scaldabagni o maniglie di ottone stampato è una persona degna di considerazione».

I protagonisti del racconto si sentono pesci fuor d’acqua e depositari di «un’eredità di motivi e di colori che non poteva né doveva andar perduta», ma in fondo non fanno che seguire gli stessi cliché decadentistici in voga tra i loro coetanei. È con questa disposizione di affettata insofferenza e fastidio di un’«epoca… squallida e angustiata, sempre con lo spirito teso in un’aspettativa incresciosa, in una sospensione aduggiante» che ricevono la notizia dell’ultimatum austriaco alla Serbia: «il tocchesana!». Donato frequenta i ritrovi infuocati del Partito Repubblicano, il primo ad abbracciare le ragioni dell’interventismo, e non vede l’ora che l’Italia entri «anche lei nella partita, che spero non ci vorrà negare questo favore». C’è voglia di guerra, ma ancora non si sa neppure contro chi. «E se ci mandano a combattere contro la Francia?» si chiede preoccupato l’amico, che d’altro canto non ha nemmeno «ragioni d’odio particolari contro la Germania… ma ne avevo sentito dir tal roba da chiodi in casa di mio padre».

Col passare delle settimane i due abbandonano sempre più gli ozi letterari per darsi a vagare tra bettole e crocicchi alla ricerca di impressioni sul conflitto imminente, riconciliandosi in certo modo con la città anonima e brulicante da cui prima si sentivano respinti. I loro discorsi si fanno esaltati e paradossali. La guerra fratricida contro altri popoli europei diventa nella loro fantasia l’occasione di ricongiungere il nostro periferico Paese al «grande organismo europeo». Il presunto strapotere del popolo che «in Italia purtroppo… governa, che imprime i moti alla nazione» e l’inadeguatezza della classe dirigente italiana, si lamentano, rende vana la speranza di «cavar vino europeo da questa botte nostrana», sicché «se questo è il principio d’una europeizzazione d’Italia, ben venga». Ideali libreschi e ragion di Stato, esterofilia e patriottismo si accavallano senza un disegno o una logica che non siano quelli di eccitare il desiderio del fronte.

A un certo punto il personaggio narrante si congeda dall’amico per raggiungere le sponde e i monti del lago di Como cari a tanti autori lombardi (non escluso chi scrive, si parva licet) e allo stesso Linati, che ne era originario per parte di madre e che celebrò nella raccolta delle Passeggiate lariane (1939). Lì, lontano dalla concitazione e dal chiasso anche intellettuale della città, il giovane dandy sembra un poco rinsavire ed è assalito dall’angosciante presentimento della tragedia che incombe sulla terra «grave e melodiosa» che ama. Durante le sue scampagnate raccoglie il rassegnato pessimismo dei contadini e riceve da un amico banchiere già mezzo rovinato dai venti di guerra una minuziosa lista di provviste da accantonare, perché «potrà venirci addosso una carestia tremenda». Un altro conoscente «semi scrittore e semi avvocato» lo investe farneticando di «tutto il suo dionisiaco entusiasmo per la grandezza del momento storico che stavamo attraversando».

Sarà chiamato nuovamente a Milano da un telegramma del Crivelli che gli annuncia per lo stesso giorno l’inizio di un attacco ai «lurchi», cioè ai beoni, come Dante aveva designato gli abitanti della Germania nel XVII canto dell’Inferno. Inizia qui la seconda parte del racconto, dove l’autore riporta minutamente le violenze perpetrate dal popolo milanese contro le proprietà e le persone dei tedeschi rimasti in città. Appena sceso dal treno si trova catapultato in una specie di pogrom: le strade sono occupate da fiumane di scalmanati intenti a saccheggiare e distruggere tutto ciò che abbia un nesso col nuovo nemico. I negozi di proprietà tedesca sono sventrati e svuotati, le merci date alle fiamme. Le famiglie gettate in strada dalla folla che irrompe negli appartamenti e vi distrugge tutto ciò che trova. Un pianoforte a coda vola giù dal quarto piano tra il plauso della «gente, a grappoli, che rideva, gridava, aizzava». Nei vicoli e nei cortili ferve la caccia alla «spia», cioè a chiunque sia in sospetto di essere cittadino dell’impero o del Reich. Una volta acciuffatolo, «cominciava in una gran ressa di accorsi un lavorio indiavolato di lingue e di randelli».

Benché turbato da quella ferocia improvvisa e gratuita, il narratore segue gli eventi con accondiscendente curiosità «e se qualche vecchio scrupolo d’umanità o di ragion morale mi faceva un po’ esitante d’innanzi a tali eccessi, queste voci furono presto fatte tacere dalla ragion patriottica e dalla grandiosa esaltazione di quell’ora storica». Né quell’«immenso, furibondo carnovale» manca di suscitargli anche un certo piacere estetico, quasi che «il popolo… sentisse che la distruzione ha la sua bellezza, massime quando giova a far il mondo più bello e più pulito». È buio quando trova finalmente l’amico Donato, che a capo di certi teppisti sta assestando gli ultimi colpi a una libreria ridotta a un antro carbonizzato («dàlli alla scienza tedesca!»). Il delicato pittore di un tempo è irriconoscibile. La sua immagine scarmigliata e la furia dei suoi discorsi intimoriscono l'amico che ora vede in lui «un esagitato, un ossesso». In questa «trasfigurazione» dell’angelico Crivelli sembra svelarsi la vacuità dell’uomo e per sineddoche di un'intera classe intellettuale ridotta a vivacchiare di luoghi comuni, che si dà arie di aristocrazia ma a conti fatti segue la massa come l'ultimo degli illetterati: «Anch’egli è popolo» riflette il narratore tra sé, «anch’egli partecipa alla natura vulcanica di questa plebe».

All’arrivo dei pompieri i due si allontanano fino a raggiungere piazza Belgioioso. Lì sono assaliti dalle loro antiche fantasticherie e immaginano di vedere l’anziano autore dei Promessi Sposi («il nostro Lissandrino») affacciarsi dal suo palazzetto e osservare compiaciuto il tumulto. Più tardi, all’osteria, Donato mostra ai commensali un manualetto tedesco sottratto dalla libreria distrutta in cui si illustrano l’uso e gli effetti di vari esplosivi. «Oh che muster! Che muster!» ripete sbigottito un vecchietto. Vinti da siffatta prova (?) i presenti non possono che arrendersi all’ineluttabilità del conflitto: «Ora siamo in ballo e ci convien ballare».

La lunga giornata e il suo racconto si chiudono con un quadretto che è insieme silloge di quell'animalità surreale e metafora della direzione intrapresa. Un gruppo di persone sta ora minacciando una fanciulla bionda dall’accento tedesco, che fugge in un portone. I suoi inseguitori la raggiungono, ma poco dopo riemergono sventolando trionfanti una carta: «È svizzera!». Si scopre allora che la ragazza aveva avvicinato un sergente di cavalleria per ragioni, diciamo, di affari. Scampato il pericolo, si ricompone e chiede al soldato: «Adesso verrai con me, non è vero?». L'uomo la stringe a sé, le dà un bacio sulla bocca «e ambedue scomparivano nel vicolo, fra gli evviva della gente».


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Commenti

Chinacat

Gentile Pedante, dato che si interessa di "propaganda ideologica" (Orwell docet), questo esempio potrebbe suggerire alcuni spunti di riflessione:
"i popoli slavi col loro pseudo-nazionalismo dissennato" - "i popoli slavi si sono sempre fatti strumentalizzare"
In prima battuta lo si potrebbe definire un classico esempio di razzismo etnico, abbastanza rozzo nella sua pochezza espressiva. Ed in un certo senso lo è. Ma se aggiungiamo qualcos'altro, il quadro cambia:
".Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone" (Mussolini, 21-9-1920)
"tanto più che i comunisti (vedi slavi), non lo avrebbero permesso" (Francesco Giunta)
Che dire? La propaganda fascista funziona anche a cent'anni di distanza, casomai qualcuno ritenesse che il buon Orwell non ci avesse preso: ci aveva preso eccome. La questione del razzismo fascista nei confronti degli "altri" però, siano essi "slavi" oppure "africani", pone un problema che nemmeno Orwell aveva intuito, ovvero di come la "propaganda ideologica" possa funzionare anche in assenza di un regime totalitario che disponga del controllo di tutti di tutti i mezzi di informazione.
L'idea che il Fascismo italiano non fosse intrinsecamente razzista è in assoluto la più diffusa tra gli italiani e questa sorta di "de-fascistizzazione" avviene dal 1946 in poi, quando l'Italia diventa una democrazia. Morale: venti anni di razzismo sfrenato, stragi e un genocidio vero e proprio vengono cancellati in un sol colpo e credo che anche il nostro Orwell ne rimarrebbe sorpreso. Il come sia stato possibile cancellare dalla memoria storica di un popolo una così macroscopica realtà è una questione che dovrebbe interessare chiunque si occupi del funzionamento della cosiddetta "propaganda ideologica", perché si tratta di un risultato davvero notevole e soprattutto non ottenuto all'interno di un regime totalitario.
E' vero che il Nazismo ha ampiamente surclassato il Fascismo in quanto a "razzismo ideologico" (o "biologico", come sostengono alcuni autori) ma quale tipo di propaganda abbia reso possibile un totale ribaltamento della situazione ("IL Fascismo non era razzista") è una cosa parecchio interessante. Considerando che nel 1939 un qualunque italiano poteva leggere questo:
"La razza conquistatrice deve affermare in ogni momento e in ogni aspetto dell’esistenza pubblica e privata, nei rapporti con le altre razze, la propria superiorità." (Secondo libro del fascista, 1939).
Chinacat

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↪ Intelligente

Gentile @Chinacat, mi complimento per i suoi interventi, opportuni, seri, piacevoli da leggere e soprattutto documentati. Temo però che sia nel posto sbagliato: io provo da tempo ad introdurre ragionamenti, ma purtroppo credo sia il posto sbagliato.

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↪ Chinacat

Gentile @Intelligente, La ringrazio ma credo che il merito sia più delle letture che del sottoscritto; di mio c'è solo la forma e l'applicazione di una regola d'oro, anch'essa imparata leggendo: prima ci si informa e poi ci si forma la propria opinione.
Se poi sia il posto sbagliato, non saprei dire: essendo il padrone di casa un estimatore di Orwell, dovrebbe essere il posto giusto ma non gli posso certo imputare la dissennatezza o il fanatismo di certi interventi che riducono il ragionamento ad un "quattro zampe buono, due zampe cattivo". Io dico la mia e poi vedo che succede. Documentarla è un obbligo nei confronti del lettore.
Chinacat

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Papillon

- Alcuni brevi spunti di riflessione "rivoluzionaria" dopo l'interessante lettura del Pedante:
I "due minuti di odio" sono sempre diretti contro chi afferma e/o sostiene colla sua stessa esistenza una sempre scomodissima verità:
link
- Una perla anonima di saggezza:
«Per capire chi ti comanda veramente basta scoprire chi non ti è severissimamente permesso in qualunque modo di criticare».
- Un'altra perla da un vecchio saggio:
«C'è un settore, in cui il bolscevismo si è sempre dimostrato un vero e proprio maestro: quello della propaganda negativa, dell'influenzare i popoli con menzogne ​​e ipocrisie, quella procedura cioè che equivale a dare al mondo un quadro completamente distorto dell'essenza e della forma occulta della propria follia politica per mezzo dell'inganno e dell'ipocrisia. A giudizio di Lenin, il padre della rivoluzione bolscevica, mentire non solo è un mezzo lecito, ma anche il mezzo più efficace della lotta bolscevica.»
Quel saggio ahinoi aveva ragione, ma attende ancora giustizia.

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↪ Chinacat

Gentile @Papillon, non ho una gran simpatia per i "bolscevichi" ma definirli come "Maestri della Propaganda Negativa" equivale a conoscere poco la Storia. Non so chi l'abbia detto ma dev'essere uno che non leggeva i quotidiani italiani del 1911:
"“A TRIPOLI. GUERRA SANTA" (Prima pagina del Corriere della Sera, 18-11-1911)
"quella procedura cioè che equivale a dare al mondo un quadro completamente distorto dell'essenza e della forma occulta della propria follia politica per mezzo dell'inganno e dell'ipocrisia"
Purtroppo chi invita alla Guerra Santa non sono i bolscevichi ma i liberali del Corriere della Sera che usano la religione per giustificare e propagandare la guerra. A dire il vero, l'intero mondo cattolico si mobilitò a favore della guerra contro "gli infedeli", come ampiamente documentato; se uno vuole trovare i veri Maestri della Propaganda, i veri professionisti sono altrove. Per inciso: la guerra Italo-Turca del 1911/1912 non se la ricorda nessuno eppure avviene solo due anni prima dell'inizio della Grande Guerra e chi la fa è quel "neutralista" di Giolitti. Insieme ai "neutralisti" cattolici. Strana forma di neutralismo il fare guerra.
Chinacat

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↪ disperato

Gentile @Papillon,
il problema della rivoluzione bolscevica è che non si è trattata di una rivoluzione del popolo russo contro lo zar ma di un popolo non russo contro il popolo russo. A farla fu una minoranza di non russi finanziata dai banchieri anglosassoni. Quindi per funzionare non poteva che reggersi totalmente sulla menzogna (visto che si trattava di fare l'interesse di una ristretta minoranza a danno di tutti gli altri).
Temo la magistratura di questo paese, e so chi non è possibile criticare pena la detenzione o la morte, perciò mi fermo qui.
La invito comunque a leggere il libro di Pietro Ratto "La storia dei vincitori e i suoi miti", in particolare da pag.94 a pag.103 (considerando cosa scrivevano papa Pio XI, Henry Ford, Dostoevskij).
Saluti.

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↪ Papillon

Gentile @Chinacat,
solitamente non rispondo ai troll, ma qui voglio fare un'eccezione.
Capisco l'altrui assurda difesa del comunismo cinese in quanto nuovissimo e prossimo "golem" degli attuali padroni del mondo (china-cat sarebbe un ottimo "nickname" di qualsiasi troll anarcocomunista, un classico del web, e non solo), ritenuto estrema sintesi di tesi (liberalismo destrorso) ed antitesi (socialcomunismo marxista, fabiano, riformista, trotzkista, bolscevico e quant'altro il mostro proteiforme materialista sinistrorso abbia partorito nei secoli).
Sfortunatamente liberalismo e socialcomunismo in tutte le loro varianti proteiformi (e purtroppo sono tantissime) sono le due potentissime tenaglie del materialismo che, conquistando gradatamente il potere assoluto da Yalta in poi hanno gradatamente distrutto l'Europa e la sua millenaria tradizione spirituale.
Entrambi gli errori citati hanno da secoli FALSIFICATO LA STORIA per mezzo della calunnia sistematica, allo scopo di legittimare i loro deliri materialisti, atei e in quanto tali dissolutori della vera Tradizione spirituale europea.
Il liberalismo da una parte, generatore di disparità economiche abissali ottenute in modo criminale per mezzo di estorsione, furto, usura e quant'altro si potesse inventare coll'oblio, il conculcare ed il calpestio del diritto naturale, ha generato necessariamente il socialcomunismo colla sua peculiare lotta di classe, ovviamente teso a separare e inimicare i diversi ceti fra loro applicando il notissimo "divide et impera" massonico, allo scopo di ridurre la forza di coesione dei popoli per poterli distruggere dall'interno. Un piano diabolico ed, umanamente parlando, estremamente efficace, lo riconosco. Gli è che oltre all'umano c'è dell'altro, che presto vedremo all'opera. Alla fine, non vincerete, questo è certo.
Molto altro ci sarebbe da dire, ma qui mi fermo, né risponderò ad altre provocazioni.
Del resto chi deve capire, ormai ha già capito.
Ma tanto dovevo alla Verità.

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↪ Chinacat

Gentile @Papillon, mi dispiace doverla "umiliare", non è nel mio stile, ma quando leggo certe cose...
"Capisco l'altrui assurda difesa del comunismo cinese in quanto nuovissimo e prossimo "golem" degli attuali padroni del mondo (china-cat sarebbe un ottimo "nickname" di qualsiasi troll anarcocomunista, un classico del web, e non solo)"
Lo ha scritto Lei, giusto? Quindi, secondo la sua interpretazione, il mio nickname deriva dal mio essere un "anarco-comunista" con simpatie per la Cina. Chiedo scusa al padrone di casa ma "beato Lei che ha capito una fava". La spiegazione? Facile:
Chinacat Sunflower è il nome di un brano musicale di un gruppo statunitense, The Grateful Dead, come può facilmente verificare. Capito che razza di cazzata che ha scritto? Complimenti per la pessima figura. Dovrei rispondere nel merito di quel che ha scritto ma sarebbe inutile: se tanto mi da tanto, la sua capacità di comprendere un testo scritto che vada oltre i suoi paraocchi ideologici sarebbe del tutto inutile.
"China Cat Sunflower" is a song performed by the Grateful Dead which was first recorded for their third studio album Aoxomoxoa." (wikipedia).
Ancora vivissimi complimenti per la figuraccia. E' davvero spettacolare.
Chinacat Sunflower

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↪ Chinacat

Gentile @Papillon, giusto per essere precisi nei confronti del padrone di casa e dell'intelligenza:
"FALSIFICATO LA STORIA per mezzo della calunnia sistematica"
Punto primo dovrebbe dimostrare cosa c'è di falso nel testo che ho scritto; così almeno si fa tra persone civili.
Punto secondo, non c'è assolutamente nulla di falso in quel che ho scritto e casomai non fosse chiaro, eccone la dimostrazione. Questo breve passaggio è un estratto preso dall'Avvenire. A quanto mi risulta, l'Avvenire non è proprio un covo di liberal-social-comunisti-anarco-cinesi eppure ecco cosa si legge:
"Le promesse di benefici economici, di sale e di zolfo, di prestigio internazionale e soprattutto di uno sbocco per centinaia di migliaia di emigranti avevano infatti convinto non solo liberali, nazionalisti, parte dei socialisti, ma anche i cattolici. E questo sin dall’apertura del conflitto.L’adesione non solo ci fu. Ma vide un entusiasmo condiviso da fedeli, clero, vescovi. Ad alimentarlo ci pensarono anche le testate cattoliche della Società editrice romana (diretta da Giovanni Grosoli e legata al Banco di Roma con interessi in Libia, finanziatore della spedizione), ma soprattutto lo zelo di una parte dell’episcopato italiano che, nell’interesse per una soluzione ai problemi di tanti emigranti e nel turbinio delle sue “orazioni pro tempore belli”, finì per sovrapporre alle ragioni politiche quelle di una nuova guerra cristiana contro i turchi.
Insomma: una nuova crociata contro l’islam. Sino a considerare i nostri caduti in battaglia come nuovi martiri. Così violenti i toni di certi membri delle gerarchie ecclesiastiche (che parlavano dei «turchi sempre tanto avidi del sangue cristiano»), così irritante la santificazione della guerra liberale col contributo cattolico, che Pio X, preoccupato per un conflitto sempre più mascherato come religioso, intervenne con una nota affidata a “L’Osservatore Romano": «È lontanissimo da ogni cattolico italiano – si leggeva il 21 ottobre 1911– il pensiero che l’impresa tripolitana possa coprire una guerra a base religiosa». Nello stesso giorno il vescovo di Rimini Scozzoli auspicava una vittoria come «via di civiltà cristiana in mezzo alle popolazioni di Tripoli e Cirenaica tenute schiave dal fanatismo mussulmano». I presuli, di fatto ignorarono le direttive vaticane; tutt’al più attenuando nelle forme, non nella sostanza, le loro pronunce. Dietro di loro, larghe fasce di clero e fedeli."
(link)
E non perda tempo a rispondermi: "you can lead a horse to water, but you can't make it drink". Lo scrivo in inglese dato che non conosco il cinese e dato che è la lingua che ho imparato vivendo negli USA, noto paese di "leninisti & marxisti". Una volta prendevo in giro gli statunitensi per la loro "scarsezza" di storia ma ho smesso da quando mi sono accorto che gli italiani, con 2.500 anni di storia alle spalle, sono messi molto peggio, Molto ma molto peggio, visto che non sanno nemmeno come stavano le cose nel 1911.
Chinacat

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↪ Papillon

Gentile @disperato,
Lei sfonda una porta aperta.
Ma sfortunatamente per l'umanità intera, i popoli slavi col loro pseudo-nazionalismo dissennato sono sempre stati manovrati da quei potentissimi burattinai internazional/globalisti che, mi par di capire, entrambi ben conosciamo. Il serbo Gavrilo Princip, l'"insania polonica" di ieri, ed ancora disgraziatamente di oggi, foriera di guerre mondiali evitabilissime, la guerra voluta dai comunisti sovietici incitata armi alla mano dai commissari del popolo ed ormai ridicolmente trasformata in "grande guerra patriottica".... cosa ancora manca alla dimostrazione pratica del fatto che i popoli slavi si sono sempre fatti strumentalizzare dalla massoneria internazionale e dai loro "superiori incogniti" che però a ben vedere tanto incogniti non sono...
Cordiali saluti.

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↪ Papillon

Gentile @Chinacat,
I troll cadono sempre nelle trappole per troll.
Ma coraggio, avrà fortuna con qualcun altro.
Auguri.

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↪ Chinacat

Gentile @Papillon, pensa davvero che il suo razzismo verso gli slavi sia cosa nuova? Purtroppo certe forme di razzismo vanno oltre il tempo e lo spazio:
"Our new government is founded upon exactly the opposite idea; its foundations are laid, its corner-stone rests, upon the great truth that the negro is not equal to the white man; that slavery subordination to the superior race is his natural and normal condition."
(Alexander Stephens, 21 marzo 1861, Savannah . The Cornerstone Speech)
Per alcuni gli inferiori erano i "negri", per altri i "musi gialli" e per Lei sono gli "slavi". Nulla di nuovo sotto il sole. Come direbbero nel Maine, "same shit, different day".
Chinacat

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disperato

Non rispettare la parola data credendosi furbi è un atteggiamento tipico del nostro tempo, dominato da quelli che Blondet definisce giustamente i neoprimitivi.
LaVerità qualche giorno fa ha riportato il pensiero di Chesterton sull'argomento, l'articolo è molto bello e, a mio parere, istruttivo.
link
P.S nessuna civiltà può sopravvivere se è governata dai neoprimitivi, come la nostra occidentale, che infatti sta implodendo su se stessa.

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Jdhrbduufjrjd

Gustave Le Bon - Psicologia delle folle

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Chinacat

Spero di non guastarle la domenica ma avrei una qualche precisazione da fare, nella speranza che possa esserle utile, dato che se c'è una guerra che è stata "propagandata" con diverse modalità ed interpretazioni è proprio la Grande Guerra e questo avviene prima, durante e dopo la guerra stessa. Il che vuol dire che c'è parecchia confusione tutt'ora, visto che alcuni aspetti di questa "propaganda" permangono tutt'ora. Mi spiego meglio:
"Politicamente, come si sa, si trattò di un mero calcolo: non avendo il nostro Paese l’autorità e i mezzi per imporre una propria politica estera, la sua unica via per espandersi era quella di incunearsi nei conflitti altrui alleandosi col migliore offerente."
Messa giù in questo modo, la chiave di lettura è abbastanza semplice: i soliti italiani opportunisti e voltagabbana, disposti a vendersi a chi offre di più. E come se non bastasse, dei "traditori" degli alleati, quindi doppiamente gaglioffi. Spero non la offenda scoprire che questa interpretazione è precisamente quella divulgata dal Fascismo e che è sopravvissuta fino ad oggi, anche se ormai nessuno se lo ricorda (a parte gli storici del Fascismo). E' indubbiamente una delle interpretazioni più diffuse ma si può sempre cambiare idea (spero). Chi smentisce palesemente questo assunto non è il sottoscritto ma la Storia e soprattutto la Storia vista magari in prospettiva più ampia. Spero di riuscire a spiegarmi.
La sua frase che ho virgolettato lascia intendere abbastanza chiaramente che si tratta di una questione dell'Italia ("il nostro Paese") ma non è affatto vero. Sono secoli che in Europa la "politica estera" la si fa con la guerra e le guerre si fanno facendo e disfacendo alleanze dalla mattina alla sera e fanno tutti così. Per quale motivo risulta così originale la cosa, se la fa l'Italia? E dovremmo saperlo bene, visto che senza quelle alleanze non ci sarebbe nemmeno l'Italia. Lo stesso vale per altre nazioni europee che si sono formate facendo alleanze, per poi cambiare sponda al momento giusto (e non solo europee, visto l'aiuto portato dalla Francia ai futuri Stati Uniti, giusto per fare un esempio).
L'Italia non fa nulla di diverso da quello che sono le regole del gioco dell'epoca: la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi ed in Europa, la politica estera è tutta una questione di Guerra & Alleanze. Quando scrive che "non avendo il nostro Paese l’autorità e i mezzi per imporre una propria politica estera" afferma il vero ma lo stesso vale per tutti gli altri: nessuna nazione in Europa aveval'autorità e i mezzi per imporre la propria politica estera ed è proprio per questo che entrano in gioco le alleanze ed i cambiamenti di alleanze: l'unico modo per imporre temporaneamente la propria politica estera era quello di trovarsi un alleato, scatenare una guerra per portarsi a casa qualcosa e poi ricominciare da capo. L'aspetto che personalmente trovo più singolare è proprio questo attribuire una connotazione negativa quando si tratta dell'Italia mentre se lo fanno gli altri pare vada bene: nel 1864 la Prussia si allea con l'Austria-Ungheria contro la Danimarca, due anni dopo si allea con l'Italia contro l'Austria-Ungheria e poi torna ad allearsi con l'Austria-Ungheria. E saremmo noi italiani i voltagabbana opportunisti? Se vuole vedere i professionisti del "cambio di campo", nulla di meglio della Prussia, messa insieme con un "gioco" di guerre e alleanze al cui confronto l'Italia è una nazione di dilettanti. Ma, e concludo, erano le regole del gioco dell'epoca e l'Italia ci si è adattata esattamente come tutti gli altri e non avrebbe potuto fare altrimenti. "“Gli Stati non hanno né amici permanenti né nemici permanenti: hanno solo interessi” (Henry Kissinger).
Chinacat

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↪ Maleducato

Gentile @Chinacat, leggo solo ora sia il Pedante, sia i commenti che non mi sembrano di particolare interesse, se non il Suo. Mi appassionai sui banchi di scuola alla I guerra mondiale, probabilmente perché attratto dalla "vittoria" cui seguì un disastroso dopoguerra. È opinione comune che entrammo in guerra per le motivazioni espresse dal nostro Ospite. Vi sono altre interpretazioni e di varia estrazione politica sulle quali non argomento perché non interessano l'oggetto della mia risposta a Lei. Bene. Lei parla di prospettiva storica più ampia (sintetizzo) che dimostra altro e sostiene che anche altri Stati, e fa esempi, abbiano commesso analoghi voltafaccia. Bene. A parte che manifesta certezze ponendosi ex cathedra senza averne alcuna autorità, ma sono fatti suoi e non mi riguardano, non è certo questo il senso del discorso del Pedante. Centrato piuttosto sulla deriva e sul precipizio imboccato dall'opinione pubblica italiana, guidata sapientemente, a favore della guerra e contro l'odiato "todesco". Vede qualche analogia con l'attualità? La sua analisi sul resto lascia francamente il tempo che trova, potendo trovare argomenti altrettanto validi, perché ipotetici, su come e perché siamo entrati in guerra ignorando alleanze consolidate. A proposito, come la penso io? Non è certo importante. È l'atmosfera che si respira oggi, analoga a quella del racconto, che sono andato a leggere e non conoscevo. E ringrazio una volta di più il Pedante di avermi dato modo di aggiungere un piccolo tassello alle mie letture. Il Suo commento? Inutile sfoggio di Sapienza ma occasione per arricchire la mia cultura musicale. Pensi che io attribuivo il suo nick ad un film che vidi l'anno della mia Maturità. Forse il mio primo film vietato, con John Holmes. Vede che errori si commettono non conoscendo l'interlocutore?

Rispondi

↪ Chinacat

Gentile @Maleducato, partiamo dalla fine: " Vede che errori si commettono non conoscendo l'interlocutore?"
A parte il fatto che non si capisce quali siano gli "errori", sono d'accordo sul fatto che si imparano molte cose da un'attenta lettura dell'interlocutore e ne fornisco un esempio:
". A parte che manifesta certezze ponendosi ex cathedra senza averne alcuna autorità"
Quindi non posso affermare che esiste la gravità dato che non sono Newton? E non sono neanche un meccanico, se è per questo... posso affermare che un'automobile ha quattro ruote o mi serve un permesso scritto di Niki Lauda? Gran bella logica. Avessi un'euro per ogni volta che l'ho sentita tirare fuori, sarei già alle Bahamas.
Dov'è il problema? Che la Storia non è tutta una questione di "opinioni" in primo luogo e sarebbe il caso di smettere di trattarla come se fosse una partita di calcio. Punto secondo, esiste un campo di studi storici che Lei evidentemente ignora ed sono LORO, gli storici di professioni, quelli ex cathedra, non io; io mi limito a leggerli e a volte riportare quello che è l'attuale punto di vista della disciplina in merito ad una certa questione. Ma dato che io non sono altro che un lettore, se vuole una esaustiva analisi di questo singolare fenomeno, le consiglio la lettura di questo libro:
IN DIFESA DELLA STORIA Richard J Evans
Chi sia il prof Richard J Evans lo può scoprire da solo e lui si che parla ex cathedra. Di cosa si tratti, lo trova nella descrizioni riportata qui sotto:
link
Potrei aggiungere altro sul cosa si nota da cosa scrive l'interlocutore ma dato che preferisco "attaccare" il RAGIONAMENTO e non il RAGIONATORE come fa Lei ma non solo Lei, mi astengo e rispondo nel merito. E se c'è qualcosa che non va nel ragionamento, attacchi quello e non il sottoscritto.
Chinacat

Rispondi

↪ Chinacat

Gentile @Maleducato, questo è il merito della questione:
"Centrato piuttosto sulla deriva e sul precipizio imboccato dall'opinione pubblica italiana, guidata sapientemente, a favore della guerra e contro l'odiato "todesco"
E qui c'è un problema molto ma molto grande. OPINIONE PUBBLICA ITALIANA. A chi si fa riferimento? L'Italia del 1914 è un posto assai diverso dall'attuale e dove, purtroppo, una generalizzazione di questo tipo diventa fuorviante, "The past is a foreign country". ha scritto un tizio. Passo ad argomentare.
Intanto abbiamo una media del 40% come tasso di analfabetismo su base nazionale e questo 40%, che non è poco, non sa nemmeno che esiste una cosa chiamata "opinione pubblica". Ma questa è la media e a seconda della regione e della CLASSE di appartenenza, questa percentuale arriva tranquillamente al 70-80%.
Oltre metà della popolazione italiana è composta da contadini, la classe dove i tassi di analfabetismo sono i più alti in assoluto e questi milioni di italiani sono del tutto esclusi dall'essere "opinione pubblica". Sono talmente ignoranti che i socialisti non li vogliono nemmeno far votare, per paura che votino come vuole il parroco, cioè la loro unica fonte di "informazioni" (non lo dico io, lo scrive Gaetano Salvemini che era presente).
Poi c'è un'altra classe di notevoli dimensioni, anche se non paragonabile ad altre nazioni, quella degli operai. Anche qui c'è un discreto grado di analfabetismo ma grazie al lavoro svolto dai socialisti. il numero di potenziali lettori è di gran lunga più alto; ritengono che per essere "socialisti" bisogna leggere certi scritti e quindi si danno da fare per insegnare a leggere. Ma fanno parte di quella che chiamiamo "opinione pubblica"? Mica tanto, a ben vedere, perché nell'Italia del 1914 girare con una copia dell'Avanti per strada è rischioso e si può essere arrestati; essere socialisti all'epoca era pericoloso, cosa che oggi si ignora (se vuole sapere come vivesse un socialista dell'epoca, c'è una bella biografia di Giuseppe Massarenti).
La circolazione dei giornali socialisti è praticamente limitata alla classe dei lettori a cui fanno riferimento. quindi i socialisti non scrivono per l'opinione pubblica ma per altri socialisti; una specie di circuito chiuso e che è al tempo stesso un limite, perché li isola dalle altre classi, come se non bastasse l'isolamento a cui sono soggetti.
Se escludiamo dal conto queste due classi, a chi corrisponde il concetto di "opinione pubblica italiana", dato che abbiamo appunto escluso circa il 70% degli italiani? Vede dov'è il problema? OGGI possiamo usare il termine includendovi la stragrande maggioranza degli italiani, ma ALL'EPOCA no. All'epoca la cosiddetta "opinione pubblica" era ristretta ad un fascia ben delimitata della popolazione, conseguenza delle profonde differenze che esistevano tra le classi sociali.
Il che vuol dire che analizzare lo spostamento dell'opinione pubblica italiana a favore della guerra, come affermato, richiede anche una più attenta analisi di cosa sia l'opinione pubblica italiana nel 1914, perché l'Italia del 1914 non è affatto l'Italia del 2022.
Questo non vuole affatto dire che non si possano fare delle analisi comparative, anzi; ma vanno fatte tenendo conto della differenza tra le "costanti" e le "variabili" della storia. Che esista una cosa chiamata opinione pubblica è una costante, da chi sia composta è una variabile e ovviamente questo influenza anche l'analisi del "messaggio" che viene propagandato.
Addendum: come ho già fatto notare, l'Italia è già in guerra quando inizia la Grande Guerra, dato che negli anni 1911 e 1912 si svolge la guerra "Italo-Turca". E sono "tutti" d'accordo che sia il caso di farla; l'opinione pubblica italiana è a favore della guerra (con le dovute differenze di cui sopra) e sapendo questo, come può essere "enigmatico" quel che avviene nel solo due anni dopo? Come facciamo a definire "neutralisti" quelli che due anni prima proclamavano la "Guerra Santa"? Forse c'è una spiegazione più complessa, rispetto alla dicotomia tra "neutralisti" ed "interventisti", visto l'interscambio dei ruoli.
Chinacat
La Grande Illusione: opinione pubblica e mass media al tempo della Guerra di Libia (di Ada Negri).
(«L’antologia che qui presentiamo è ovviamente tendenziosa: in un momento storico in cui la questione dell’influenza dei mass media sull’opinione pubblica è quotidianamente al centro della discussione politica italiana, ci è sembrato interessante e istruttivo ricostruire il primo, lontano antecedente di un’azione manipolatrice, basata sull’efficace regia dell’intera filiera dei mezzi di comunicazione del tempo, dal giornale alla canzonetta, dalla conferenza alla poesia, piegati a strumenti di corruzione e di consenso per spingere un popolo, ancora percosso dalla sconfitta di Adua, oberato dalla questione meridionale, ferito dal problema delle terre irredente, a mandare con entusiasmo i propri figli a morire per uno “scatolone di sabbia”».)

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↪ Maleducato

Gentile @Chinacat, naturalmente la società è differente, ma l'atmosfera è assolutamente simile ed è questo il punto che voleva sottolineate, penso, il nostro Ospite. La Storia si studia anche per questo, anche se purtroppo insegna molto poco. Del resto di quel che scrive, francamente, mi Interessa poco

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↪ Chinacat

Gentile @Maleducato, " Del resto di quel che scrive, francamente, mi Interessa poco"
Perfetto. Torni pure davanti alla televisione e lasci perdere la storia; sono sicuro che la televisione sarà in grado di offrirle ragionamenti adatti al suo livello intellettivo. La Storia, e soprattutto quella della mia Nazione, richiede ben altro.
Chinacat

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↪ Chinacat

Gentile @Maleducato, quasi dimenticavo: forse è il caso che apra qualche libro, perché la guerra, l'Italia, non l'ha dichiarata "all'odiato tedesco"; l'ha dichiarata all'Austria-Ungheria. Ops. E poi all'Impero Ottomano. E anche alla Bulgaria. La dichiarazione di guerra alla Germania arriva dopo un anno, 23 agosto 1916. Ops.
Chinacat

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↪ Maleducato

Gentile @Chinacat, le piace scriversi addosso, eh... Parlo di guerre dichiarate all'odiato todesco? Direi proprio di no. Sì parlava di un racconto. Si percepisce il suo piacere nello specchiarsi in una sterile diatriba fondata su pensieri che le appartengono e sul continuo darsi ragione "apprescindere". Continui pure così, da solo, nel suo, piacevolissimo, narcisismo. E dia un'occhiata, se vuole, al film suo omonimo. Ha motivi di serio interesse, essendo stato girato all'apice del successo di Holmes, con un cast di tutto rispetto. Potrebbe trarne vantaggi insperati. Certamente sì accorgerebbe di usurpare un nick ben più interessante dei suoi commenti. Con totale disinteresse. Salutoni.

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↪ Maleducato

Gentile @Chinacat, da ultimo mi cito. "... A favore della guerra E contro l'odiato todesco" "E" fa tutta la differenza del mondo, come Todesco, che non è, per esempio, Prussiano, ma assume accezione più estesa, come ad esempio "slavo" o "muso giallo". Ma lo so, sono a livelli troppo bassi, magari televisivi... È un elettrodomestico che non posseggo, me lo procurerò al più presto, se lei non ne fa uso. Chissà mai non sia utile. Anzi, benefico. E si goda anche la sua superiorità. Noi sguazziamo nel fango e solo raramente godiamo di un po' di luce. Magari, accendendo un televisore, potremo anche noi risplendere.

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↪ Chinacat

Gentile @Maleducato, Lei mi ricorda un alto gerarca del Fascismo, di cui però non ricordo il nome, che si presentò all'Università di Bologna e tenne un discorso ai docenti che si può sintetizzare così: " voi sapete molte cose ma EVITATE DI PENSARE. A quello ci pensa il Duce."
Il suo uso della scrittura come manganello per pestare chiunque ne sappia più di Lei (e non ci vuole molto) è davvero in perfetto stile fascista e il suo disprezzo nei confronti di coloro che scrivono e leggono libri è degno di un Hans Johst («Ogni volta che sento dire la parola cultura... tolgo la sicura alla mia Browning»)
Ha forse aggiunto qualcosa alla discussione? Ha forse fornito informazioni o materiale su cui un lettore può ragionare? Niente di tutto questo. E' arrivato e tenendo fede al suo nick, ha iniziato a pestare il sottoscritto; se escludiamo gli insulti, il contenuto dei suoi scritti è lo zero assoluto. Allora faccia un bella cosa: torni a guardarsi i film porno di John Holmes ed eviti i luoghi dove si tenta di ragionare; per farlo servono informazioni ed è chiaro che a Lei non interessa minimamente, in perfetta simbiosi con il gerarca di cui sopra. Accenda un cero alla Madonna del Manganello e si vada a godere le prestazione di Holmes, evitando di costringere i lettori del blog a sorbirsi la sua serie ininterrotta di insulti. Grazie e a mai più risentirci.
Chinacat

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